Magazine Per Lei

La conchiglia di sfollicolatamente

Creato il 11 maggio 2011 da Nina
Tutta la blogosfera (ah ah) è a conoscenza delle ultime news su quella donna che, a forza di sfollicolare e di nuotare, è riuscita a conquistarsi il suo bel POSITIVEQuello di cui io però sono in possesso è il prima, così come lei lo ha visto, vissuto e raccontato. E sinceramente io non me la sono sentita di metterlo nel dimenticatoio, che in fondo rappresenta tutto ciò di cui il presente di Sfolli si è nutrito: lei è quello che è (la nostra adorabile gnorry) anche grazie a quel passato. E sarà davvero emozionante, per noi e per lei, leggerlo col senno di poi,  come testimoni a conoscenza dei fatti straordinari degli ultimi giorni.
E ve la lascio qui, in tutto il suo splendore. Che è preziosa non serve dirlo. Munitevi di fazzolettini donne, che questa è la storia di una di noi che, mentre attendeva che la sua conchiglia venisse pubblicata, ce l'ha fatta!
E mentre lei è lì che si domanda come viversi questa botta di vita incredibile (volare si, volare no?) io sono qui che me la rido, alla faccia sua e brindo, con uno spritz home-made! Cara la mia sobria Sfolli, condividiamo questo momento alcolico (virtualmente puoi!)... sono orgogliosa di te! 
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Piccola postilla: io non ve lo vorrei dire ma pare, a questo punto, che lasciare la propria conchiglia nella Spiaggia di Nina, sia di buon auspicio! Poi fate voi. Muahaaaa ah ah ^^

LA CONCHIGLIA DI SFOLLICOLATAMENTE
LA CONCIGLIA DI SFOLLICOLATAMENTE
LA CONCHIGLIA DI SFOLLICOLATAMENTEIllustrazione di Francesca Ballarini
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Quando Dear Husband, ovvero colui che allora era il mio futuro marito, mi disse che gli avevano diagnosticato problemi gravi di fertilita’, stavo raccogliendo materiale per la mia prossima lezione per un rinomato centro di preparazione universitaria (massi’, dai, avete capito bene, quello di Valentino Rossi...).
Era il 2003. Sia io che Dear Husband avevamo 25 anni, e non avevamo la minima intenzione
di avere figli per ancora, almeno, un bel 3-4 anni. Lui mi telefona dall’ospedale, dove era andato a
ritirare questi esami specialistici che per chissa’ quale motivo gli avevano prescritto – proprio a lui,
che era solo andato a farsi visitare per un motivo banalissimo, e al quale spermiogrammi, esami
ormonali e cromosomici non passavano neanche per l’anticamera del cervello. Mi telefona e mi dice
che gli hanno trovato un cromosoma x in piu’, per cui, anziche’ avere la solita coppia xy, lui ha una
tripletta xxy.
Io stavo facendo le fotocopie, e distratta butto li un “ah, della serie: non facciamoci mancare nulla,
ma bravo!”.
Lui aggiunge che “Significa che non produco seme, e non posso avere figli”.
Io smetto di fare le fotocopie, e mi faccio ripetere: “Come scusa?”
Dopo tutto, lui e’ inglese, vive in Italia da poco piu’ di un anno, e da bravo inglese, la lingua straniera
non la padroneggia (diciamo cosi) proprio da dio. Avra’ capito male, come al solito.
Non aveva capito male.
In compenso, pero’, io sono parecchio abile nel dissimulare e nel rimuovere. E se la mia prima
reazione e’ di accertarmi che Dear Husband stia bene, la seconda e’ di buttare li, con nonchalance,
un “Ma si’, dai, non c’e’ problema, vorra’ dire che adotteremo. Ora devo finire di fare le fotocopie,
ne parliamo stasera, ok?”. Ok. D’altra parte, neanche Dear Husband sembra avere particolare
premura di elaborare questa notizia shock.
Quella sera, in cucina, Dear Husband mi butta li, anche lui con nonchalance e minimo
coinvolgimento emotivo, che per lui ricorrere alla donazione di seme non sarebbe stato un
problema. Anzi, che avremmo anche potuto chiedere ad uno dei suooi fratelli, o a suo padre, di farci
da donatore.
Io sgrano gli occhi e rimango allibita. La scettica razionale in me gli dice che di mischiare le carte in
famiglia non se ne parla neanche, che io non voglio scenari da telenovela tipo Beautiful. E aggiungo
che anche se il donatore fosse anonimo, la cosa non potrebbe mai funzionare, perche’ il bambino
sarebbe legato geneticamente a me e non a Dear Husband, e questo ci porrebbe in una posizione
ibrida e non propizia. Meglio adottare: cosi e’ tabula rasa per entrambi.
Poi l’innamorata irrazionale in me si commuove perche’ si rende conto di avere accanto un uomo
maturo, che e’ pronto a mettere il proprio orgoglio di macho da parte, pur di darmi un’opportunita’
di vivere una gravidanza. E si sente ancora piu’ innamorata.
Poi, la Sfolli ironizzante sdramma-tutto in me prevale: vado in camera da letto, prendo la confezione
rosa di Triminulet, torno in cucina, la butto con gesto trionfante nel cestino, e annuncio “Da ora in
poi, basta con ‘sta pillola della malora, basta piu’ arrancare verso il comodino nel mezzo della notte
in cerca della pillola dimenticata, basta con i diecimila controlli della trousse prima di partire per un
viaggio: evviva l’amore libero!”.
E con questo, decidiamo che il mondo e’ pieno di infinite e meravigliose possibilita’ (incluso l’amore
libero), dichiariamo la questione ‘risolta’ e non ci pensiamo piu’
Non ci pensiamo piu’ per 7 anni. Gli anni dell trasferimento in U.K., in cui Dear Husband lavora a
Londra e io comincio il dottorato mentre lavoro in universita’ a Nottingham, gli anni dei viaggi, del
matrimonio, della casa in affitto, della casa da comprare e restaurare: gli anni, per farla breve, in cui
la vita ci aveva visti distratti a vivere.
Si, c’era stata quell’altra visita toccata e fuga al centro di procreazione assistita a Londra, nel 2005,
in cui quel medico pedante ci aveva propinato i suoi “sproloqui” su controlli alle tube, laparoscopie,
esami ormonali, FIVET, e quant’altro. E perche’ mai io dovrei avere le tube chiuse? E perche’ mai
io dovrei ricorrere a bombe ormonali? Io ho 27 anni, mia mamma e’ rimasta incinta di me al primo
tentativo... e poi faccio visite annuali dal ginecologo di famiglia: lui mi conosce da una vita, e lo
saprebbe se ci fosse qualche problema.
No no, caro Dr. SoTuttoIo, quando sara’ il momento, e SE sceglieremo la strada della PMA,le cose
andranno cosi: io mi sdraiero’ su questo lettino qui, la tua assistente mi fara’ una bella peretta di
seme di donatore, io usciro’ dalla tua clinica, mi accendero’ una bella sigaretta post-coito, et voila’:
io rimarro’ incinta.
Si’, c’era stata quella visita toccata e fuga al centro adozione di Nottingham, nel 2006, quando mi
ero presentata con una sigaretta in mano (shock horror sul volto dell’assistente sociale) e un’unica
domanda:
“Quanto tempo ci resta ancora prima che che io e Dear Husband diventiamo legalmente
troppo “vecchi” per adottare un neonato?”.
Insomma, io volevo solo sapere quanti anni di proscrastinazione ci rimanessero prima di dover
affrontare questa famosa questione della maternita’. Pur con tutta la buona voltonta’ autoillusoria
del mondo, pero’, dopo quella visita non avevamo potuto ignorare un fatto, tangibile e concreto
come quell catalogo che ci aveva lasciato l’assistente sociale, dal quale occhieggiavano bambini che
NON erano neonati, che NON erano perfettamente sani, e per i quail noi NON ci sentivamo pronti.
Il fatto era che l’adozione non era quel percorso liscio e immediato che conduceva ad un bambino
appena sfornato, perfetto e immacolato come una pagnotta calda pronta da portare a casa. Ma
come sempre, l’artista dell’autoillusione si era detta: “No, cara assistente sociale, noi con te non
adottiamo: noi andiamo in Cina, dove ci sono milioni di neonati che aspettano di essere adottati da
noi. Soprattutto da me, che ho gli occhi a mandorla e da piccola sembravo tanto una cinesina che il
mio papa’ mi ha anche regalato un minikimono e stavo da dio”. Tie’.
Ecco, c’erano stati quei piccoli episodi rivelatori, che io avevo preferito ignorare. Come quando sei
in mare, e stai nuotando, e le onde piano piano ti portano sempre piu’ in la’, al largo. Ma il lido e’
sempre in vista, e tu sei troppo occupata a cavalcare le onde per accorgerti che il lido si, e’ sempre
la’, ma si sta allontandando sempre piu’, sta diventando una sottile linea pallida all’orizzonte.
Finche’ un giorno ti senti pronta: hai nuotato abbastanza, sei anche un po’ stanca, e vorresti tornare
a casa, vorresti affondare i piedi in qualcosa di concreto. Ti sembra di aver ondeggiato abbastanza,
li, con i piedi sospesi in acqua, a guardare le nuvole in cielo e pensare a cosa potrebbero essere.
Ora e’ arrivato il tempo di sentire il calore della sabbia sotto i piedi, e di usare le mani per afferrare
qualcosa di vero, una conchiglia, la conchiglia tua e di Dear Husband. Ti viene voglia di accostarla
all’orecchio e di sentire la sua voce e decifrare la sua storia. Ma ora sei al largo, e improvvisamente
realizzi che il lido e’ cosi lontano, e ci vorranno piu’ forza e coraggio di quanto credessi, per arrivarci.
Un giorno, decidi con Dear Husband di andare in quella clinica, e di farti fare quegli esami di cui
Dr. SoTuttoIo aveva parlato. E pochi giorni prima del tuo trentaduesimo compleanno, arrivano i
risultati. E scopri che le tue ovaie sono biologicamente agli sgoccioli, che hai ‘una riserva ovarica
estremamente bassa’, che vuol dire che e’ molto probabile che sia gia’ troppo tardi, per produrre
ovociti geneticamente viabili. Altro che perette di seme e sigarette post coito: qui si deve passare
all’artiglieria pesante, con la FIVET, e comunque senza grandi illusioni, perche’ al massimo i dottori ci
danno un 5-10% di probabilita’ di successo.
Mi concedo ancora qualche mese, durante i quail finisco di scrivere la tesi di dottorato. Mesi in cui
penso a tutto tranne che alla tesi, ovviamente. Mesi di spasmodiche letture di articoli scientifici: a
me non mi fate fessa, mi dico, io ormai le vostre statitsiche le so leggere, e non ci credo che avete
capito tutto di me, dei miei ormoni, delle mie ovaie. Mesi in cui cerco su Google/Oracolo un motivo
per non sentirmi in colpa, per capire se ho qualcosa da rimproverarmi: e se non avessi fumato tutte
quelle sigarette? E che vogliamo dire di tutte quelle cannette che mi sono fatta da ragazzina (e anche
dopo, dai). E se ci avessi provato qualche anno fa? L’Oracolo, dal canto suo, mi diceva che era una
cosa congenita, che probabilmente ero gia’ cosi da qualche anno, che non c’era da crocefiggersi.
Ma mi diceva anche che i medici non sono infallibili, e le domande senza risposta sono ancora
moltissime. Troppe.
E intanto penso a quanto mi sento vulnerabile. Penso che se una cosa cosi ti puo’ succedere da
un momento all’altro, cambiandoti le prospettive di vita dall’oggi al domani, allora che altro puo’
succedere? Puo’ succedere – e succede – che ci siano lutti in famiglia di Dear Husband, che i tuoi
genitori compiano rispettivamente 60 e 70 anni, che ogni volta che li vedi spuntare dalla zona arrivi
dell’aereoporto ti senti stringere il cuore e ringrazi il cielo che siano ancora qui con te.
E tra tutte queste domande, quella che mi preme di piu, quella che mi tiene sveglia la notte
gonfiandomeli di acqua di mare, quella alla quale l’Oracolo non ha risposte: “Ce la faro’ ad avere un
figlio, in un modo o nell’altro, prima che loro mi lascino?”.
E allora, con Dear Husband, ti metti a nuotare, e tieni lo sguardo fisso sul lido. E ad ogni bracciata lo
vedi prendere forme diverse, e per ogni forma ti immagini una spiaggia e una conchiglia diversa.
E non vedi l’ora di sentire la sabbia calda sotto ai piedi, e di ascoltare la storia di una persona che e’
altro da te, e di amarla per questo.
LA CONCHIGLIA DI SFOLLICOLATAMENTE

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