la tosse non accenna a calare, non si placa neanche guardando sandro bondi in tv, anzi, direi che in quel caso peggiora.
per cui siamo passati agli estremi rimedi.
paracodina.
ed eccomi qua, col sitar in mano, circondata da campi fioriti di papaveri al vento, mentre accendo il narghilé, inseguo un sottomarino giallo insieme a lucy in the sky with diamonds e canto le lodi degli altopiani afgani.ieri sera, dopo giorni di latrati alla luna, HDC si è stufato di sentirmi affogare ogni cinque minuti e mi ha intimato dieci gocce del terribile farmaco.
il medico aveva sentenziato: “ma figurati! io quando sto male ne prendo fino a cinquanta!”
la prescrizione ne prevede fra dieci e trenta, ho optato per dieci.
“preferisci in un bicchiere con un po’ d’acqua, o direttamente in bocca?”
“uhm… in un bicchiere?”
“in bocca soffri di meno, ma il sapore è più forte”
“ok… proviamo”
“una… due… tre…”
le dieci gocce più lente dell’universo. sapevano di mastice e catrame appena mascherati da mentolo e culo.
ma ce l’ho fatta.
stava parlando ezio mauro a “che tempo che fa”.
questo è l’ultimo ricordo che ho.
mi sono addormentata sul divano, col gatto in testa che nei miei sogni era diventato una tigre giapponese, che salutava con la zampina come maneki -neko, il gattaccio che ho cercato per tutto il viaggio in giappone.
verso l’una e un quarto di notte HDC guardava rai tre e i rifiuti a napoli, il gatto era diventato un drago e io avevo in bocca il sapore di una sbornia mescolato alla sensazione di aver preso una mattonata nelle gengive.
ma in effetti non stavo tossendo.
mi sono trascinata a letto e mi sono addormentata come un sasso.
stamattina tossisco ancora come un camionista marlboro dipendente, ma credo che sarà difficile convincermi a prendere di nuovo “le goccine”…