Tra me e me chiamo ‘comunicazione agonista’ quello stile di comunicazione che trova sempre il modo di trasformare un dialogo in una partita. E una partita sempre nella stessa partita, quella tra due interlocutori che devono dimostrare la propria bravura all’altro. O la superiorità di uno sull’altro.
D. Tannen
- Sei tornato finalmente, arrivi sempre tardi
-Vengo in autobus sai…
-Se tu fossi più veloce, prenderesti quello prima
-Ma la maestra…
-Dai sempre la colpa a qualcun altro.
Voi cosa ne pensate? Per quanto mi riguarda, mi piacerebbe riuscire ad imparare da Kitty (Moon Palace, Paul Auster):
“Kitty aveva un talento naturale per far uscire le persone dal loro guscio, era facile stare bene con lei, sentirsi a proprio agio in sua presenza. Come mi aveva detto zio Victor tanto tempo prima, conversare è un po’ come fare allenamento su una palla con un’altra persona. Il buon partner te la tira direttamente nel guantone, rendendoti quasi impossibile mancarla e quando poi a ricevere è lui, prende tutto ciò che gli arriva addosso, anche i lanci più sbilenchi e sbagliati. Così faceva Kitty (…) Mi faceva sentire migliore di quanto fossi e ciò rinforzava la mia fiducia, cosa che serviva a sua volta a renderle meno difficili i miei lanci. In altre parole, cominciai a parlare con lei invece che con me stesso, derivandone un pioacere più forte di quasiasi cosa avessi provato da lungo tempo.”
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Per approfondire l’argomento, nella relazione madre-figlia, è Ma guarda come ti vesti, di D. Tannen.
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