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La Decima Mas dopo l’8 settembre 1943

Creato il 27 aprile 2013 da Casarrubea

Archivio storico Casarrubea- Partinico

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STATO MAGGIORE DELLA R. MARINA

II° Reparto

Sez. C. 5   Data, 11 giugno 1945

N. 366 bis

P R O M E M O R I A

8-settembre-1943-l-armistizio-corto-e-lo-sbarco-

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Argomento:   Organizzazione segreta della X^ M.A.S.

A Verona nei primi giorni del gennaio 1945, il Comandante Rossi Mario, della X^ M.A.S. iniziava gli accordi con le autorità tedesche della S.S. per costituire un servizio di spionaggio e sabotaggio in seno alla X^ M.A.S. contro le truppe Alleate. Il Rossi aveva soventi colloqui in merito con il Capitano della S.S. Tuhnel ed il Tenente Strauss.

Il Rossi non aveva però spiegato esattamente alle Autorità delle S.S. che avrebbe voluto creare un servizio che doveva funzionare indipendentemente in caso di ritirata delle truppe tedesche perché la X^ M.A.S. non avrebbe seguito i tedeschi in una eventuale ritirata in Germania.

Per accontentare però i tedeschi, il Rossi inviava di quando in quando alcuni elementi sabotatori nella zona occupata dagli alleati [esempio: Locatelli Gino, lanciato nella zona di Napoli].

Le S.S. si accontentavano di questi risultati e fornivano il Rossi di mezzi con molta larghezza.

Intanto, presi gli ordini dal Comandante Borghese, il Rossi preparava un reparto speciale a Montorfano che avrebbe dovuto essere il futuro nucleo dello spionaggio della Marina repubblicana in Italia Settentrionale occupata dagli Alleati.

A questi uomini venivano impartite istruzioni sul sabotaggio, sulla radiotelegrafia e sul modo di occultarsi nella vita civile.

Venne redatto un piano operativo in tre copie (scritte a macchina dal marò Tirelli Luigi ora arrestato). Una copia venne trattenuta dal Borghese, una dal Rossi che fu depositata al Banco di Roma e poi distrutta dal Tenente Gozzi.

In questo piano, dopo una breve premessa sugli scopi dell’organizzazione segreta, venivano altre due parti riguardanti: la prima, il modo con cui venivano organizzati i gruppi nelle varie città e l’elenco del personale, la seconda conteneva le direttive sulle azioni da svolgere.

A metà gennaio cominciò a concretarsi il piano e da Montorfano cominciarono a partire i materiali e gli uomini per le varie città.

Il Capitano Zanessi Angelo, non potendo rimanere molto assente da Verona perché sapeva di essere controllato dall’S.D. tedesco, incaricò il sottocapo Bucarelli di cercare di entrare in questa organizzazione e di interrogare i suoi compagni della X^.

Nel frattempo lo Zanessi allargo la cerchia delle sue conoscenze alla X^ e frequentò il Comando Tappa della stessa ove si presentò in divisa di Capitano della Marina repubblicana dicendo di essere ufficiale di collegamento con il Comando tedesco per la X^ Mas. Non arrischiò nulla perché sapeva che non era possibile un immediato controllo al Comando della X^ per accertare se egli fosse un vero o falso ufficiale della M.A.S.. In tali condizioni, riuscì a sapere quando voleva ed a conoscere soprattutto degli elementi che erano inviati a Verona ed a conoscere quanto sapeva il comando tedesco servendosi dell’amicizia personale del Tenente Strass e del Tenente Dittingen della S.D..

Ebbe pure qualche informazione dal Corvettencapiten Balzer, capo dello spionaggio della Marina tedesca a Verona, che aveva conosciuto a Roma e che aveva a Verona il suo ufficio in via A. Garibaldi 3 (Mar. Tra. Bu).

Nel complesso però lo Zenussi notava sempre più che il Comandante Rossi non teneva al corrente i tedeschi di tutto il suo piano e che mirava lentamente a formare una organizzazione di spionaggio e di sabotaggio non legata ai tedeschi, ma atta a funzionare indipendentemente.

Seppe poi che gli apparecchi radio a valigia venivano preparati a Crema da un certo Ferro.

Verso i primi giorni di marzo furono preparati dei falsi documenti di congedo per gli ufficiali e marinai senza però segnare il giorno del mese nella data. Il giorno fu poi scritto a mano in un secondo tempo.

Ognuno prese la copertura civile che gli era stata assegnata, chi era previsto di fondi appositi acquistò un esercizio pubblico, i radiomontatori e radiotelegrafisti ricevettero il materiale radio e presero la posizione civile di radiotecnico. Infatti a Milano, in piazza Squadrismo n°. 10, dove abitava il Ghirardelli, è stato notato un cartello; con la scritta: “radiotecnico”.

Verso il 10 marzo il Comandante Rossi ebbe un lungo colloquio con le S.D. e subito dopo giunge il Capitano Lo Cascio. Non è noto l’esito del colloquio, ma si è saputo che i due erano convinti della prossima occupazione da parte degli alleati dell’Italia Settentrionale ed erano contenti dell’approssimarsi della loro attività. Infatti giunto a Montorfano il Rossi imparti le ultime disposizioni e portò a termine la dislocazione degli uomini e dei materiali a Milano, Genova, Torino, Venezia e Bologna.

Il 25 aprile lo Zenussi cercò di sapere qualcosa direttamente dagli ufficiali della X^ che si trovavano asserragliati in Piazza Fiume ed entrato al di là dei reticolati in divisa di ufficiale della X^ si mise in contatto col Comandante Tappa di Verona che già conosceva, Tenente Gerin, cercando di sapere quali fossero stati i preparativi difensivi della X^ nei nostri riguardi. D’accordo col Comandante dei partigiani Riccardo, appena uscito dal carcere di S. Vittore, lo Zenussi riuscì a far disertare il presidio della X^ comandato dal Tenente Gerin che occupava la stazione radio di Milano.

Né il Rossi, né il Borghese fecero parola dell’organizzazione segreta; si seppe soltanto che furono impartiti ordini per rimanere collegati e di attendere ulteriori disposizioni.

E’ stato notato, successivamente, che nonostante la schiacciante vittoria degli Alleati, l’organizzazione non si sfasciò, anzi si rinsaldò. A Milano il Gozzi piantò una regolare contabilità per il reparto. Nessun elemento desertò e venne meno al suo compito. Vi fu un solo caso: quello del Tenente Mambelli che era destinato a Torino e fuggì con i soldi. I suoi dipendenti non si scoraggiarono e fecero capo a Milano. All’orchè si procedette agli arresti a Milano, tutti gli elementi furono trovati regolarmente al loro posto e perfettamente collegati. Agli effetti del giudizio sul loro operato e sulle loro intenzioni questo particolare ha un’importanza di primo piano in quando si esclude l’ipotesi che dopo il 25 aprile l’organizzazione non fosse rimasta in efficienza e che la loro colpa fosse quella di aver appartenuto ad una organizzazione che ha durato solamente fino all’occupazione Alleata.

E’ evidente che la responsabilità degli arrestati e solamente militare per quello che hanno fatto fino al 25 aprile e responsabilità di spionaggio e di organizzazione segreta contro lo stato e contro gli Alleati per i giorni che vanno dal 26 aprile fino al loro arresto.

Se non fossero stati sorretti da un ideale, quello cioè di mettere in esecuzione il piano operativo, ognuno sarebbe andato con i soldi di cui era largamente provvisto.

Difatti tutti speravano nell’abilità del Comandante Borghese che, a loro dire, sarebbe andato in questi giorni a Roma per trattare con le autorità alleate.

L’arresto del Comandante Rossi a Genova preoccupò tanto tutta l’organizzazione e si inviarono subito staffette a Como per vedere se era possibile fare qualcosa per liberarlo. Il Tenente Linetti voleva persino organizzare un colpo di mano alle prigioni di Genova, con alcuni elementi della X^, per liberare il Comandante Rossi. Fu sconsigliato dal Gozzi perché tale colpo poteva compromettere tutta l’organizzazione.

Lo Zanessi, presi accordi col Comandante dei partigiani Riccardo, Comandante Militare della Piazza di Como, iniziò le operazioni di arresto il giorno 19 maggio inviando contemporaneamente ufficiali e uomini a Genova e Torino onde svolgere azione contemporanea.

STATO MAGGIORE DELLA R. MARINA

II° REPARTO

Sez. C/5     Data, 11 Giugno 1945

N. 366

P R O M E M O R I A

Argomento: Atteggiamento della X^ dopo l’8/9/1943

Si riportano le notizie sull’atteggiamento della X nella forma integrale con cui sono state fornite da ufficiale superiore appartenente alla stessa.

Si può dire che tutta la X^ Flottiglia non accettò l’umiliazione militare dell’armistizio tragico perché, se pure l’adesione non fu totalitaria, lo stesso atteggiamento di rivolta fu preso da tutti i gruppi anche se geograficamente distanti:

Borghese e Longanesi a La Spezia – Wolk a Livorno – Buttazzoni a Roma – Lenzi all’ospedale di Siena. –

Attorno a queste figure rappresentative si raggruppavano subito moltissimi della X^, ed in genere di Generalmas, oltre a molti sommergibilisti.-

Ove si tenga conto del contegno assunto in Francia ed in Germania da gran parte degli equipaggi di quei sommergibili, colpisce il fatto che la nuova “X” trovava, in Marina, il massimo afflusso di elementi fra i combattenti dei mezzi speciali, di quelli insidiosi, dei Mas e dei Smgg., fra coloro cioè che avevano partecipato alla guerra navale nelle specialità più ardite e che maggiori successi avevano riportato.-

L’atteggiamento di rivolta è stato dovuto:

a)   alla coscienza esatta che la guerra non poteva finire in Italia con la pubblicazione dell’armistizio in quanto l’8 settembre essa era completamente occupata da una considerevole massa militare tedesca (14 divisioni, più forti aliquote di servizi vari, Aviazione e Marina).

b)   alla forma odiosa di pubblicazione dell’armistizio.

c)  alla visione obbrobriosa dello sbandamento delle forze armate italiane che, completamente disanimate dall’abbandono dei capi, si lasciarono disarmare come dei vinti.

I tedeschi offrivano tre soluzioni ai militari italiani: continuare a combattere, collaborare o astenersi.

Continuare a combattere significava potere avere ancora una bandiera propria, una propria divisa, una propria dignità; continuare a combattere significava rinnegare i capi che erano fuggiti e verso i quali tutto il popolo italiano (e chiunque abbia vissuto da Roma in su può testimoniare) sentiva ribrezzo, significava ancora potere sostenere la difesa legittima del popolo italiano dall’occupante tedesco con qualche probabilità di riuscita.

Pensare di annichilire il tedesco con la lotta partigiana era follia; bastava affacciarsi ad una finestra per vedere la fiumana di sbandati in divisa che scappavano “ dalla massa” come allora si diceva, bastava ascoltare  un qualsiasi discorso in tram, in treno o sulla strada per sentire esaltare la diserzione, sostenere che non se ne voleva sapere più della guerra.

Ad una rapida invasione – angloamericana non era da pensare, vista la velocità di invasione della Sicilia, ( si tenga conto che dopo 4 giorni dallo sbarco in Sicilia non esistevano più le truppe della difesa costiera – tutte o quasi disertate; due delle quattro divisioni di manovra italiane – Livorno e Napoli – distrutte; le altre due, Assetta e Esperia, dislocate nella parte nord, ormai smontate; praticamente solo due divisioni tedesche più sette mila uomini di artiglieria italiana e poche unità sottili della Marina hanno tenuto ancora per quaranta giorni).

Continuare a combattere voleva dire impedire al furore teutonico di rovesciarsi senza nessuno ostacolo sul popolo italiano e portare lutti e devastazioni ancora maggiori, voleva dire tentare di evitare che la guerra devastasse tutto il territorio italiano, ove si fosse potuto arrivare ad una stabilizzazione del fronte da mantenere fino alla fine della guerra, il cui epilogo, era già chiaro, si sarebbe avuto sui teatri operativi dell’Europa occidentale ed orientale.

Collaborare significava ridursi in volontaria servitù, accettare una posizione di sottomissione indegna di un popolo che, anche se improvvisamente colpito da collasso, nei suoi ultimi cento anni di vita aveva saputo dimostrare coraggio, dignità e meriti sufficienti ad annoverarlo fra i primi del mondo. La collaborazione era poi la strada particolarmente affine al modo di sentire e di vivere di tutta la peggiore classe italiana, quella degli egoisti profittatori, quella che aveva sempre saputo inchinarsi davanti a tutti pur di fare il proprio tornaconto. Era la strada battuta da tutti gli smidollati, i corrotti e diciamo pure i peggiori degli italiani.

Astenersi significava estraniarsi, dare in mano ai tedeschi la Nazione ed il popolo, riconoscersi territorio occupato militarmente, accettare tutti i soprusi e le vessazioni che all’occupato competono. E, si badi bene, dai tedeschi non c’era da sperare nulla in quanto la nostra posizione di traditori e mancatori di parola era ragione sufficiente per loro a considerarci come l’ultima genia del mondo ed a trattarci di conseguenza.

Una quarta soluzione si offriva al popolo italiano e questa di certo non offerta dai tedeschi: la via dei monti.

Alcuni reparti infatti la scelsero. Pochi reparti dell’Esercito, e non numerosi, si mantennero compatti nelle zone montane più favorevoli e non si fecero disarmare dai tedeschi. Erano in genere comandati da Ufficiali che cercavano di salvare il loro onore di soldati tentando la resistenza ai tedeschi ordinata dal proclama dell’armistizio, ma che data l’esiguità del numero e l’isolamento non potevano durare che breve tempo. I reparti si sciolsero rapidamente e gli uomini, in gran parte andarono a casa, mentre alcuni si aggregarono alle formazioni decise a continuare la lotta a fianco dei tedeschi.

Come si è già detto, nel 1943 non esistevano i presupposti per una guerra partigiana.

E’ appunto da questa situazione di fatto che scaturì in molti soldati la scelta della prima soluzione, quella cioè di continuare a combattere.

A tale passo molti, specialmente Ufficiali e Sottoufficiali del servizio permanente, trovarono dentro di sé una forte resistenza provocata dal vincolo del giuramento di fedeltà al Re.

Bisogna considerare che il Re in Italia era non solo stimato ma altresì amato dalla maggioranza del popolo; gran parte della politica interna ed estera del Governo fu accettata dalla massa perché avallata dalla firma o dalla parola del Sovrano. Fra i militari del servizio permanente poi, il Re godeva di una autorità indiscussa. In Marina infine ricordo di avere inteso a bordo di qualche nave in momento di particolare pericolo molti moccoli e qualche bestemmia, mai però mi è successo di sentire qualcuno accennare in modo meno che riverente alla Maestà del Re. Era sopratutto radicato nella mente dei suoi soldati il convincimento che la sua lealtà era superiore ad ogni sospetto. Vittorio Emanuele era sempre l’uomo del convegno di Peschiera che riscattò con la sua fiducia l’onore dell’Esercito barcollante dopo Caporetto, era sempre il pronipote di Carlo Alberto che aveva saputo abdicare per salvare il Piemonte, la rischiosa avventura dell’Unità d’Italia fortunatamente per lui finita bene (oggi tutti sono contro la Monarchia dei Savoia e tutti sanno dimostrare, come hanno fatto, che la sua popolarità era basata sulla dabbenaggine del popolo italiano perché i Savoia tutto hanno buttato a mare pur di salvare il trono; ad ogni modo fino alle 18.30 del tragico 8 settembre 1943 le forze armate italiane, ed in particolare la Marina, adoravano il loro Re).

Era sopratutto radicato nella mente di tutti i militari che quella frase del giuramento: “il bene inseparabile del Re e della Patria” fosse una realtà impossibile ha subire qualsiasi mutamento fino a che Vittorio Emanuele era sul Trono.

Ed il 25 luglio, che pure segnò un momento molto critico della nostra vita nazionale, fu accolto da tutti con la massima disciplina. Fra i soldati al fronte la cosa apparve un po’ strana essendo noto il lento ma continuo sgretolarsi del fronte interno, ma in ciò si vide sopatutto l’intervento del Sovrano per sostituire un regime che ai fatti della guerra si era dimostrato demagogico, poco serio e niente preparato, con un governo militare atto ad affrontare con energia le ore tragiche che si preparavano per la Patria.

E’ da notare come fra i soldati al fronte si ritenesse che le operazioni avrebbero subito una svolta decisiva non appena il nemico avesse messo piede sulla Penisola. Non che si ritenesse di poter cambiare le sorti della guerra, ma tolto di mezzo l’ostacolo ormai insormontabile delle comunicazione marittime annichilite – si era certi che il nemico avrebbe trovato pane per i suoi denti nella resistenza ad oltranza che il nuovo Esercito avrebbe opposto. E ciò malgrado il comportamento poco buono di gran parte delle truppe della Sicilia, in quanto in Sicilia esistevano alcuni fattori particolari sfavorevoli a noi: mancanza di comunicazioni marittime, con impossibilità di ammassare truppe nelle zone d’attacco, morale depresso della popolazione per i bombardamenti a massa con impossibilità – soprattutto per disorganizzazione locale oltre che per impossibilità materiali – di riparare almeno in parte ai danni, completa disorganizzazione dei servizi alimentari e ferroviari, presenza di forti aliquote di truppe regionali. Tutto ciò nella Penisola sarebbe mancato e quindi la resistenza sarebbe stata effettiva.

Le assicurazioni del Governo Badoglio fecero appunto rafforzare tale convinzione, mentre il sopraggiungere di nuove forze tedesche confermava la possibilità di infliggere finalmente all’VIII° armata britannica ( già tenuta a bada da Messe in Tunisia) ed alla V° americana una sconfitta in campo aperto.

Su questo quadro della situazione piombò il fulmine dell’armistizio unilaterale, armistizio incomprensibile per chiunque sapesse come 14 divisioni tedesche (di cui alcune corazzate) valessero – anche a parità di condizioni morali – almeno 45 nostre di cui nessuna corazzata per la superiorità di armamento, di addestramento, di esperienza combattiva; per chi sapesse, per averlo visto in Sicilia, come le nostre truppe erano in un momento di crisi morale, tanto che bastava una qualsiasi sorpresa per toglier loro ogni mordente; per chi sapesse come chiedere di punto in bianco a dei soldati di assaltare individualmente gli alleati di tre anni (anche se questi alleati erano in ben poco simpatici tedeschi) era cosa impossibile.-

Sarebbe occorso una delle due cose:

-   aggiungere al proclama che alle truppe tedesche erano concessi “Tot” giorni per evacuare l’Italia e ordinare contemporaneamente ai più alti comandanti militari di prendere in tal senso accordi di dettaglio,

-   rinchiudere il Re e il Badoglio a Roma e ivi resistere ad oltranza ad ogni assolto tedesco.-

Ciascuna delle due soluzioni sarebbe stata infelice in quanto non era concepibile trattare un armistizio isolato durante una guerra combattuta a fianco di un alleato e quindi l’onore nazionale (già giocato con l’entrata in guerra del 1915 e ulteriormente compromesso con l’aggressione alla Francia nel 1940) sarebbe stato gravemente insudiciato, ma almeno si sarebbe salvata la coesione nazionale e si sarebbe potuto permettere il salvataggio dell’onore dell’esercito.

Nessuna delle due soluzioni fu adottata ed il risultato dell’armistizio superaffrettato e supersemplicista fu quello che tutti conoscono: avvilimento della nazione, sacrificio enorme delle armate di occupazione soprattutto dei Balcani, disarmo dell’esercito, cinquecentomila prigionieri in Germania, fuga di tutti i capi responsabili, consegna della flotta nei porti nemici, di quella flotta che era stata assente dai mari della Sicilia.-

In questa situazione sembrava che il bene del Re e quello della Patria si fossero irrimediabilmente dissociati.- Dei due soggetti il primo appariva in fuga ansioso solo di salvare la propria persona fisica mentre la seconda veniva percossa ed infangata dagli atti, dalle parole e dalle insolenze uscenti dalle bocche straniere e purtroppo anche italiane.- (In quei terribili giorni i soli a non imprecare furono i pochi incoscienti che credevano di vedere sbarcare in una settimana su tutti i lidi d’Italia una marea anglo-americana tale da annichilire con la sola presenza i tedeschi ed evitare così ogni distruzione, pochissimi altri piangevano lacrime amare di dolore su tanta rovina).-

In queste condizioni molti militari ritennero che fosse loro dovere abbandonare il Re alla sua fuga poco onorevole e restare vicini alla Patria per sollevarla di quel poco che sarebbe stato ancora loro concesso.=

Il numero di costoro è difficile a potersi precisare oggi, ma è da ritenere che si aggirava sui duecentomila soldati almeno.- Costoro o rimasero come reparti completi a continuare la guerra a fianco dei tedeschi o con iniziativa singola chiesero ed ottennero di entrare a far parte dell’esercito tedesco.-

La bandiera della X^ Flottiglia MAS non era mai stata ammainata e questa bandiera, la sola forse che entro il territorio metropolitano non si fosse abbassata con la resa all’occupazione anglo-americana né inchinata all’occupante tedesco, attirò intorno a se migliaia di uomini di tutte le età e di tutte le armi.- Essi erano soprattutto guidati dall’esempio degli affondatori di Gibilterra, di Alessandria, di Suda e di Malta che nel partire per le azioni offensive sapevano già come per loro fosse quasi impossibile ritornare, e come questi sapevano che dai sacrifici e dai rischi ai quali si esponevano non potevano sperare di vincere una guerra già perduta, ma contavano di salvare ciò che ancora si poteva salvare, soprattutto l’onore delle forze armate.- E la bandiera della X^ sin dai primi giorni della sua seconda vita porta scritto questo solo motto: “Per l’onore”.-

Tutto ciò avveniva al di fuori di qualsiasi ripresa civile o governativa del paese, in un campo prettamente militare.-

Gli aderenti alla X^, non solo non attesero né guardarono ad una ricostituzione del governo, ma quando questo si formò con uomini politici già noti, essa mantenne le distanze in attitudine di sospetto ed indagine quando, ai primi di Novembre, il neo partito fascista repubblicano cominciò a germogliare, prese un atteggiamento nettamente contrario, atteggiamento manifestatosi soprattutto nel dissidio, praticamente mai colmato, con la marina repubblicana, considerata quale espressione della malafede, delle cattive abitudini, e dei sistemi moralmente poco puliti del peggiore periodo del fascismo anti 25 Luglio.-

Il dissidio scoppiò nei fatti del 9 Gennaio 1944 (arresto del Capitano di Vascello Bedeschi), nel successivo arresto del Com/te Borghese e terminò, nel mese di Marzo, con l’allontanamento del Sottosegretario Ferrini compilatore dell’accusa di tentativo di colpo di stato da parte delle 3 medaglie d’oro: Borghese – Grossi e Arillo.-

Tale atteggiamento fu anche manifestamente mantenuto nella tessera di riconoscimento che fu sempre quella della X^ e mai quella del Ministero.- Ciò aveva grande importanza in quanto la X^ si considerò sempre alleata con i tedeschi a parità di condizioni, mentre il governo accettò un trattamento di inferiorità palese nei riguardi dei tedeschi (reparti misti, nessuna unità navale né terrestre, regolamento di disciplina tedesco e tribunali tedeschi ecc.).

Riassumendo, l’indirizzo della X^ fu quello di continuare la lotta contro gli anglo-americani, non riconoscere rispetto ai tedeschi nessuna condizione di inferiorità mantenendo nei loro riguardi un atteggiamento estremamente energico, rifiutare qualsiasi assorbimento politico e sostenere che anche quando tutto è perduto è dovere di ogni uomo difendere l’onore della nazione.-

Furono fissati i punti fondamentali dell’atteggiamento della X^:

-   L’Italia non si confonde né con un partito politico ormai svilito dalle proprie malefatte né con un gruppo di alti funzionari dello Stato che non hanno saputo né fare la guerra né fare la pace.-

-   L’onore dell’Italia è superiore a qualsiasi interesse privato e, ormai che tutti gli interessi materiali della nazione sono stati compromessi, è l’unico bene spirituale che ci rimane e va difeso ad oltranza contro tutti; quindi raggiungere al più presto il fronte in terra e in mare per combattere l’invasore anglo-americano, e contegno energico verso l’occupante per non ammettere alcun sorpruso.-

-   Un governo italiano di fatto non esiste e quindi non è concepibile coprirsi di galloni e insignirsi di cariche dai nomi roboanti; quindi niente promozioni se non quelle concesse sul campo.-

-   Lotta a qualsiasi forma di disonestà sia morale che materiale.-

-   Evitare qualsiasi ulteriore scissione fra gli italiani; quindi forze armate composte soltanto di volontari e nessuna combattimento contro quelli della montagna.-

BREVE CRONISTORIA DEGLI AVVENIMENTI

Il 14 Settembre, il pugno di uomini rimasti a La Spezia, confermava alle autorità tedesche la decisione di continuare a combattere e il Capitano di Fregata Borghese firmava un accordo in base al quale alla X^ Flottiglia MAS veniva riconosciuta la qualità di alleata delle forze armate germaniche e che tutti i materiali e immobili ad essa appartenenti rimanevano di sua proprietà.-

Tale accordo veniva confermato a Berlino verso il 20 Settembre, dove inoltre la Marina germanica si impegnava di affidare unità navali alla X^ e al Betasom per la continuazione della guerra. Parte degli equipaggi di Gotenhafen venivano avviati a La Spezia.-

Verso i primi di Ottobre giungeva a La Spezia una piccola autocolonna al comando del Maggiore del G.N. Bardelli con una quarantina di uomini del San Marco armati e con bandiera italiana.- Venivano da Pola e nel tragitto ebbero accoglienze trionfali dalla gente che non poteva credere ai propri occhi.- Il ricordo delle torme di disarmati fuggiaschi erano ancora troppo vivo.-

Alla stessa data con l’arrivo degli uomini di Buttazzoni (NP) e di Wolk a La Spezia c’erano circa 300 uomini.- (Il 14 Settembre erano 30).- Di questi, circa 150 erano dell’esercito e furono subito aggregati al San Marco essendosi decisa la costituzione di un battaglione di fanteria di marina da inviare al fronte.- Inoltre da ogni parte dell’Italia arrivavano adesioni e si preannunciavano arrivi di uomini.-

A fine Ottobre il numero era di 2.000; in Novembre e Dicembre l’afflusso fu fortissimo tanto che per le impossibilità materiali di accasermare, vestire, equipaggiare ed inquadrare tale massa di uomini, moltissimi furono rimandati a casa.- Fino al mese di Febbraio compreso 300 – 400 unità giornaliere; in Marzo la leva delle classi dal 20 al 25 lo fece diminuire notevolmente, inoltre in Aprile il governo proibì gli arruolamenti, che dovevano essere fatti soltanto dalle federazioni dei fasci, e l’arruolamento si ridusse a ben poco.- L’andamento delle operazioni belliche e la propaganda anglo-americana mantennero tale riduzione dal mese di Maggio in poi.- Ad ogni modo la X^ arruolò in totale più di 30 mila uomini.- Dico subito che la metà di tali uomini fu allontanata dalla X^ nel lavoro continuo di selezione che fu sempre fatto fino all’ultimo giorno.-

Come è facile comprendere un simile sviluppo non solo non era stato supposto, ma per di più metteva di fronte al problema pratico di far vivere tutti questi uomini, di vestirli, armarli ed equipaggiarli.- Il massimo delle cure fu dato al reparto mezzi d’assalto (entrata in azione alla vigilia dello sbarco a Nettuno 20 Gennaio 1944); fu quindi fatta una cernita molto accurata per scegliere nella massa gli individui più idonei da inviare alla scuola preparatoria dei mezzi d’assalto prima e poi alle 3 scuole assaltatori.- I Marinai restanti vennero tutti raggruppati nel così detto “Reparto Navale” per costituire gli equipaggi dei MAS e nel “Reparto Subacqueo” per gli equipaggi dei sommergibili trasportatori (i 3 affondati al Muggiano e di cui fu subito iniziato il ricupero); i non marinai furono inquadrati nei battaglioni del San Marco; in particolare i paracadutisti vennero inquadrati nel battaglione NP.-

La Marina tedesca si urtò immediatamente dello sviluppo preso dalla X^ e manifestò subito la sua netta opposizione perché il suo piano, accettato dal governo, prevedeva soltanto uomini (tipo pecore) per equipaggi e reparti misti comandati da tedeschi, per reparti scaricatori, oltre a una serie di “Comandi Servizi Marina” con incarichi puramente amministrativi.- (Far parte di quei Comandi, secondo i tedeschi, voleva dire praticamente commerciare in “avorio nero”.- bianco nel nostro caso.- Soltanto degli smidollati decisi a salvare solo se stessi senza farsi scrupolo del lavoro svolto avrebbero potuto farlo.- Merito della X^ di aver subito capito dove si voleva finire e di essersi rifiutata di aver a che fare con simile incarico).-

Come conseguenza la Marina tedesca fornì alla X^ soltanto il minimo indispensabile per i mezzi d’assalto, consegnò sei MAS ed una motosilurante, osteggiò il recupero dei sommergibili trasportatori, di cui però alla fine tentò di assegnarne solo uno alla X^, e per il resto diede praticamente soltanto i viveri.- Nessuna arma, nessun equipaggiamento, non una divisa, non un automezzo.- Nulla.-

Neanche il Ministero della Marina diede nulla perché impiegava gli autocarri a trasportare la roba del Ministero da Roma a Belluno, e del resto non aveva nulla; anche il danaro era negato ed intanto i fogli d’ordini portavano promozioni su promozioni per meriti speciali degli Ufficiali di Belluno.-

L’atteggiamento della X^ fu deciso: aperta lotta con la Marina germanica i cui ordini venivano boicottati ed eseguiti soltanto nella parte strettamente indispensabile onde non scatenare il furore teutonico, aperta presa di posizione verso il Ministero al quale venne chiaramente rinfacciata la dappocaggine, l’incapacità, la malafede e l’arrivismo. (Borghese non accettò la promozione a Capitano di Vascello ufficialmente comunicatagli dal Ministero).-

Bisognava però risolvere il problema e da soli.-

I tedeschi avevano bloccato per se tutta la produzione italiana di ogni genere e occupati tutti i magazzini; requisivano tutto il materiale già appartenente allo Stato e tutte le scorte rintracciabili.- Si trattò di metter le mani su tale roba e portargliela via sotto il naso.- Si fece ciò soprattutto nel campo delle armi e degli automezzi.-

Una falange di italiani si dedicò con sviscerato amore ed enorme alacrità soprattutto nei primissimi giorni dopo l’8 Settembre all’occultamento di roba (sopratutto automezzi “rubata” a depositi militari ed alla successiva vendita in proprio sul così detto mercato nero.-

Si tentò di recuperare parte di tale roba e il resto si acquistò cercando di pagare (e quindi di far pagare allo stato), delle somme il meno esagerato possibile.- In questo campo si trovarono legioni di collaboratori; masse di persone di ambo i sessi affollavano il Comando per indicare roba nascosta (per la quale volevano premi di recupero) od offrirne altra in vendita clandestina a prezzi proibitivi.

(per inciso nessuno, almeno in Marina, avrebbe creduto mai che in Italia esistesse un concorso così totalitario a formare le torme di volgari profittatori e di farabutti).-

La X^ dovette, soprattutto nei primi tempi, soggiacere a questo stato di cose e rassegnarsi ad uno stato di fatto che investiva tutta la Nazione (parlo di quando si combatteva ancora a Salerno). Evidentemente però fu dato in testa ai ladri che si erano appropriati indebitamente della roba dello Stato e che la volevano rivendere allo Stato a prezzi esosi, ai delatori interessati che volevano premi e ricompense, ai signori del mercato nero.- Ciò ha covato alla X^ degli odi che evidentemente oggi la fanno bersaglio delle più basse calunnie.- Si noti che la sfacciataggine dei profittatori è stata tanta da non farsi scrupolo di indossare addirittura la divisa della X^ e maneggiare poi per ottenere incarichi di approvvigionamento.-

Essi sono stati però quasi tutti individuati e cacciati dalla X^ o rinviati ai tribunali nei casi in cui esistevano le prove incriminanti.- Non occorre dire che costoro, quasi tutti, hanno trovato e trovano modo di passare per vittime politiche e rappresentano un’altra categoria di calunniatori.- Oltre a ciò sono essi quei tali che più si sono fatti notare e giudicare male per aver frequentato gli ambienti e gli uomini del mercato nero.- La X^ può dire soltanto e al caso dimostrarlo, che essi sono stati quasi tutti eliminati e che oggi si vedono ancora in giro indaffarati a giocare gli stessi giuochi con i vincitori.- E’ certamente gente che a lungo andare potrà essere messa in condizione di non nuocere ulteriormente alla nazione, ma è altresì doveroso riconoscere che più di quanto è stato fatto dalla X^, contro di loro non era possibile fare date le condizioni di disordine del paese e soprattutto le condizioni di impossibilità di funzionamento della giustizia nei venti mesi dopo l’8 Settembre quando essa fu prima inesistente, poi bloccata dall’errore della leva (250 mila disertori) e infine paralizzata dal fatto che ogni processo assumeva aspetto politico.-

In questo clima i lestofanti, i quali checchè dicano oggi, sono volontariamente appoggiati alle organizzazioni di sfruttamento tedesche onde sfuggire ancor meglio alla giusta repressione, hanno pullulato e pullulano.-

Va infine rilevato che dopo circa un anno di vita la X^ era riuscita ad istituire degli organi i quali funzionavano con regolarità ed avevano abolito qualsiasi inframmettenza di sporchi individui.-

Immediatamente dopo venne intensificata l’epurazione in quanto nella nuova atmosfera di ordine tutti gli zoppi poterono venir individuati.-

A metà Novembre mentre tutte queste attività erano in atto, la X^ tentò di dedicare tutte le sue forze soltanto al campo navale e per questo furono intavolate trattative con il Ministero della Marina per sistemare la questione della fanteria di Marina. Il problema non era semplice dal lato psicologico perché gli uomini non volevano sentir parlare di forze dipendenti direttamente dal governo a indirizzo esclusivamente politico e soltanto nello scudetto della X^ vedevano chiaramente definito l’impulso a carattere apolitico unicamente nazionale che li spingeva.- Inoltre la X^ si era impegnata di puntare energicamente i piedi onde evitare un invio in Germania a qualsiasi titolo, addestrativo od altro.-

Negli ambienti del Ministero questa situazione di fatto venne interpretata nel modo seguente: avversione al fascismo e tentativo del Borghese di costituirsi un esercito personale con scopi non bene definiti, ma certamente poco puliti.-

In questa atmosfera la situazione non venne definitivamente risolta, ma si decise solo la nomina del Comandante e del Comandante in 2^ del Reggimento San Marco: Capitano di Vascello Bedeschi e Capitano di Fregata Tortora.-

Il Capitano di Vascello Bedeschi rimasto in Comando per 40 giorni, si fece notare per la sua assenza da La Spezia.- Fece due o tre lunghi viaggi con rapide capatine a La Spezia.- Ad ogni viaggio corrispondevano ordini maleaccettati.- Fu pubblicato sul foglio d’ordini che il San Marco non faceva più parte della X^ e dipendeva direttamente dal Gabinetto; si seppe, e arrivarono gli ordini che il primo battaglione pronto come quadri doveva andare in Piemonte (pezzo di lotta antipartigiana) i partigiani allora esistevano solo in Piemonte) anziché al Sud per il rapido addestramento prima e per l’impiego subito dopo, si disse che il Cap. di Vasc. Bedeschi avesse proposto – nel suo ultimo viaggio – al Capo del Governo di mettere il San Marco in camicia nera.-

Il Capitano di Vascello Bedeschi era squadrista e benché il suo passato di guerra fosse giudicato bene, non altrettanto era apparso chiaro quello all’8 di Settembre.- Il Capitano di Fregata Tortora sosteneva tutto ciò che il C.V. Bedeschi faceva.- Il 6 Gennaio il Maggiore Bardelli, Comandante del 1° Battaglione, fu chiamato a Belluno dove ebbe ordine di raggiungere subito il Piemonte (il Battaglione non era ancora equipaggiato e l’armamento era composto di soli mitra).- La sera dell’8 era di ritorno a La Spezia.- Il Com/te Borghese era assente.- In una riunione di suoi ufficiali informò degli ordini ricevuti; da questo fu a sua volta messo al corrente che il mattino seguente il C.V. Bedeschi aveva disposto una assemblea generale in cui si riteneva avrebbe informato la gente della partenza per il Piemonte e della storia – così si credeva – della camicia nera.-

Mezz’ora prima dell’assemblea il Maggiore Bardelli arrestò il Com/te Bedeschi e il Com/te Tortora e li consegnò alla Federazione del fascio di Firenze.-

Fu anche ventilato il proposito di autotrasportatore un reparto a Brescia ed imprigionare Renato Ricci Comandante generale della guardia repubblicana ritenuto sostenitore dell’accentramento delle truppe italiane in Piemonte per i noti scopi di guerra civile.- Non era realizzabile materialmente.-

Successe il finimondo. Borghese invitato telefonicamente alla Spezia per eseguire una inchiesta viene subito dopo telefonicamente convocato a Gardone per riferire al Capo del Governo. Dopo essere stato spinto a deporre la pistola con un trucco da operetta viene introdotto invece che dal Capo del Governo in una stanza secondaria e dichiarato in arresto da un Generale o Colonnello della Milizia. Trasportato a Brescia viene chiuso in fortezza per un giorno e poi trasferito per altri undici in una villetta e sorvegliato da sei o sette Ufficiali della guardia. I due Ufficiali che lo accompagnavano vengono arrestati e tenuti in fortezza per sedici giorni.

A La Spezia la X^ si barrica nella caserma con le armi pronte in attesa del reparto delle S.S. Tedesche di cui è previsto l’arrivo per l’arresto collettivo, decisa a sostenere il combattimento.

I Capitani di Corvetta Allegri, Arillo e Lensi comandano i reparti di La Spezia. Le S.S. non giungono; i tedeschi si disinteressano della cosa. Negli ambienti del Ministero ed in genere in tutti quelli ligi al Governo si accusa la X^ di essere una banda di pirati e si spargono le peggiori calunnie. Il Capitano di Vascello Grossi, subito informato, viene in Italia e per la sua intromissione Borghese viene rilasciato ed incaricato di eseguire l’inchiesta già ordinatagli.- In tutto questo pandemonio la X^ continua il suo lavoro ed intanto il battaglione parte per Cuneo, comandato dal Capitano Vallauri, ma informa il prefetto Quarantotto che intende continuare l’approntamento e si rifiuta di fare lotta antiribelli – ciò è accettato.- La sosta dura pochi giorni ( una quindicina).-

Si riesce a sapere che la accusa principale è quella di preparazione di un colpo di stato.-

Viene inviato un generale di divisione ad eseguire l’inchiesta per conto del Ministero forze armate.-

Dopo molte discussioni anche violente, nelle quali si infilano tutti i Ministri e tutti i pezzi grossi del partito fascista, l’accusa di colpo di stato viene smontata.- Nuova lotta perché il governo non vuole allontanare il Sottosegretario Ferrini.- Alla fine la X^ la spunta e l’Ammir. Sparzani sostituisce il C.V. Ferrini.-

Il 1° Battaglione ribattezzato “Barbarigo” è in possesso del minimo indispensabile per poter alla meno peggio andare al fronte; viene chiesto e viene accordato che, quasi a riparazione dei fatti del 9 Gennaio, il battaglione vada al fronte.- I tedeschi concedono e il Barbarigo, rientrato da Cuneo, ai primi di Marzo raggiunge Roma e poi si sposta a Nettuno.- Il Maggiore Bardelli esce di straforo dalla fortezza e prende il comando del Battaglione; fino a quando il battaglione non è entrato in linea il Capo del Governo e il Maresciallo Graziani, malgrado le insistenti domande non riescono a sapere il nome del Comandante.-

Bardelli a Roma deve pensare a dare al Battaglione tutto ciò che gli occorre per fare la guerra.- Ottiene tutte le armi dai tedeschi, costituisce anzi il primo reparto di artiglieria con altri uomini inviati da Spezia.- Procura il resto attraverso le autorità italiane di Roma malgrado il boicottaggio degli uni, la diffidenza e l’avversione degli altri.- Il battaglione a Nettuno si sobbarca prima la linea e nei turni di riposo, compie l’addestramento nelle retrovie.-

E’ della stessa epoca l’invio dei MAS, oltre ai mezzi d’assalto, ad operare contro la testa di ponte di Nettuno.-

La Marina tedesca si dimostra sempre più infida e cresce sempre più il contrasto con la X^ che non vuole chinare la testa.

Essa informa definitivamente che non intende occuparsi della fanteria di Marina e non da neanche un’arma. Desidera che tutto il San Marco sia messo a sua disposizione per suddividerlo per incarichi costieri in reparti misti. Intanto a Spezia il 2° battaglione “Lupo” ha completato i suoi quadri (è ancora in borghese) e fa già addestramento.

Il Com/te Borghese, entrato in contatto con l’esercito tedesco dal quale dipende il Barbarico, ottiene che il “Lupo” sia armato dall’esercito e sia inviato ad addestrarsi presso una divisione tedesca di secondo impiego nell’Italia centrale. E’ di questo periodo la chiamata delle classi di leva, l’errore più colossale fatto dal Governo repubblicano e dai tedeschi.

Il governo fascista era mal visto da tutti e viveva soltanto perché appoggiato e imposto dai tedeschi. C’erano molti italiani di tutti i casi di tutti i ceti convinti che si doveva combattere ancora; neanche questi però intendevano confondere la loro dedizione per la Patria ad una adesione al fascismo. Questi sarebbero accorsi volontari in formazioni militari di tipo X^ ; gli altri sarebbero rimasti a casa a lavorare.

Esisteva poi il “terrore della Germania”; nessuno si fidava di andarci e nessuno ci voleva andare. Infine nulla esisteva per accogliere, vestire ed equipaggiare tanti uomini; né caserme, né Ufficiali, né mezzi. La leva infatti diede 350.000 uomini; di essi sembra che 270.000 abbiano disertato. Era da prevedersi ancora peggio. Forte il problema dei renitenti e dei disertori – i bandi di amnistia non fecero nessun bene perché la condizionavano ad un reingresso nel FF.AA., reingresso ormai impossibile per la perpetuazione dell’impossibilità materiale di tenere gli uomini e per il nuovo problema dei partigiani.

La X^ sconsigliò tale atto, ma il Ministero (ancora Ferrini) non volle intendere ragioni. La X^ offrì, se non veniva messa la leva, di dare una divisione di volontari da addestrare in Italia in breve tempo. Non fu accettato. Sia per i tedeschi che per il Governo il ragionamento si faceva sulla carta e non sullo spirito e sulla volontà degli uomini.

La X^ fornì alla divisione di fanteria di Marina 3.000 volontari non Ancora vestiti, informato in precedenza di dover accettare l’addestramento in Germania.- Essi accettarono.- La Marina chiamò due sole classi di leva.-

Parte degli uomini entrò nella divisione San Marco, parte fu data alla Marina tedesca per i reparti misti.- Rimasero circa 1.000 uomini.- Si trattava di specialisti che, opportunamente selezionati all’atto della leva, si volevano riservare alle unità navali promesse dai tedeschi al Ministero della Marina.-

I tedeschi invece non solo non diedero le unità ma avanzarono una nuova richiesta esorbitante (se non erro di 12.000 uomini) per costituire dei battaglioni di nebbiogenisti da inviare sulle coste del mare del Nord.- Fu mentre il Ministero preparava il bando di richiamo di una terza classe di leva che la X^ da una parte puntò i piedi e dall’altra tentò di salvare gli uomini dei suoi battaglioni (nuovamente imperiosamente richiesti dalla Marina germanica).-

Con il comando dell’esercito tedesco si buttarono le basi per la riunione dei vari battaglioni già costituiti ed in costituzione in una unità organica italiana da chiamarsi “Divisione X^”.- I tedeschi in un primo momento si lasciarono strappare una adesione di massima; su questa adesione si iniziò il lavoro malgrado l’opposizione e le proteste della Marina germanica, gli ordini di scioglimento e le minaccie del Ministero FF.AA. italiane.- Si passava ogni giorno dalla minaccia di arresto collettivo alla effettiva possibilità di veder realizzata tale minaccia.-

Tralascio la parte riguardante i mezzi d’assalto, i MAS, i sommergibili, gli assaltatori e gli NP il cui lavoro organizzativo ed il cui impiego continuava anch’esso tra mille difficoltà ed opposizioni perché queste erano di gravità minore e quelle della Divisione X^ in quanto era su questa massa di uomini che si appuntavano le mire di tutti per gli impieghi più strani ed inaccettabili (reparti misti, nebbiogeni, lotta antiribelli).-

Noterò soltanto gli avvenimenti più salienti.-

Il Ten. Col. Caralli, comandante in 2^ della neo Divisione X^, tracciò il seguente programma di costituzione della divisione:

Battaglione di fanteria: Barbarigo – Lupo – Sagittario

   “   arditi: NP. – Fulmine – Valanga

   “   genio: Battaglione Freccia

Artiglieria : 3 gruppi – Colleoni – Di Giussano – Da Barbiano.-

Venne iniziata la costituzione contemporanea di tutti i vari battaglioni in modo da potere evitare l’impiego fuori del fronte di ciascuno di essi.- Si voleva presentare la Divisione pronta tutta contemporaneamente per inviarla tutta insieme al fronte.- Il problema degli uomini non presentava difficoltà eccessive.- Le armi invece erano introvabili; si sperava di ottenerle dall’esercito tedesco.-

Ai primi di Maggio sorse un nuovo fattore di grave importanza: i partigiani, rinforzati dai disertori della leva, iniziavano le loro attività in tutta Italia.- Gli attentati terroristici nelle città furono intensificati mentre ebbero inizio su larga scala gli assalti alle strade montane ed ai treni.-

La X^ fino a quel momento aveva sempre deciso di ignorare l’attività partigiana rivolta verso i tedeschi od i fascisti ed infatti al fermo di elementi della X^ si era sempre risposto inviando dei parlamentari i quali spiegato il nostro programma ottenevano la restituzione dei prigionieri.- Molti erano i contatti avuti con i partigiani le nuove formazioni che nel Maggio iniziarono a lavorare in grande stile non erano però più composte da militari, ma soprattutto da gente di partiti politici – soprattutto comunisti. –

La X^ subì alcuni duri colpi: la bomba nel tram di San Bartolomeo, l’uccisione di alcuni uomini sul treno di Parma ed altri.

Benché fosse necessario prendere delle misure repressive per evitare che gli uomini fossero uccisi e massacrati come pulcini, pure nessuna azione importante fu eseguita e si ritenne ancora possibile mantenere un accordo mediante la propaganda e gli accordi diretti che furono tentati.

I tedeschi però cominciarono i rastrellamenti e le spedizioni punitive; per queste imponevano il concorso di aliquote di tutte le forze armate della zona. I reparti della X^ dovevano contribuire come gli altri; ad ogni modo non furono mai inviati nuclei superiori ai 15 – 30 uomini su colonne di trecento – quattrocento uomini. Inoltre in quell’epoca i partigiani ben difficilmente davano combattimento e quindi non si ebbero scontri particolarmente forti. Le cose peggiorarono nel mese di Giugno (intorno a Spezia) ed in quell’epoca si formò un gruppo di 50 uomini il quale partecipava alle azioni in montagna. Tale soluzione permetteva di rispondere negativamente alle ulteriori richieste tedesche quando il gruppo era fuori. Il gruppo visse circa trenta giorni e poi fu sciolto afferrando la prima occasione favorevole.

Ai primi di Giugno la presa di Roma e la conseguente ritirata dei tedeschi all’Appennino fecero di Spezia zona di prima linea ed imposero lo spostamento al Nord di tutti gli uomini in addestramento. Si dovettero scegliere posti in Piemonte e Lombardia e precisamente: la Div. X^ in Piemonte, i reparti navali in Lombardia. Il trasferimento avvenne tra il 10 giugno circa ed il 25 luglio.

E’ di questo periodo la definitiva rinuncia a farsi sovvenzionare dalla Marina germanica per quanto riguardava le unità di superficie. Si decise di tenere armate soltanto le squadriglie MAS (su 5 unità) in Tirreno e la motosilurante 75 in Adriatico. I quattrocento uomini pronti per ulteriore impiego navale vennero inviati a Pallanza per altro impiego. I sommergibili sia trasportatori che CB. Continuarono il loro approntamento.

Dopo la caduta di Roma il Barbarigo rientrò dal fronte e dopo una licenza raggiunse alla fine di giugno la divisione in Piemonte. Il Maggiore Bardelli, ufficiale più anziano dopo il Ten. Col. Caralli, era come questi contrario alla lotta antipartigiana che ormai sembrava inevitabile per gli ordini ricevuti dai tedeschi e dal governo oltre che per l’atmosfera del Piemonte.

Il Caralli, appena giunto in Piemonte, iniziò delle trattative con i capi partigiani della zona di Ivrea onde ottenere una soluzione di buon vicinato. Le trattative non portarono ad una chiara soluzione soprattutto perché i capi partigiani avevano ben poco in pugno i reparti dipendenti e praticamente non esisteva una autorità superiore capace di prendere impegni generali.

Ad ogni modo il Ten. Col Caralli nei suoi discorsi alle truppe ordinò di ignorare l’esistenza dei partigiani spiegando la ripugnanza a combattere contro gli italiani. Ciò provocò addirittura la reazione di elementi fascisti della X^, i quali presero un atteggiamento minaccioso accusando il comando di doppio giuoco. In questa atmosfera arrivò ad Ivrea il Marrire Bardelli. Egli aveva saputo dimostrare al fronte quanto fosse possibile ottenere dai tedeschi con un atteggiamento energico ed infatti si era rifiutato di considerarsi dipendente dai comandi germanici per tutto ciò che esulava dal campo operativo; fu in questo modo che disciplina e giustizia del reparto rimasero sempre totalmente in mani italiane e su questo precedente la X^  conquistò l’indipendenza di tutti i suoi reparti. Un altro dei punti fondamentali sostenuto dal Bardelli fu l’impossibilità di combattere i partigiani. A questo proposito il 7 Luglio 1944 colse un occasione opportuna per allontanare dalla X^ gli elementi più turbolenti. Il mattino dell’8 Luglio, accortosi che questi avevano approfittato di una sua concessione per portar seco più uomini e più armi di quanto da lui ritenuto giusto, si diresse con una vettura e un camion (40 uomini del Barbarigo) verso la stazione di Ozegna per fermare tutti i partenti.

Giunto sulla piazza del paese di Ozegna, visti due uomini armati e con fazzoletto rosso, li fece avvicinare e li incaricò di chiamare il loro capo per avere un colloquio. Per aderire il comandante partigiano chiese che gli uomini del Barbarigo non fossero armati e il Bardelli fece togliere i caricatori ai mitra. In mezzo alla piazza ebbe luogo il colloquio presenti in un primo momento una ventina di partigiani. Bardelli parlò per circa venti minuti spiegando come una guerra fratricida non poteva e non doveva aver luogo. Tale periodo di tempo fu sfruttato dai partigiani restanti per piazzare fucili mitragliatori agli sbocchi delle vie. Quando tutto fu pronto intimarono la resa al Barbarigo; Bardelli rispose:”il Barbarigo muore ma non si arrende”. Ci furono diciannove morti e tutti gli altri, dopo esaurite le munizioni, furono fatti prigionieri. Il cadavere di Bardelli, depredato di tutto fu lasciato sulla piazza. Particolare: quando venne ritirato due giorni dopo fu costatato che gli furono strappati i denti d’oro.

Questi sono i fatti che dimostrano come le azioni antiribelli furono provocate dai partigiani stessi malgrado la repulsione esistente nella X^.

Onde però uscire dal vicolo cieco in cui i tedeschi e gli italiani l’avevano trascinata, la X^ ottenne – dopo sforzi immani e senza alcun appoggio fattivo da parte del governo – di trasferire la divisione nel gorinziano onde combattere contro le bande di Tito.

Il trasferimento avvenne in due tempi per un contr’ordine dei tedeschi che riuscirono a fermare la divisione per un mese circa nella zona di Conegliano Veneto, dopo di che la lasciarono proseguire per Gorizia. Il battaglione Lupi invece dal Piemonte passò a Milano da dove partì per il fronte di Bologna.

I tedeschi si erano impegnati di inviare a Bologna tutta la Divisione dopo congruo addestramento in zona Veneto – Gorizia e dopo completamento dell’armamento.

Il trasferimento ebbe inizio, se non erro, nel mese di Ottobre e fu ultimato ai primi di Novembre.

Ai primi di Settembre, dopo l’affondamento dei sommergibili trasportatori per bombardamento aereo e dopo la sempre più netta presa di posizione contro la Marina tedesca, venne tracciato un nuovo programma di impiego di tutta la X^ che teneva conto delle enormi difficoltà frapposte dai tedeschi ad accettare un reparto totalmente italiano al fronte e delle promesse mantenute soltanto in parte di fornire le armi e gli automezzi per allestire i reparti.

Tale programma contemplava le basi di mezzi d’assalto e MAS in Tirreno ed Adriatico, il trasporto della divisione X^ nel periodo addestrativo nel gorinziano e quindi al fronte sud, il trasporto di tutti gli uomini rimanenti (Bat. Scirè – Castagnacci e Serenissima) nonché delle scuole assaltatori in Istria, la costituzione di reparti X^ a Trieste, Pola, Fiume.

Complessivamente si trattava di sistemare circa 3.000 uomini sulle coste ed altre 5.000 nel gorinziano. Tali reparti avrebbero costituito i nuclei su i quali potevano ripiegare almeno parte dei 7.000 soldati italiani esistenti già nella Venezia Giulia alle dipendenze dei tedeschi.

Fu senz’altro iniziata la procedura per ottenere dai tedeschi lo spostamento dei reparti e l’autorizzazione ad impiegarli sempre salvaguardando l’indipendenza dei reparti stessi.

Fino a quando la costa Istriana dipese dall’ammiragliato tedesco per l’Adriatico ( Amm. Litzmann ?) le trattative procedettero abbastanza bene; non appena l’Istria passò alle dipendenze del Comando Marina tedesca in Italia (metà Novembre), la cosa prima si arenò e poi bisognò rinunciarvi.

L’Ammiraglio Litzamann (?) subito dopo un discorso fatto ai marinai italiani in occasione della consegna del primo CB venne richiamato in Germania dove risulta fu messo a riposo.

La situazione della Venezia Giulia si poteva ritenere la seguente:

a)   – Autorità anche nominale del governo italiano inesistente.

Comandante supremo, dipendente soltanto da Hitler, l’austriaco Reiner Gauleiter di Innsbruck.

Generali ed alti funzionari civili tutti austriaci.

b)   – Politica neo-austriaca di favoreggiamento verso gli slavi calati nelle città a migliaia.

c)   – Abulia profonda nella popolazione italiana, incredula ancora di essersi veduta abbandonare l’8 Settembre in mano agli slavi e ai tedeschi senza nessuno, o quasi, reparto italiano che la proteggesse. Alcune migliaia di giovani specialmente fiumani, ancora decisi a combattere l’Italia incorporati in vari reparti della Milizia ( fra cui il battaglione “ M ” Venezia Giulia ) furono mandati in Piemonte per la lotta antipartigiana.

L’arrivo della Divisione X^, in Novembre, a Gorizia fece rialzare la testa agli italiani e montare su tutte le furie le autorità locali tedesche. Le angherie di costoro non si contano e culminarono nell’ordine, fatto venire da Berlino, di allontanare la divisione dalla Venezia Giulia. Vi furono episodi salienti; i tre principali sono le bandiere italiane esposte all’arrivo, i combattimenti di Tarnova e il tentato arresto del Comando Divisione terminato invece con la traduzione nella caserma tedesca dei soldati germanici disarmati dalla X^.

La consegna del gagliardetto al Battaglione San Giusto a Trieste, il discorso del Comandante Borghese trasmesso per radio e la sua ispezione a tutti i reparti della X^ e della Marina italiana in Istria culminò con il tentato arresto a Fiume del Comandante Borghese stesso. Vi furono poi delle scuse ma nessun altro reparto potè essere inviato in Istria.

In base a questo stato di cose, nel quale il governo brillò per la sua assenza, il Comandante Borghese chiese ed ottenne dal Generale Woli e dall’ambasciatore tedesco Von Rahn:

a)   – la Divisione X^ viene finalmente completata di armamento ed inviata al fronte sud su due gruppi da combattimento.

b)   – la Divisione X^ si addestra in zona Bassano dove non verrà mai chiamata ad azioni antipartigiane.

c)    - tutti gli uomini disponibili della X^ si incorporano nella divisione.

Questi accordi di fine dicembre – primi gennaio furono mantenuti. Al 25 aprile il primo gruppo da combattimento era già al fronte ed il secondo in preparazione e doveva partire il 25 maggio.

La divisione aveva ricuperato gli uomini dei battaglioni Castagnacci, Serenissima e Scirè.

Atutti i reparti della X^ vennero date consegne perché cessassero il combattimento con le forze anglo-americane onde finire lealmente e da soldati la loro vita e fu ordinato di opporsi con le armi a qualsiasi atto di devastazione delle truppe tedesche in ritirata.

Notizie integrative –

L’azione della X^ nel mese di aprile.

In previsione del crollo definitivo del fronte sud, la X^ si preoccupo’ di mettere in atto tutte le sue possibilità per evitare la tanto temuta distruzione finale delle truppe tedesche in ritirata. Il problema già era stato impostato dal settembre 1944. Il Comandante Borghese ottenne dal Generale Wolf a metà aprile l’emanazione dell’ordine, trasmesso in sua presenza, alle S.S. ed all’esercito di non compiere nessuna distruzione degli impianti industriali e delle città. Il Wolf non potè prendere impegni per la Marina che non ubbidiva che a Donitz, ma interessò l’indomani telefonicamente il Grande Ammiraglio il quale assicurò che il porto di Genova ove non scoppiassero disordini popolari sarebbe stato risparmiato. Ad ogni modo il Capitano di Corvetta Arillo si era già preoccupato del problema e, ricevuti gli ordini dal Comandante Borghese, aveva preparato un nucleo di uomini adatti per sabotare l’impianto centralizzato della diga e con i suoi uomini contava – come fece – di tenere a bada i tedeschi onde evitare il brillamento delle mine singole delle banchine.-

A Milano, il reparto della X^, era troppo piccolo e composto di uomini adibiti soprattutto a uffici e magazzini, tali quindi da non permettere un’azione diretta.-

Ai reparti dell’Istria fu ordinato di far fronte agli slavi affiancandosi a chiunque combattesse nella stessa direzione.-

L’improvviso crollo dell’esercito tedesco fece si che i reparti della X^ si trovassero di fronte ai partigiani.- Non risulta che alcun reparto abbia combattuto contro di essi.-

LE ACCUSE CONTRO LA X^

Ovunque oggi si sente dire che la X^ è stato un reparto simile alle Brigate Nere o alla Muti; con ciò ritengo si voglia dire che è stata a carattere completamente fascista, composta da gente decisa a combattere soltanto contro italiani, con compiti di polizia e nella quale soprattutto si pensava alla tasca ed agli interessi propri.-

Nella esposizione fatta si è parlato soprattutto della Divisione X^ perché gli uomini dei mezzi d’assalto, dei sommergibili, delle batterie costiere e dei reparti costieri erano praticamente già al fronte e quindi non sottoposti alla osservazione della gente e alla conseguente cervellotica critica.-

Ad ogni modo credo che nella esposizione fatta è stato sufficientemente messo in chiaro come le accuse siano volgari calunnie.

E però vero che nella X^ si erano arruolati molti elementi poco puliti. Ho già detto che circa 15.000 uomini furono cacciati mediante la selezione. La X^ non trattenne mai nessuno contro voglia.

Inoltre scartò tutti i profittatori ed i maniaci dello spionaggio, calamità , questa, nazionale. Tutti sono detectives e informatori, tutti vogliono fare il servizio investigativo e gli interrogatori dei vari gradi.

Anche costoro trovarono aria poco respirabile nella X^ e presero altre strade.

Evidentemente oggi tutti costoro sono innocenti e, opportunamente infiltratisi in partiti politici fanno le vittime. Risultato: calunnie su coloro che sono rimasti e che rappresentano invece i non incriminabili, i soldati puri e semplici. Ove qualsiasi atto irregolare fu commesso da singoli questi furono espulsi, incarcerati o processati a seconda della gravità della colpa.

Repressioni la X^ non né fece mai o quasi; anche a Milano dove pure ebbe negli ultimi tempi perdite notevoli per attentati nessun atto arbitrario venne eseguito. Ove si possa indagare a fondo si vedrà che le prime fucilazioni fatte dalla X^ riguardano soltanto delinquenti comuni neanche camuffati da partigiani. Altre esecuzioni furono fatte da elementi della X^ stessa per azioni a delinquere.

Il breve riassunto è soltanto indicativo della linea generale tenuta dalla X^. Dei singoli reparti sono in possesso di dati precisi soltanto ai singoli comandanti, delle questioni generali soltanto il Comandante Borghese.

    

    


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