C’è stato un tempo in cui nominare invano lo Ior (la banca vaticana), e il suo presidente Paul Marcinkus, poteva significare morire suicidati sotto il ponte dei Black Friars a Londra o, se a nominarlo era un magistrato, ritrovarsi a giudicare una causa per abigeato a Decimomannu. Era talmente potente, la centrale economica vaticana, che coperta dall’immunità extraterritoriale e dalla sacralità della religione riusciva a fare quello che voleva e senza correre rischio alcuno. Quando scoppiò il caso Calvi-Sindona, molte delle carte segrete che ne contraddistinguono da sempre la contabilità, vennero fuori e monsignor Marcinkus si trovò sulle spalle un mandato di arresto ovviamente mai eseguito. Lo Ior, che credevamo fosse addivenuto a più miti consigli e avesse scelto di intraprendere la strada della “castità”, sta invece prepotentemente tornando alla ribalta per gli affarucci della cricca nostra. Già nel 2006, quel rompipalle che si chiama John Henry Woodcock, aveva scoperto che Angelo Balducci (il ministro Matteoli non smette di difenderlo a spada tratta), attraverso lo Ior aveva pagato un debito di monsignor Camaldo, cerimoniere del Papa e pezzo grosso della Propaganda Fide, l’agenzia immobiliare del Vaticano proprietaria degli stabili affittati a molti dei 412 gentiluomini dell’elenco di Anemone. Da qui a sospettare che molti dei fondi neri pagati con le tangenti da Anemone, e dagli altri imprenditori, ad alcuni degli indagati siano stati versati allo Ior, il passo è stato breve. Nel corso dell’inchiesta è spuntata fuori anche una sede romana della Banca delle Marche da cui, sembra, partivano molti dei soldi destinati poi allo Ior. Che uno dei funzionari dell’Istituto fosse intimo amico di don Bancomat, al secolo don Evaldo Biasini, è solo una coincidenza fortuita. Insomma, lo Ior è vivo, vegeto e fa affari come sempre rinverdendo la tradizione marncinkusiana del pecunia non olet. A testimoniare la pericolosa china teocratica che questo paese sta prendendo, in cui il concetto di “teocrazia” piuttosto che essere collegato alla religione va ricondotto agli affari del sottobosco economico in nero, ci si è messa pure Sabina Guzzanti che, in Draquila, ha cercato di capire cosa si intendesse per i Grandi Eventi di cui la Protezione Civile è l’unica depositaria. Si è scoperto così che un viaggio del Papa a Genova è un grande evento, che il Congresso Europeo delle famiglie numerose (sempre organizzato dalla Chiesa) lo è altrettanto, che le celebrazioni di San Giovanni da Copertino sono una specie di olimpiadi della fede e che se il Papa ha voglia di andare a Loreto, lo Stato gli paga anche il buffet. Riprendiamo una nostra vecchia teoria che è quella per la quale fra lo Stato e la Chiesa è in corso un accordo illegale chiamato “voto di scambio”: io ti do i voti del mio popolo, tu mi dai tanti bei quattrini a prescindere dall’8 per mille che resta mio. Teocrazia per teocrazia continuiamo a preferire quelli veri, gli iraniani, e non la brutta copia nostrana figlia del più becero mercanteggiamento. Sarebbe ora che la Chiesa tornasse a occuparsi di anime lasciando gli immobili magari agli sfrattati, ai senza tetto, ai pensionati a basso reddito, agli immigrati in attesa di vivere il loro sogno. Che c’entra Scajola con lo spirito evangelico?
Magazine Società
La “cricca”, la Chiesa, lo Ior. A quando la cura delle anime?
Creato il 17 maggio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
C’è stato un tempo in cui nominare invano lo Ior (la banca vaticana), e il suo presidente Paul Marcinkus, poteva significare morire suicidati sotto il ponte dei Black Friars a Londra o, se a nominarlo era un magistrato, ritrovarsi a giudicare una causa per abigeato a Decimomannu. Era talmente potente, la centrale economica vaticana, che coperta dall’immunità extraterritoriale e dalla sacralità della religione riusciva a fare quello che voleva e senza correre rischio alcuno. Quando scoppiò il caso Calvi-Sindona, molte delle carte segrete che ne contraddistinguono da sempre la contabilità, vennero fuori e monsignor Marcinkus si trovò sulle spalle un mandato di arresto ovviamente mai eseguito. Lo Ior, che credevamo fosse addivenuto a più miti consigli e avesse scelto di intraprendere la strada della “castità”, sta invece prepotentemente tornando alla ribalta per gli affarucci della cricca nostra. Già nel 2006, quel rompipalle che si chiama John Henry Woodcock, aveva scoperto che Angelo Balducci (il ministro Matteoli non smette di difenderlo a spada tratta), attraverso lo Ior aveva pagato un debito di monsignor Camaldo, cerimoniere del Papa e pezzo grosso della Propaganda Fide, l’agenzia immobiliare del Vaticano proprietaria degli stabili affittati a molti dei 412 gentiluomini dell’elenco di Anemone. Da qui a sospettare che molti dei fondi neri pagati con le tangenti da Anemone, e dagli altri imprenditori, ad alcuni degli indagati siano stati versati allo Ior, il passo è stato breve. Nel corso dell’inchiesta è spuntata fuori anche una sede romana della Banca delle Marche da cui, sembra, partivano molti dei soldi destinati poi allo Ior. Che uno dei funzionari dell’Istituto fosse intimo amico di don Bancomat, al secolo don Evaldo Biasini, è solo una coincidenza fortuita. Insomma, lo Ior è vivo, vegeto e fa affari come sempre rinverdendo la tradizione marncinkusiana del pecunia non olet. A testimoniare la pericolosa china teocratica che questo paese sta prendendo, in cui il concetto di “teocrazia” piuttosto che essere collegato alla religione va ricondotto agli affari del sottobosco economico in nero, ci si è messa pure Sabina Guzzanti che, in Draquila, ha cercato di capire cosa si intendesse per i Grandi Eventi di cui la Protezione Civile è l’unica depositaria. Si è scoperto così che un viaggio del Papa a Genova è un grande evento, che il Congresso Europeo delle famiglie numerose (sempre organizzato dalla Chiesa) lo è altrettanto, che le celebrazioni di San Giovanni da Copertino sono una specie di olimpiadi della fede e che se il Papa ha voglia di andare a Loreto, lo Stato gli paga anche il buffet. Riprendiamo una nostra vecchia teoria che è quella per la quale fra lo Stato e la Chiesa è in corso un accordo illegale chiamato “voto di scambio”: io ti do i voti del mio popolo, tu mi dai tanti bei quattrini a prescindere dall’8 per mille che resta mio. Teocrazia per teocrazia continuiamo a preferire quelli veri, gli iraniani, e non la brutta copia nostrana figlia del più becero mercanteggiamento. Sarebbe ora che la Chiesa tornasse a occuparsi di anime lasciando gli immobili magari agli sfrattati, ai senza tetto, ai pensionati a basso reddito, agli immigrati in attesa di vivere il loro sogno. Che c’entra Scajola con lo spirito evangelico?
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