La comunità patetica

Creato il 12 novembre 2012 da Wsf

“La comunità poetica ci salverà in questi tempi bui…”. Quanti di voi, navigando nelle desolate lande letterarie della rete hanno letto una frase simile? Credo molti, anzi penso che sia la frase più “sfruttata” da questi pseudo-templi della parola. Non esiste una comunità poetica, in verità esiste una comunità patetica, costituita da un’accozzaglia di saltimbanchi egoisti, bellicisti e poco inclini ad accettare critiche al di fuori del loro orticello.

Di solito, i così detti poeti del nuovo millennio, amano raccogliersi in spazi ben definiti, tanti piccoli stati hitleriani creati per soddisfare il loro ego pantagruelico, dove non esiste l’analisi dei testi ma soltanto il continuo osannare e osannarsi a vicenda. La legge vigente è l’inquisizione, quindi guai a tentare la minima valutazione negativa di un’opera, pena la scomunica con tanto di editto perpetuo e una bella levata di scudi che mira a consolidare, per proprio tornaconto, la meravigliosa arte letteraria del sedicente poeta di turno. Usano blog, siti, social network e concorsi letterari come specchietti per le allodole, al solo scopo di annoverare nuovi adepti, pronti a tutto pur di apparire agognando il tanto ambito titolo di scrittore.

Inutile e troppo facile da parte mia criticare i siti generalisti dove non esiste poesia, se non in qualche sporadico caso, soffocato però dalla moltitudine di sciorinate inutili e frasette banali che niente hanno a che spartire con la critica poetica. In effetti appartengono ad una sorta di universo parallelo, un mondo letterario sterile laddove la clonazione è prassi consolidata e l’arte solo una parola per riempirsi la bocca senza nemmeno sforzarsi di conoscerne il significato.

Personalmente non sono contrario all’esistenza di tali obbrobri perché la sola ed unica comunità che possono esprimere è quella dell’ilarità che suscitano le letture dei testi presenti.

Ancora più osceni sono i concorsi letterari. Sicuramente ci sono esempi di serietà in questi contesti ma si contano sulle dita di una mano e sono più eccezioni che regole. Il concorso ha il solo ed unico scopo di spillare soldi ai tanti poveracci desiderosi di affermarsi come scrittori. Solitamente le giurie sono composte da dinosauri estinti, che magari un tempo hanno scritto qualche buon testo ma rimangono ancorati ad una poesia giurassica e quindi incapaci di giudizio critico. Anche in questo caso è superfluo inseguire una minima parvenza di comunità poetica perché in antitesi con l’essenza del concorso stesso. Ricercare una coesione artistica fra contendenti, pronti all’omicidio pur di primeggiare, è assurdo tanto quanto la pochezza letteraria della maggior parte delle opere presentate.

In questo mio viaggio alla ricerca della comunità poetica non potevano non essere presenti i blog letterari. Anzi sono convinto che proprio in questi posti la poesia stia ricevendo l’estrema unzione o forse la sepoltura.

Abitualmente sono strutturati in modo subdolo, ad un primo approccio sembrano veramente isole culturali dove potersi fermare a leggere qualcosa di interessante e magari credere che la poesia possa ancora essere veicolo di aggregazione culturale, invece ad una lettura attenta ci si ritrova in mezzo ad un calderone di sacerdoti e vestali convinti di essere i protettori dell’arte poetica.

Non conoscono dubbi ma certezze, certezze consolidate nel tempo da un’armata di cortigiani e soubrette che amplificano qualsiasi boutade scritta da questi santoni della parola. Un esercito creato con la tecnica dell’ospitata, ripresa dalla tanto vituperata tv trash, che prevede uno scambio adulatorio fra l’ospite e l’ospitante ai soli fini personali e che poco ha a che fare con la poesia. Come scritto ad inizio di questo articolo guai a discordare dalle idiozie di questi mostri sacri, il risultato sarebbe il risveglio del pollaio con le galline tese a beccare avidamente qualsiasi cosa nel raggio di chilometri, essere concordi ed allineati è la vera essenza di questa comunità PATETICA pronta a ergersi Olimpo del solo e unico verbo…il proprio. Denigrano i siti generalisti per poi usare gli stessi identici comportamenti e metodi, disprezzando coloro che si fanno portatori di idee dissonanti dalla linea editoriale intrapresa.

Quando il livello di prosopopea raggiunge il limite massimo cominciano a vaneggiare di argomenti fuori dalle loro conoscenze, riuscendo a svilire millenni di studi filosofici, storici e politici al solo scopo di crearsi il “personaggio”. Una maschera che ambisce ad essere fuori dalle regole ma che poi risulta invece banale e ancora più schematizzata degli argomenti che usano trattare.

Non è questione di idiosincrasia verso i poeti ma di una sana critica a tutto questo golem di fango che fagocita parole e giudizi senza mai chiedersi se la direzione intrapresa sia quella giusta, se effettivamente non sia giunta l’ora di aprirsi all’arte in tutte le sue forme anche quelle non consone ai gusti personali e soprattutto alle proprie simpatie. Non è possibile elevare opere senza un minimo di talento letterario come fossero perle rarissime, come non è proponibile sentirsi novelle Gertrude Stein capaci di riconoscere e riunire pseudo-movimenti che con la poesia non hanno niente a cui spartire.

In questo contesto è pressoché inutile cercare una collettività che abbia come scopo quello di promuovere l’arte come punto di riferimento verso tutto questo nichilismo, molto più evidente la disgregazione alimentata da un’oligarchia di millantatori capaci soltanto di indottrinare secondo convinzioni ignoranti e che avrebbero sicuramente bisogno di studiare e leggere invece che farsi leggere.

Concludendo vorrei che noi tutti si urlasse un bel “tana libera tutti”, che finalmente possa aiutare ad iniziare un nuovo percorso, intrapreso certamente da individualità come solo gli artisti possono essere ma che si faccia promotrice di qualcosa che ormai manca da troppo tempo…un’idea.


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