Magazine Per Lei
"All'inizio mi sono sentita sola, erano tutte mamme che facevano un sacco di cose con i loro bimbi. Nessuna era in cerca come me, ma poi verso dicembre siete arrivate a farmi compagnia".
Sono le stesse cose che ho pensato io, le stesse che mi hanno spinto ad aprire questo blog per vedere se lì fuori c'era qualcuna come me, con la mia stessa voglia di condividere questo viaggio, per renderlo più leggero e piacevole.
Prima di lasciarle la parola vorrei raccontarvi alcune considerazioni che ho fatto leggendo la sua storia e seguendo il suo blog, in cui parla apertamente del suo essere credente, del conforto che trova nella religione e in Dio.
Io non ho la fede che ha lei, non mi affido alle preghiere, non ho una bibbia, non vado in chiesa, nè credo nella sua istituzione. Non sono cattolica e non sono cristiana, la mia è un'esperienza molto intima e personale, non avverto il bisogno di intermediari. Ho una mia forma di religiosità, che mi porta a riconoscere e a sentire che esiste qualcosa di grande, qualcosa da cui la vita si genera continuamente. Una unità superiore verso la quale tutti noi tendiamo.
Credo che esista un'energia, una forza, che scorre potente, che tutto permea e guida, un senso altro, alto, che sfugge alle nostre classificazioni, che non segue i nostri concetti di giustizia. A me basta sperimentarla e sentirla dentro me, a modo mio. In alcuni momenti della mia vita, ho provato quella sensazione di benessere e pace che ti fa sentire che sei esattamente dove dovresti essere, al posto giusto, che tutto è perfetto.
Li chiamo attimi di eternità, di consapevolezza. Altri lo chiamano Dio.
Ci tenevo a condividere con voi queste riflessioni, che mi aiutano sempre a comprendere che, al di là delle differenze, nelle emozioni, nei desideri, negli slanci dell'anima... noi siamo uguali. Mi ricordano che queste differenze sono un'enorme ricchezza. A me piace scavare e trovare quelli che sono i punti di contatto, che ci avvicinano e ci rendono affini, piuttosto che quelli che creano inutili e aride distanze.
Grazie Speranza per lo spunto che, inconsapevolmente, mi hai offerto.
La conchiglia di Speranza
Ora che la burrasca è passata ed il mare è calmo, spinta da un delizioso venticello, veleggio verso la spiaggia e apro la mia conchiglia
Illustrazione di Francesca Ballarini
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Con le storie d'amore io sono sempre stata sfigata, o cadevo in innamoramenti impossibili o ero io impossibile ed inaccessibile agli altri. Questo fino ai 34 anni, quando io e Mylove, dopo anni che frequentavamo il gruppo della parrocchia, ed esserci tutti dispersi, abbiamo cominciato a frequentarci da soli. Premetto che ci piacevamo già da prima, ma è più piccolo di me di quasi quattro anni. Nell'adolescenza questa differenza pesa non poco e quindi io non l'avevo mai preso mai in considerazione. Quando la differenza d'età non era più importante io sono andata dritta come un treno. Ero sicura di me stessa e anche di lui. Invece lui, lui non era sicuro. Per sette anni abbiamo cercato di trovare l'equilibrio, abbiamo litigato e per due volte considerato la nostra storia impossibile da proseguire. Io premevo perché il tempo passava e un ginecologo si era accorto del primo fibroma. Mi avrebbe voluto operare la settimana successiva e poi ci consigliava di metterci subito a lavoro per un bambino. Ma come fai a pensare ad un figlio se non sai se la tua storia cammina con una o due gambe? Gli anni sono passati e pure i ginecologi. Tutti hanno sempre detto: prima operare e poi procreare. Ma io ho sempre pensato che la cosa più importante per me fosse quella di costruire la coppia, dalle fondamenta, mattone su mattone, pietra su pietra. Prima la coppia e poi la prole. A lui sarebbe piaciuto avere dei figli anche senza sposarsi, al matrimonio ci avremmo pensato dopo. Una nostra amica non appena ha saputo che le ovaie erano a scadenza si è fatta mettere incinta due volte e poi dopo 10 anni si è sposata con il padre dei suoi bimbi. Ma non la invidio. Io son diversa. L'importante è percorrere la propria strada. Su questo punto io sono stata irremovibile. Non avrei mai avuto la certezza che lui volesse proprio me e non il figlio. Avevo visto e vedo tuttora troppi bambini tristi perché hanno una famiglia lacerata, un genitore a metà, o sono campo di battaglie legali. Non avrei generato un bambino se non in condizioni ottimali. Nessuno può avere la certezza che il matrimonio vada bene, però almeno la partenza la volevo ok.
Ad un certo punto mi ero proprio scocciata e avevo detto basta: non se ne fa più nulla. Ero pronta a mandare all'aria tutto. Ero stanca di aspettare che peterpan crescesse. Che si arrangiasse. Sarei vissuta comunque. Per circa cinque mesi non ci siamo né visti né sentiti. Poi abbiamo ripreso i contatti e io gli ho rifatto quella domanda che dentro mi ha sempre tormentato e che altre volte gli avevo fatto: tu sai che il tempo stringe, ci potrebbero essere problemi ad aver figli, tu mi vuoi lo stesso? Pensi che potremo vivere insieme senza figli nostri? Lo sventurato rispose di si. Allora decidemmo di sposarci. Io avevo già 41 anni. Dopo il matrimonio andai da una ginecologa che mi disse che i fibromi erano tre, di tentare la gravidanza per tre mesi e poi di tornare. Ma, invece di prendere lo slancio mi sono fermata. Avevo capito che avrei dovuto affrontare l'operazione. Avevo troppa paura e nonostante le insistenze di Mylove io non mi decidevo a tornare dalla ginecologa. Non volevo affrontare tutto quell'iter di visite e controlli vari. Non ero pronta io. Nel cassetto si accumulavano indirizzi di ginecologi. Lui mi minacciava: ne prendo uno a caso e prendo io l'appuntamento. Tu non vuoi avere figli! Io piangevo, stupita di me stessa e della mia rassegnazione. Infatti dentro di me ero convinta che non c'era più nulla da fare. Rassegnata all'idea che per allargare la famiglia bisognasse ricorrere all'adozione. Ho cercato di convincere Mylove. L'irremovibile ora era lui: prima i controlli, se ci dicono che non si può fare nulla allora ci muoviamo in altro modo.Sono passati due anni e ho passato due anni terribili sul fronte scolastico che però mi hanno fatto maturare la scelta e la convinzione: ora o mai più. Così l'estate scorsa mi sono decisa ed è stata la volta buona. Anche se ho dovuto affrontare altri due ginecologi prima di trovare quello buono per me. Ormai sapevo che non si poteva affrontare la gravidanza senza asportare questi benedetti fibromi, ma dentro di me la consideravo ancora una meta irraggiungibile, non era nel mio destino. Avevo anestesizzato il mio cuore e i miei sogni: non era per me. Al secondo incontro con Miogine, gli ho detto che non tutte eravamo giannanannini, che possibilità avevo io? Lui mi ha risposto che una sua paziente era più grande di me e l'utero era considerato da asportare: un anno dopo era rimasta incinta. Non ho capito più nulla: POTEVO FARCELA, ero quasi incinta. Non ho dormito per tre giorni di seguito. Da quel giorno seppur con molto timore e voglia di scappare davanti ai camici, ho affrontato tutto con la consapevolezza che ce la potevo fare. E così è stato: ho atteso l'operazione, ho chiamato e sono andata di persona all'ospedale per verificare la lista d'attesa. Insomma ho fatto cose che in passato non avrei mai affrontato.
Certo, fino all'ultimo ho sperato che potesse accadere il miracolo di rimanere incinta senza tutto questo ambaradan. Spesso sono rimasta delusa all'arrivo del ciclo, qualche volta al minimo ritardo ho fatto la regista di film colossali. Sono arrivata all'ospedale in un fascio di nervi, ma poi mi sono rasserenata non dovevo più pensare a nulla dovevo solo agire e fare ciò che mi veniva indicato. Tutto si è svolto al meglio e ora sono qui in convalescenza, trattata come una regina.
Oh, non ho la certezza, come potrei averla?, che la nave andrà in porto, ma non avrò il rimorso di non averci tentato.
Una cosa fondamentale per me, nei momenti difficili e anche in quelli gioiosi, è l'ausilio della preghiera e l'affidamento al Dio di Gesù Cristo. Senza la mia fede e l'abbandono personale non avrei fatto nulla: non mi sarei fidanzata, non avrei comprato casa, non avrei rischiato il matrimonio, non mi sarei fatta operare.Ora provo una grande serenità sia nei confronti del passato sia nelle prospettive per il futuro. Non rimpiango nulla e sono contenta di quello che ho raggiunto e di aver Mylove a mio fianco, che nonostante le difficoltà non si tira mai indietro e sopporta le mie paturnie e i cali ormonali. So che dovrò aspettare sei mesi per tentare la gravidanza e che dovrò affrontare cure difficili ed esami su esami. La percentuale di successo per le over 45 è alquanto bassa, ma non mi sento un punto percentuale, mi sento viva come non mai. Con una grinta incredibile e questo conta molto.
Questa mia conchiglia la dono a voi tutte che avete avuto la pazienza di leggermi fino in fondo, ma soprattutto a coloro che molto più giovani di me si sono quasi arrese.
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