Magazine Cultura

La curiosità per la storia

Da Marcofre

Accade di ascoltare, oppure di leggere, certe affermazioni di autori a proposito della storia che scrivono, e di come questa si sviluppi. L’aspetto che mi colpisce, ma non in maniera positiva, è che costoro affermano di sapere che cosa stanno scrivendo.
Domanda: ma non si annoiano?

Temo che questo modo di affrontare la scrittura sia errato. Sono persuasi di svolgere un buon lavoro, perché in un certo senso hanno una specie di navigatore che li conduce a destinazione. Ritengono che una storia debba essere pianificata come la costruzione di un edificio. E se si tratta di un romanzo un poco di preparazione ci vuole eccome.

Però attenzione. Deve sempre esserci un ingrediente prezioso, o altrimenti non si sta scrivendo una storia, ma ricopiando un compitino di nessun interesse. Questo ingrediente si chiama “curiosità”.
Ne parla in una delle sue conversazioni radiofoniche lo scrittore Giuseppe Pontiggia.

Per prima cosa: non è il solo a pensarla in questo modo. Anche Flannery O’ Connor dice qualcosa di analogo, quando racconta che mentre scriveva il racconto “Brava gente di campagna” il finale le si presentò all’improvviso. Ecco: questa è la curiosità, vale a dire la predisposizione dell’autore a proseguire nel cammino, non per imporre la sua visione.

Ma perché forse là davanti c’è quello che serve alla storia. E il carburante che spinge a proseguire un autore non è certo la tabella di marcia che ha costruito. Ma è appunto la curiosità.

Lui stesso non ha le idee chiare su come si sviluppa la faccenda. Che cos’ha in mano? Un’immagine dalla quale la storia ha preso avvio, e poco altro.

Si appassiona a quello che accade, e prosegue perché sa, in maniera confusa, che è lui che deve imparare qualcosa da quello che racconta. Questo è un concetto che pochi sono disposti ad accettare, perché sono persuasi che la storia sia al loro servizio.

L’ho mai detto che una delle qualità di chi scrive è l’umiltà? Non si scrive per mettersi in mostra (o meglio, accade ma dopo, prima c’è spazio solo per la storia). Ma perché la storia insegni qualcosa anche a chi scrive. Si procede per sapere che cosa ci regalerà, quale sarà il segreto che ci svelerà.

La curiosità come molla, quindi. Andare avanti per sapere come andrà a finire non è solo una faccenda che riguarda il lettore. Bensì anche chi scrive. Alla fine il testo dovrebbe essere una sorpresa soprattutto per chi scrive. E capace anche di parlare una lingua migliore di quella dell’autore.

 


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog