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La cospirazione dell’obsolescenza

Creato il 07 febbraio 2013 da Mcnab75

obsolescenza 2

Ginevra, 23 dicembre del 1924.
I rappresentanti delle aziende produttrici di lampadine a incandescenza si danno appuntamento e fondano il Cartello di Phoebus. Scopo unico di questa associazione è quello di concordare una riduzione della vita delle lampadine da vendere al dettaglio. Fino a quel giorno tale “vita” era stimata in un totale di 2500 ore. Il neonato Cartello impose una radicale diminuzione di tale efficienza, portando il tetto massimo a 1000 ore. Meno della metà.
Il perché è presto detto: pianificare l’obsolescenza delle cose e dei prodotti permette al mercato di lucrare sui medesimi. Pochi anni dopo, nel 1933, un economista americano, Bernard London, propose di estendere le idee del Cartello di Phoebus a tutti i beni di consumo. Dalle scarpe alle auto, passando perfino per gli immobili, ogni cosa sarebbe dovuta essere prodotta con una “data di scadenza”, di modo da doverla scartare in tempi non troppo lunghi. In tal modo il ciclo produttivo macroeconomico non avrebbe sofferto più la recessione, e la disoccupazione sarebbe stata combattuta con rara efficacia.
La proposta di London, qualcosa a metà tra l’utopico e il distopico, non fu attuata. Ma non fu nemmeno scartata del tutto. Negli anni ’50 toccò a Brooks Stevens riproporla, in modo più esplicitamente favorevole al produttore, e non al consumatore.

In pratica Stevens suggerì di far leva sul “naturale bisogno dell’uomo di qualcosa di un po’ più nuovo” (Cit.) Il buon Brooks era molto esplicito nell’augurarsi la creazione di prodotti imperfetti, con un’obsolescenza programmata. La sua idea venne in seguito migliorata in un senso leggermente più etico, tendendo a sviluppare più stadi (sempre programmati) di sviluppo e maturazione dei singoli prodotti.  Questa volta la teoria dell’obsolescenza metodica fece presa, diventando parte integrante del cosiddetto consumismo.
Lo stesso presidente Eisenhower, nel 1955, si augurava ciò: “Abbiamo bisogno che sempre più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo sempre maggiore.”

Brooks Stevens - Un quasi sconosciuto che ha influenzato cinque decenni di economia.

Brooks Stevens – Un quasi sconosciuto che ha influenzato cinque decenni di economia.

Da allora sono trascorsi diversi decenni, ma l’onda lunga dell’obsolescenza è diventata una sorta di pietra angolare della produzione industriale di ogni genere e tipo. Progettare e produrre oggetti difficilmente riparabili (o riparabili a costi proibitivi) induce il consumatore medio ad acquistare un oggetto nuovo, sostitutivo. Questo avviene soprattutto nella grande distribuzione, ed è una cosa facilmente verificabile nel nostro quotidiano.
Quando vi si guasta il televisore o il cellulare, una volta fuori garanzia, cercate di ripararlo, o cedete all’idea di sostituirlo del tutto? A volte il processo di riparazione, seppur possibile, è volutamente lungo, complicato e costoso. Non a caso ci si fa prendere presto dallo sconforto (e dall’idea di fare un “piccolo sacrificio”) e si passa direttamente all’acquisto di un prodotto simile, ma nuovo e più evoluto.

All’obsolescenza programmata si è recentemente affiancata l’obsolescenza percepita. Essa viene gestita dagli esperti di marketing e di neuromarketing. Gli stessi prodotti subiscono minime modifiche (pensate ai vari modelli di un medesimo cellulare, per esempio l’iPhone), inducendo così i consumatori a cambiare un oggetto ancora perfettamente funzionante con un suo parente solo leggermente più evoluto.
Nulla di nuovo e nulla di veramente illegale. Tuttavia qualche domanda è lecito farsela. Quanto di quello che acquistiamo è stato fabbricato in modo imperfetto per obbligarci a un ricambio programmato e pianificato? Quanto questo incide sull’economia reale, e quanto fa parte delle vecchie teorie tanto amate da Brooks Stevens?

La regista spagnola Cosima Dannoritzer ha girato un documentario su questa “cospirazione”: Comprar, tirar, comprar – La historia segreta de la obsolescencia programada. Su un sito molto interessante (http://www.ilcambiamento.it), ho trovato alcune informazioni in merito. Vale la pena citare come si apre questo fim.

Il film si apre con la scena di un ragazzo, Marcos, alle prese con una stampante che misteriosamente smette improvvisamente di funzionare; tre diverse assistenze gli consigliano di comprare un apparecchio nuovo, dato che il suo costo sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alla riparazione.
Una ricerca in rete svela però i primi piccoli segreti che hanno reso prematuramente obsoleta la macchina: un particolare chip infatti legge il numero di passaggi delle testine e dopo un quantitativo predeterminato di stampe ne causa il blocco. Durante il documentario, fra un filmato e l’altro, l’autrice ci tiene aggiornati sulle vicende di Marcos fino alla scena conclusiva: il ragazzo scarica un semplicissimo software gratuito da un sito russo che resetta il contatore e riattiva la stampante.

Se avete un’oretta di tempo da spendere bene, potete guardare il film intero, disponibile gratuitamente su Youtube. Lo trovate qui, sottotitolato in italiano. Una visione sottilmente inquietante, che però vale la pena affrontare, perché l’ignoranza è pur sempre la cosa peggiore che possiamo infliggerci.

E dire che tutto iniziò per delle semplici lampadine…

Uno screenshot del documentario.

Uno screenshot del documentario.

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