I vari commenti a proposito della Comune di Parigi, che si trovano nell'opera di Walter Benjamin (soprattutto ne "I "passages" di Parigi ", sembrano suggerire una distanza critica, ancor più confermata dalle sue annotazioni. Benjamin avrebbe potuto gestire l'intenso rapporto che il popolo parigino insorto intratteneva con il proprio passato rivoluzionario, secondo le sue "Tesi sul concetto di storia", come quel "Salto della tigre nel passato" che avviene nel momento del pericolo, e che caratterizza le rivoluzioni. La Comune avrebbe potuto essere, da questo punto di vista, un caso di gran lunga ben più attraente della Grande Rivoluzione del 1789, la quale cercava la propria ispirazione - a torto, secondo Marx - nella Repubblica romana (esempio questo, citato con favore da Benjamin, nelle sue Tesi).
Ma Benjamin scrive invece che "Ibsen vede assai più lontano dei capi della Comune in Francia", citando la lettera scritta a Brandes il 28 dicembre del 1870 in cui il drammaturgo afferma che "Quello che stiamo vivendo al giorno d'oggi, non sono altro che le briciole della Rivoluzione del secolo scorso (...)". E Benjamin cita l'opinione, ancora più esplicita e severa, di Franz Mehring (Marxista tedesco e biografo di Marx) che in un articolo, "In memoria della Comune di Parigi", pubblicato nel 1896, afferma che "Le ultime tradizioni della vecchia leggenda rivoluzionaria sono crollate per sempre con la caduta della Comune. (...) Nella storia della Comune i germi di questa rivoluzione (quella proletaria) sono state ancora soffocate dalle piante rampicanti che, nate dalla rivoluzione borghese del 18° secolo, hanno invaso il movimento rivoluzionario operaio del 20° secolo." Benjamin, non commenta affatto questo giudizo, ma il suo commento su Ibsen sembra andare nella medesima direzione. Il meno che si può aggiungere è che l'opinione di Mehring appare del tutto in contraddizione con quanto Marx aveva scritto nel suo famoso testo del 1871 sulla Comune, "La guerra civile in Francia", in cui la Comune veniva presentata come l'annunciatrice della rivoluzione che viene. Non solo Benjamin non cita una sola volta questo "classico", ma preferisce riferirsi ad una conversazione fra Bernstein ed Engels avvenuta nel 1894 in cui quest'ultimo, senza criticare il documento di Marx, lo presenta piuttosto come un'esagerazione "legittima e necessaria", "tenuto conto delle circostanze". Entrando nel merito, Engels insiste sulla predominanza dei blanquisti e dei proudhoniani, fra gli attori dell'insurrezione, sottolineando come essi non fossero "né partigiani della rivoluzione sociale", né "a fortiori, dei marxisti". Benjamin sembra condividere la cattiva opinione di Engels su Proudhon e su suoi discepoli: "Le illusioni di cui la Comune è stata vittima trovano un'espressione evidente nella formula di Proudhon, nel suo appello alla borghesia: Salvate il popolo, salvate voi stessi, come fecero i vostri padri, per la Rivoluzione."
Poi, in un'altra annotazione, osserva: "Fu il proudhoniano Beslay che, come delegato della Comune, si lasciò convincere a non toccare i due miliardi (della Banca di Francia). (...) Riuscì ad imporre il suo punto di vista grazie all'aiuto dei proudhoniani del Consiglio." La mancata espropriazione della Banca fu, come si sa, una delle principali riserve espresse da Marx nei confronti della pratica dei Comunardi.
Aggiungerà Benjamin, in "Parigi, capitale del XIX secolo": "Così come il Manifesto Comunista chiude l'epoca dei cospiratori professionali, la Comune pone fine alla fantasmagoria che domina gli inizi del proletariato. Essa distrugge l'illusione secondo cui, compito della rivoluzione proletaria sarebbe quello di completare, mano nella mano con la borghesia, l'opera iniziata nel 1789. Questa illusione ha prevalso per tutto il periodo che va dal 1831 al 1871, dall'insurrezione di Lione fino alla Comune. La borghesia non ha mai condiviso tale errore." La formula è ambigua e, a rigore, potrebbe essere letta come un elogio della Comune che viene comparata, per il suo ruolo demistificatore, al Manifesto di Marx ed Engels. Ma il passaggio può essere anche interpretato come una condanna: la Comune non è stata altro che l'ultimo episodio di questa fantasmagoria. E, forse, anche il Manifesto lo è stato ... Le citazioni contenute nei "Passaggi" sembrano rafforzare questa seconda lettura.
L'ambivalenza di Benjamin sembra situarsi in un preciso contesto storico, quello della situazione politica in Francia, nel corso della metà degli anni 1930; le due citazioni più lunghe del capitolo sulla Comune, datano all'aprile del 1935 e al maggio del 1936. Sono gli anni del Fronte Popolare, in cui la strategia del Partito Comunista Francese consisteva, a partire dal 1935, nel cercare di costituire una coalizione con la borghesia democratica nel nome di alcuni valori comuni: la filosofia illuminista, la Repubblica, i Princìpi della Grande Rivoluzione. Ragion per cui, le critiche di Benjamin nei confronti delle illusioni della Comune - rappresentate, secondo lui, proprio dall'appello di Proudhon alla borghesia, nel nome della Rivoluzione Francese - svolgono il ruolo di criticare, in modo implicito e indiretto, la politica del PCF in quell'epoca. Un modo, questo, che corrisponde all'idea che Benjamin aveva di una storiografia critica, svolta a partire dal punto di vista del presente. E nel breve capitolo di cui si è parlato, vi sono anche degli aspetti della Comune che vengono presentati sotto una luce assolutamente favorevole. C'è un passaggio, da Aragon, che celebra, citando Rimbaud, le "jeanne-Marie des faubourgs " le cui mani
ont pâli, merveilleuses
Au grand soleil, d'amour chargé
Sur le bronze des mitrailleuses
A travers Paris insurgé.
La partecipazione femminile alla Comune, viene evocata anche in un altro paragrafo, dove si constata la presenza, nelle assemblee della Comune, accanto ai poeti, ai pittori, agli scrittori e agli scienziati, delle "operaie di Parigi. Come era già avvenuto negli anni dal 1830 al 1848, il ruolo rivoluzionario delle donne è, per Benjamin, uno degli aspetti più importanti della "tradizione degli oppressi" a Parigi. Per documentare questo ruolo, non esita a ricorrere a dei documenti reazionari, come l'incisione che rappresenta la Comune sotto le sembianze di una donna che cavalca una iena, e che si lascia alle spalle i neri incendi delle case in fiamme. Stranamente, non viene mai affrontata la questione delle barricate, in queste note sulla Comune che, al di là dei silenzi e delle ambiguità, rappresentava agli occhi di Benjamin un esempio importante di città - Parigi - come luogo di confronto spietato fra le classi.
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