La corona di spine della chiacchierocrazia

Creato il 17 febbraio 2013 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Forse con l’età sto diventando indulgente o credulona, così voglio far finta che il dotto articolo di Guido Crantz pubblicato oggi su Repubblica sia frutto di incantevole e infantile ingenuità. Oppure che abbia maliziosamente riproposto un suo alato intervento, che ne so, del 1996, offerto all’Ulivo di Prodi prima di quel 21 aprile. Perché se non è così, si tratta di un soffietto elettorale risibile e anche, francamente, irriverente per gli elettori, che dovrebbero essere persuasi a quel voto utile là, tramite ferme raccomandazioni: “è essenziale, scrive, che il centrosinistra illustri con la massima chiarezza sino all’ultima ora, sino all’ultimo minuto proposte principali, da quelle fiscali a quelle relative alla crescita. E indichi gli strumenti e le competenze che saranno messe in campo, anche con la delineazione di un possibile governo di altissimo profilo: una “squadra di governo” capace di dare fiducia e speranza ad un’Italia sperduta, provata, talora incattivita. Vi è però un impegno preliminare e non rimandabile, da “comunicare” con una nettezza e chiarezza senza precedenti: misure assolutamente drastiche ed esemplari contro la corruzione e al tempo stesso tagli fortissimi ai costi e agli sperperi della politica. Misure da adottare – queste sì – nel primo consiglio dei ministri dopo le elezioni, nella sua primissima delibera”.

Si rileggendolo, a una settimana dalle elezioni, è tutto chiaro: Repubblica si è travestita da Male e ha pubblicato un articolo d’archivio, scritto chissà quando, mentre intanto i partiti di centro sinistra favorivano leggi ad personam, tolleravano compiacenti il conflitto d’interesse, partecipavano del saccheggio a tutti i livelli territoriali, e poi, recentemente, votavano per i caccia F35, per la cancellazione dell’articolo 18, per il fiscal compact, per il pareggio di bilancio a tutti i costi, per la cosiddetta riforma pensionistica e del lavoro, per una legge sulla corruzione, apoteosi della contraddizione e del dileggio, che peraltro invece non ha accelerato la ratifica della convenzione internazionale. Non sarebbe in alcun modo plausibile che un storico contemporaneo pensasse che partiti travolti dalla più formidabile crisi di fiducia, eppure visibilmente determinati a continuare a sopravvivere nella loro separatezza e nella loro distanza sprezzante, possano essere investiti da una rivoluzione morale, folgorati da un illuminato ritorno alla ragione e alle ragioni dei cittadini che dovrebbero rappresentare.

Certo, se uno storico contemporaneo rivela tanta ingenuità, o tanta proterva lontananza – affine a quella della politica – dal pensare comune, o una così scarsa considerazione del nostro sentire, allora vuol dire, come scriveva ieri il Simplicissimus, che le oligarchie politiche suscitano risentita critica e rifiuto rancoroso perché i leader ma tutte le élite che le esprimono e sostengono sono peggiorate. Non sono più come le definiva Pareto, classi elette, di coloro che eccellono nei vari campi compreso quello del governare. Anzi, raccolgono i più mediocri, i più inclini all’ubbidienza a ideologie forti, quella del profitto, quella del primato del mercato, in un conformismo arreso e ripiegato. Alle aristocrazie di un tempo, nemmeno poi troppo remoto, sono succedute le “cachistocrazie, i governi dei peggiori”, come le definì profeticamente Bobbio.

Allora sarà vero che le masse sono possedute da quello che qualcuno ha chiamato lo “spirito gregario”, un fisiologico “bisogno di direzione”, perfino di sottomissione, che sospinge alla delega e che viene assimilata a un residuo di bisogno di sacro, proiezione civile di antiche credenze religiose, ma è altrettanto vero che è altamente improbabile venga indirizzato a lungo non dico su Fiorito, ma anche su Monti, su chi cioè, investito come a Weimar grazie a uno “stato di eccezione” nutrito allo scopo di limitare la già macilenta democrazia, ha dimostrato solo inadeguatezza, incompetenza, assoggettamento a poteri estranei, o su chi lo ha appoggiato incondizionatamente per dichiarata incapacità a pensare e agire “altrimenti”.

Non so che speranze ci siano che i partiti vocati a raccogliere voti vengano investiti beneficamente da quei movimenti “che mobilitano potenziali elettori e cercano di modificare i termini della raccolta dei voti” interpretando e rappresentando “cause”, anziché promuovendo leader, come è successo con referendum sui beni comuni, che purtroppo sembrano essere già rimossi dall’immaginario politico collettivo. Ma è in nome di questo auspicio che bisogna guardare al di là di queste elezioni, ridotte a liturgia, non accettando il tradimento “utile” , ritrovando la fiducia di contare, noi, e non solo nel seggio.


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