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Nora per me è il blu del mare, un albero di ciliegio in fiore.
Nora per me è la terra che accoglie e nutre, tangibile e concreta, ma anche l'aria che sfugge, eterea e inafferrabile.
Nora è la forza quando si esprime con grazia e garbo. E' la misura, l'equilibrio, la parola esatta. Essenziale.
Nora è per me un dito che poggia delicatamente su un tasto, ma anche la melodia, la nota che produce.
Nora è quel fuoco che l'acqua non estingue.
Nora è una risata sotto la pioggia, col naso all'insù puntato sul cielo gonfio di nubi.
Nora è la lacrima che alleggerisce il cuore.
E questa è la sua storia
LA CONCHIGLIA DI NORA
Illustrazione di Francesca Ballarini
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Curiosamente il tema “figli” è stato uno dei primi affrontati tra me e il mio futuro marito, quando non eravamo ancora fidanzati. Assistevamo ad una discussione sull’adozione, in cui una donna si dichiarava contraria perché “non è la stessa cosa che avere un figlio tuo… io non potrei mai… ecc…”. Noi la pensavamo molto diversamente.
O meglio, sì, non sarà la “stessa” cosa, ma un’altra altrettanto bella e importante.
Quando ci siamo sposati, non era un periodo molto esaltante. Un lutto recente, la perdita del mio lavoro, il conto in banca diciamo non “pingue”. Eppure la felicità sa prendere strade poco conosciute.
Nella primavera del 2010 abbiamo voluto iniziare la caccia alla cicogna. Basta attendere “tempi migliori”. Io ero entusiasta e fiduciosa. Si dice che la positività venga sempre premiata. Balle. Nemmeno il tempo di cominciare a fare sul serio, a raccapezzarsi fra ovulazione, fase luteale e acido folico, che iniziano i miei problemi ginecologi.
In realtà erano già stati notati un paio di settimane prima del matrimonio (solito tempismo, eh?), ma sembravano rientrati. Rientrati un corno. Cervicite, micosi varie, cellule “anomale” e “sospette” qui e lì. Incontro, per fortuna, una ginecologia in gamba, Mrs Rassicurazione e Positività, che ci mette in “pausa di riflessione”, ma nel contempo lavora per sistemare la situazione.
Tutto intorno a me è un fiorire di pance, un turbinio di visite alle nursery e inviti ai battesimi. Stringo i denti. Arriva il momento dell’intervento, affrontato e superato non senza patemi, e passa un lungo inverno di attesa. Alle porte della primavera 2011 gli ultimi controlli danno esiti incoraggianti. Possiamo riprovare. Nessuno dei due è più teenager da tempo (biologicamente parlando!), e così eravamo un po’ preoccupati circa la nostra “dotazione” naturale. E’ stato allora che sono caduta nel grande inganno: il timore che il problema fondamentale fosse “solo” la fertilità (passatemi quel “solo”… naturalmente contiene molto sarcasmo).
Quando rimango incinta la prima volta, ci sembra un sogno e anche un sollievo. Non siamo infertili!
Brava furba, cosa mi credevo? Gli intoppi non si fermano mica lì! Nessuno ti prepara per tempo a una delle grandi verità: il test positivo non è il traguardo. E’ solo l’inizio, il primo tassello. Un aborto fa crollare miseramente il nostro castello di carte. Fin qui poteva sembrare un incidente di percorso. E’ un dolore grande, ma m’illudo di non essere lontana dalla meta. Mannaggia a me e al mio temperamento donchisciottesco.
Passano due mesi e resto nuovamente incinta. La gravidanza va avanti per un po’, noi ci crediamo intensamente, siamo felici più di prima… Poi, l’incubo delle beta che crescono lentamente, troppo lentamente. I sintomi che regrediscono. Quella sensazione di vuoto… E’ un altro stop.
A questo punto il sospetto è che possa non essere semplicemente “un caso particolarmente sfortunato”.
La ginecologa mi propone subito alcune “indagini” sulle possibili cause di questo fenomeno di poliabortività.
La seconda volta… beh, è stata dura. Mi sono domandata tante volte a cosa serve vedere la mitica scritta “incinta” sul monitor del Clearblue… per poi ricevere una simile mazzata. Non so descrivere cosa significhi dover monitorare il calo delle beta per sapere come e quando intervenire (in entrambi i casi non ho dovuto ricorrere al raschiamento). Per non parlare delle volte in cui mi ritrovo a fare i conti… “adesso sarei di tot settimane”…
Non sono superstiziosa. Non credo nella sfortuna. Penso solo che la vita umana sia ingiusta. Molto bella, ma profondamente ingiusta.
Scriveva Mario Rigoni Stern: “(…) In quel tempo, quasi tutti i giorni andavo per i boschi come un orso ferito, masticando ricordi ed esperienze per cercare di vederci chiaro in questo mondo e ritrovarmi”. Io amo camminare. Non ho alcuna intenzione di smettere. Vederci chiaro, ritrovarsi. Andare oltre.
Questa profondissima sofferenza mi ha permesso almeno di conoscere tante altre donne che vivono situazioni simili alla mia. La rete è una risorsa; questo blog è una risorsa. Nina ci ha sapute riunire tutte qui e non finirò mai di ringraziarla. Queste esperienze stanno cambiando per sempre la mia vita. Beh, ogni tanto penso che avrei fatto volentieri a meno di una simile “cura”. Eppure… io so che giunta alla fine del percorso riceverò in dono un significato che ora non vedo. Naturalmente spero che ciascuna di noi ritorni qui per lasciare una conchiglia diversa, una conchiglia di gioia. Nel frattempo, però, ci raccontiamo, “elaboriamo i nostri lutti”, facciamo insieme qualcosa di costruttivo.
Noi due continueremo a sognare che ci sia una prossima volta, quella in cui ci chiameremo mamma e papà.
Grazie di cuore!
***
Aggiornamento di fine luglio: dopo una serie di indagini, sono risultata portatrice della mutazione del gene MTHFR omozigote, una mutazione che influisce sui livelli di acido folico ed è connessa ad episodi di trombosi placentare. Sono in attesa dei risultati di un’altra analisi, dopo la quale potremo forse preparare un piano di battaglia.
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