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La coppa e il mortaio

Creato il 26 dicembre 2012 da Lanterna
Questo Natale mio cognato ci ha regalato uno splendido mortaio fatto da lui al tornio (lo fotograferei, se potessi godere di un minimo di luce decente, ma purtroppo...).
Si tratta di un mortaio a coppa, di ciliegio, con un elaborato pestello di sanguinello. È una coppia di oggetti molto belli, che però, siccome siamo dei cazzari, ha dato origine a una serie di battute (originate anche da una novella salace che non ricordavo se fosse di Boccaccio o dell'Aretino, e che scopro essere la seconda novella dell'ottava giornata del Decameron).
Tornati a casa, tiriamo fuori il mortaio e il suo pestello e li osserviamo meglio, anche per decidere dove metterli. E vengo folgorata da un'idea. Un po' irriverente, ma troppo illuminata.
Facciamo un passo indietro: nella simbologia rituale neopagana così come è stata codificata negli ultimi 50 anni, la Dea è rappresentata dalla coppa (identificata e/o confusa col Graal) e il Dio è rappresentato dall'athame.
Ad un certo punto del rituale, per significare l'unione di maschile e femminile, l'athame viene inserito nella coppa e viene recitata una formula che non ricordo mai. Questa mi è sempre sembrata una forzatura, un'unione non molto felice di simboli che presi singolarmente possono andar bene ma messi insieme non formano nessuna sinergia e non svolgono nessuna funzione. Nessuno, nella vita di tutti i giorni, inserisce un coltello in una coppa.
Invece, nella vita di tutti i giorni, può capitare che un pestello venga inserito in un mortaio. E che l'unione dei due attrezzi produca un pesto o un trito di frutta secca o un masala di spezie.
Il pestello e il mortaio sarebbero il simbolo perfetto per il Dio e la Dea: singolarmente presi sono significativi, e insieme svolgono una funzione.
Sarò l'unica persona a cui è mai venuta in mente questa cosa? Sicuramente no. E allora perché continuare con la coppa e l'athame?
Ho una mia personale teoria. Ma mi piacerebbe che fosse smentita.

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