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La Diaz e la sentenza della Corte di Strasburgo.
Creato il 10 aprile 2015 da Lorenzo Zuppini @lorenzozuppiniGuerriglia urbana. Ecco cosa accadde in quei tre giorni a Genova. Una città devastata, l'Italia ancora una volta sbeffeggiata, un summit d'importanza elevata condotto dagli italiani e andato grosso modo a puttane a causa di quella stessa figura che i governanti italiani stavano rimediando. Poi vediamo, che altro? Prodi, diventato allora ex premier da pochissimo, che sfilava a braccetto coi manifestanti per le vie di Genova, colui che scelse quella città per accogliere gli otto più grandi paesi del mondo col seguito di delinquenti a cui siamo abituati. Ancora? La neo opposizione che si scagliava contro le misure di sicurezza attuate dal neo governo per tentare di contrastare l'entrata dei black-block, perché Genova era una città difficilmente controllabile, ma la sinistra ha sempre fatto opposizione ideologica, mai sensata.
Il morto ci scappò, era inevitabile, tutti conosciamo la dinamica dell'incidente, dello sparo. Tutti dobbiamo ricordare che Carlo Giuliano se l'era andata a cercare. Dobbiamo dirlo, senza se e senza ma. Tutti dobbiamo ricordare la sinistra all'opposizione che, nella persona di Fausto Bertinotti Presidente del Senato, fece intestare un'aula del Parlamento alla giovane vittima col passamontagna in capo. E l'estintore tra le mani. Era un delinquente che stava per uccidere un ragazzo con la divisa addosso.
Non possiamo dimenticare cosa precedette l'incursione delle forze dell'ordine nella Diaz, perché altrimenti saremmo dei falsari. Chi oggigiorno si fa forte di quella sentenza per ribadire il concetto che poliziotti e carabinieri sono dei macellai, forse avrebbe bisogno di una tirata d'orecchie. Senza di loro, in quei caldi giorni di quattordici anni fa, l'Italia -intesa come Paese e Istituzioni- sarebbe affondata nella tempesta anarchica che la stava sballottando in qua e in là.
Da dietro uno schermo, o comodamente seduti sul sofà di un talk show, siamo tutti bravi a condannare i ragazzi in divisa che menarono duramente gli ospiti -abusivi- che pernottavano nella Diaz. Avrebbero dovuto picchiar di meno. Avrebbero dovuto distinguere tra manifestanti buoni e manifestanti cattivi. Avrebbero dovuto lasciar in pace i vecchi. Sentenziano politici e giornalisti dalla comoda postazione in tv. Tutti bravi, tutti capaci. Perché non lo vanno a fare loro il servizio d'ordine fronteggiando migliaia di belve inferocite che cercano di romperti la testa?
Eppure sappiamo tutti quanti di che pasta sono fatti i ragazzi che indossano la divisa, la loro tempra, il loro coraggio, l'amore che provano verso il tricolore e verso noi cittadini comuni. Tutti lo sappiamo, cazzo! E lo sappiamo soprattutto noi italiani perché l'Italia è la patria del buonismo più bieco, quindi di giornate calde a giro per il paese ne abbiamo ogni settimana. Dalla Tav a Roma. Dal G8 agli stadi che esplodono a causa della follia ultras. Se i ragazzi con l'uniforme fossero dei macellai qualunque, circa ogni settimana dovrebbero esserci svariati morti ammazzati o torturati. Perché il reato di tortura creato sull'emozione reisumata dopo quattordici anni è doveroso, come è anche doveroso il numero di riconoscimento posto sull'uniforme dei nostri ragazzi così da poterli rintracciare meglio. Ma due parole, o anche un film, o un'aula del Parlamento, o un semplice sincero grazie nei confronti dei nostri angeli custodi no, questo è troppo, o forse neanche se lo meritano.
La notte dell'incursione nella Diaz utilizzarono maniere troppo pesanti? Che vengano inflitte le giuste punizioni, ma non prima d'aver ripercorso mentalmente i tre giorni che precedettero quella folle nottata.
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