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La devozione degli “Azzurri”

Creato il 04 luglio 2012 da Uccronline

La devozione degli “Azzurri”Da pochi giorni si sono conclusi gli Europei di calcio 2012 con la partita finale Italia Vs Spagna, quest’ultima vincente dopo un massacrante 0-4. Chi scrive ritiene che buona parte della colpa di questa brutta figura vada all’allenatore Cesare Prandelli e al suo staff tecnico (terzo cambio troppo in anticipo, impostazione tattica sbagliata e pessima condizione atletica). Ma questo non toglie il merito al mister azzurro di aver portato un team di non altissimo valore tecnico in una finale di tale prestigio.

Molti si sono sorpresi in questo torneo calcistico della devozione di Cesare Prandelli, come se chi lavora nello sport debba avere valori e ideali differenti dal resto della popolazione. Diversi sono stati i pellegrinaggi notturni (come dopo il match con l’Irlanda, l’Inghilterra e la Germania) ad alcuni santuari polacchi, assieme al suo staff tecnico, non tanto per richieste particolari ma per affidare l’esperienza lavorativa e la sua vita. In realtà già nel febbraio 2011 aveva raccontato di sé: «Sono cresciuto in una famiglia di credenti, poi quando si arriva all’adolescenza molti fanno scelte diverse. Io invece ho continuato a credere e anche a praticare. Vivo la mia spiritualità andando a Messa, ma non solo». Nel 2008, dopo la scomparsa della moglie Emanuela per un cancro al seno, aveva affermato: «Ho chiesto aiuto a Dio. Siamo andati a Spello, da frate Elia. Lunghe, dolcissime chiacchierate. Sedute di preghiera. Emozionanti, commoventi. Manuela, io, i due ragazzi. Io ho la fede, l’abitudine alla preghiera. Lei era invece un po’ come San Tommaso, ma l’incontro con frate Elia è stato straordinario. L’ha cambiata. Credo che senza di lui la mia Manu sarebbe morta prima».

Il ritiro prima della competizione era iniziato con la benedizione di don Massimiliano, cappellano delle Fiorentina ed amico di Prandelli, il quale ha spiegato: «Era programmata la mia presenza qui a Coverciano ma poi ho pensato che con tanti guai era meglio lasciar perdere. I giocatori peò mi hanno detto “ti aspettiamo”. Credo che in questo momento si debba star vicini, in comunione».  Il “ti aspettiamo” forse potrebbero averlo detto Riccardo Montolivo e Alessandro Diamanti, molto legati a don Massimiliano. Ma anche Gianluigi Buffon, cattolico e fedele alla messa domenicale, che dopo gli Europei si è recato in pellegrinaggio al santuario mariano di Medjugorje (un paio di anni fa era stato invece in visita della Sacra Sindone, assieme ad alcuni compagni della Juventus). Oppure Emanuele Giaccherini, che prima di ogni partita riceve dalla moglie Diana un sms con scritto: «In braccio a Gesù». Forse anche Leonardo Bonucci, molto devoto di Santa Rosa, patrona di Viterbo

Da non dimenticare il vicepresidente della Figc, Demetrio Albertini (ex stella rossonera), cattolico praticante, modello come giocatore e come uomo, un fratello sacerdote e nel gruppo dei pellegrini assieme al mister Prandelli. Cresciuto calcisticamente negli oratori milanesi, ha avvertito i genitori che «mettono troppa pressione ai propri ragazzi e che si creano aspettative elevate non appena si intravede un briciolo di talento. La tendenza è bypassare gli oratori e approdare al più presto alle scuole calcio. Cosa sbagliatissima, perché la vita d’oratorio ti consente di crescere dal punto di vista umano, con il senso del gruppo e con tanti piccoli particolari che rendono felice la vita di un adolescente.Pre me è stato così e pur essendo un calciatore ormai affermato non rimpiango nulla della mia infanzia».


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