Magazine Società

La crisi ha “ucciso” la pmi italiana: 134mila artigiani e commercianti in meno

Creato il 17 febbraio 2014 da Stivalepensante @StivalePensante

La Cgia denuncia che tra il 2008 e il 2013 le due principali categorie che costituiscono il cosiddetto popolo delle partite Iva hanno subito una vera e propria moria di imprese: il saldo, dato dalla differenza tra le aziende nate e quelle cessate, è spaventosamente negativo.

(ateniesi.it)

(ateniesi.it)

Parla di 134 mila imprese in meno il drammatico bilancio dopo sei anni di crisi. Se tra i piccoli commercianti sfiora le 64 mila unità, tra gli artigiani supera addirittura quota 70 mila. Sommando i risultati dell’una e dell’altra categoria, all’appello mancano quasi 134 mila piccole imprese. Oltre a ciò, vi è un altro aspetto poco conosciuto che spesso getta nel panico molti piccoli ex imprenditori.

“A differenza dei lavoratori dipendenti – fa notare il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - quando un autonomo cessa l’attività non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto, che possono contare su un indennizzo una tantum, gli artigiani e i commercianti, ad esempio, non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassaintegrazione o di mobilità lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare”.

Ed è per questo che la Cgia, in vista della manifestazione dei piccoli produttori che si terrà domani, martedì 18 febbraio a Roma, ha messo in luce le ragioni della protesta. Oltre alle chiusure, negli ultimi sei anni il costo dell’energia elettrica è aumentato del 21,3%, quello del gasolio del 23,3%, mentre la pubblica amministrazione ha allungato i tempi di pagamento di ben 35 giorni.

Sul fronte del credito, la situazione è altrettanto preoccupante: in questi sei anni di crisi economica, gli impieghi bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10%. In termini assoluti, ciò corrisponde a una contrazione dei prestiti erogati alle micro imprese pari a 17 miliardi di euro.

Infine, le tasse e la burocrazia. Tra il 2008 e il 2013, la pressione fiscale in Italia è aumentata di 1,7 punti percentuali: l’anno scorso ha toccato il record storico del 44,3%. Anche il peso degli adempimenti burocratici ha assunto un livello non più sopportabile. Secondo i dati della presidenza del Consiglio dei ministri, la burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo pari a 7 mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno. Pertanto, sono costrette a rivolgersi a dei professionisti esterni, subendo dei costi annui ben superiori al dato medio nazionale sopra citato.

“Con uno scenario del genere – conclude Bortolussi – come fa il ceto medio produttivo a ritornare ad essere il motore dell’economia del Paese, se la politica non comincia ad affrontare con slancio i nodi strutturali che ostacolano la crescita?”.

  • La crisi ha “ucciso” la pmi italiana: 134mila artigiani e commercianti in meno
La crisi ha “ucciso” la pmi italiana: 134mila artigiani e commercianti in meno

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :