Magazine Per Lei

La conchiglia di mi

Creato il 02 aprile 2012 da Nina
Mi asciugo le lacrime e provo a scrivere due righe.
Ho sfornato ora la mia prima crostata, qui nella nuova cucina e sono corsa a pubblicare la conchiglia di oggi.
L'ho riletta, come faccio ogni volta, e non è facile trovare parole da mettere in fila, il cuore è gonfio di commozione per questa straordinaria donna. Con fuso.
La sua storia sembra riprendere quella dell'ultima conchiglia, portare avanti il suo discorso.
Si somigliano, sono sorelle nella forza e nella consapevolezza.
Nel coraggio di vivere fino in fondo quel che ci è dato.
Nella gioia che apprezza quel che si ha, non lamenta ciò che manca.
Nella voglia di assaporare tutto, con gusto.
Mi somigliano, le sento affini.
Sembra, anche lei, parlare a me.
Sono grata per questi racconti/incontri, sono la conferma di quel che spesso sento e penso:
Si - può - faaaareeee!
Frankenstein junior docet ]  ^__^
LA CONCHIGLIA DI MI
LA CONCHIGLIA DI MIEra meglio credere in Babbo Natale
LA CONCHIGLIA DI MIIllustrazione di Francesca Ballarini

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Sono cresciuta in una famiglia numerosa (e rumorosa) piena di nonni, zii, figli, nipoti e cugini. 
Non potrei contare le foto in cui tengo in braccio un bambino. Ce ne sono alcune in cui la mia testa si vede appena, da tanto è piccola, ma la mia stretta è ferma, responsabile, materna
Quando è nato mio fratello mia nonna mi disse che sarei diventata gobba a forza di portarmelo appresso. 
Avevo 16 anni e quel biondino è stato la mia unica, vera cotta adolescenziale; ahimè dura ancora, nonostante lui sia un uomo fatto e io tutt'altro che adolescente! Non riesco a trattenere lacrime di gioia ogni volta che ricordo la prima volta che ho visto quegli occhioni blu. La mia vita è cambiata da quel giorno, ho capito quanto può essere grande l'amore, anche se ancora mi è impossibile spiegarlo. 
La seconda occasione di amare smisuratamente mi è capitata parecchio tempo dopo. 
Sono stati altri occhi chiari a legarmi, a rapirmi, a rendermi felice. 
Cominciavo a disperare che esistesse il principe azzurro, invece anni e anni di cenerentolismo hanno dato i loro frutti e il Siciliano meno siciliano di tutta la Sicilia mi ha chiesto in moglie. 
Avevamo da poco trascorso un natale spaventoso. Il 24 di dicembre avevamo ritirato gli esiti del suo spermiogramma: erano tutt'altro che incoraggianti. Lui voleva lasciarmi, mi disse che non poteva privarmi della gioia di diventare madre, perché io ero nata per crescere dei figli. Io capii che non potevo privarmi di lui, per nessuna ragione. Con molta determinazione, quasi fierezza ho accantonato l'idea di avere un bambino. 
Sono un tipo dai facili entusiasmi. Infatti è durata poco e nella pratica ho semplicemente smesso di pensera a "Quando avrò un bambino" e cominciato a pensare "Se avremo un bambino". Sottolineo l'uso del singolare e plurale perché è fondamentale.

Poco dopo il matrimonio e due settimana prima di trasferirci in U.S.A., mi sono sottoposta a una laparoscopia, una piccola ciste, nulla di serio. Pensavo.Sul foglio di dimissioni c'era scritto ENDOMETRIOSI, che ho tradotto: lasciate ogni speranza o voi che ne siete affetti. E' stato un colpo durissimo. Avevo accettato di buon grado i problemi di fertilità  di lui, ma non potevo perdonarmi di essere mancante, malata, sbagliata. 

Perché io no e le mie sorelle si? Perché mia madre ha avuto 4 figli e io nessuno? Cosa ho fatto di male?Ma il destino è beffardo, l'ho sempre pensato, e proprio quando stavo pensando di lasciarmi morire seppellita dalle mie mille domande, sono rimasta incinta. L'ho sentito molto prima del ritardo. Ne ero certa. I pronostici erano tutti contro di me, i 3 anni di inutili tentativi pure, ma avevo ragione io. Durante l'ecografia ho visto sul volto di mio marito un espressione che non conoscevo. Era così bello! Gioioso, entusiasta, pieno di fiducia, stringeva la mia mano provando ad infondermi speranza. Ne è capace, lo amo anche per questo, ma in quell'occasione non ha funzionato. Come avevo sentito che una creatura stava crescendo dentro di me già dal giorno del concepimento, così sapevo che aveva deciso di andarsene. Lo ha fatto. Era una domenica mattina, a Washington splendeva il sole, ma ho capito che non sarebbe stata una bella giornata quando, spiegando a mia madre la situazione, ho sentito i singhiozzi di mia sorella in sottofondo. E' stato un giorno assurdo: mi trovavo come dentro in un film (il fatto che stava accadendo non in un pronto soccorso ma in E.R. alimentava la sensazione) ero spaventata, spaesata e con un dolore straziante, ma non mi sono disperata. Nemmeno per un istante.Non so dove trovo la forza di reagire nei momenti di crisi, ma so che non dura a lungo.Poi, infatti, sono stata male, tanto. Ho provato a resistere più che ho potuto: siamo lontani da tutti gli affetti più veri, siamo solo io e lui e il dolore era di entrambi. Non potevo, non avevo il diritto di appoggiarmi su chi faticava a tenersi in piedi. Non appena mi è sembrato che si fosse rinsaldato, sono crollata. Mai nella mia vita mi sono sentita tanto fragile e vulnerabile. Per un periodo non riuscivo ad uscire di casa da sola.  
Qualche mese fa ho strappato la foto dell'ecografia, saltava sempre fuori, per quanto provassi a nasconderla. Ho dovuto farlo, mi straziava il cuore ricordandomi che rischio di non vedere mai più mio marito illuminato da quell'espressione nuova e magnifica.

Questo racconto ha un lieto fine, anche se non è quello che in molti si aspetterebbero: sono guarita. 

In metropolitana faccio le boccacce per far cessare i capricci di bambini sconosciuti, la notizia di una gravidanza non mi getta in depressione e non vedo l'ora di tornare a casa per organizzare un pigiama party con le mie nipotine e di costruire un'immensa fattoria con S. il primogenito di mia sorella piccola. Gliel'ho promesso via skype. 
A me stessa invece ho promesso di non concentrarmi mai su quello che mi manca, perché è il modo migliore per rovinarmi la vita. Ho un migliaio di cose di cui posso godere qui, adesso. Vivo a New York, diamine! Anche questo era un mio sogno da bambina, non è che il destino possa realizzare solo i miei. 
Quindi nascondo sorrisi ovunque, da tirar fuori quando sento che stanno per mancarmi, respiro profondo e grido: Evviva!
Che vi dicevo? Sono un tipo da facili, quanto effimeri, entusiasmi...

Mi


LA CONCHIGLIA DI MI

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