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la dittatura delle abitudini

Da Gynepraio @valeria_fiore

Per cercare di tamponare e non precipitare di nuovo a capofitto nel loop di Elena Ferrante, sto leggendo "La dittatura delle abitudini", un saggio americano di Charles Duhigg, che nel 2013 ha spopolato in tutto il mondo.

Le abitudini mi hanno sempre affascinato tantissimo. Sembrano una cosa noiosa, vecchia, stantia: abitudine è fare sempre le stesse cose. Abitudinario, nella dizione comune, è un vecchio tradizionalista che esegue sempre le medesime azioni nell'identico ordine e si sente sperduto se non le fa: per me l'abitudinario è quello descritto da Elio, che legge "la targhetta sopra l'ascensore, qual è la capienza, quanti kg porta, poi si apre la porta e non lo sa già più".

Ma secondo questo manuale, l'abitudinario è colui che riesce a inglobare nella propria vita delle azioni nuove e significative: la tesi di Duhigg è che le grandi rivoluzioni -individuali o collettive- sono frutto di abitudini innescate o interrotte. Mangiare sano, fare sport, ma anche scrivere un romanzo o imparare una lingua straniera: tutte attività che facciamo nostre con la pratica costante e regolare. Lo stesso vale per le cattive abitudini, che possono essere rimosse e sostituite con nuove abitudini, positive o innocue.

Secondo questo manuale, una buona abitudine attecchisce se ci sono 2 condizioni:

  • deve basarsi su un loop che funzioni, che deve essere ben architettato a monte). L'abitudine è un comportamento, ma obbedisce a un bisogno, si attiva con un richiamo e conduce a una gratificazione.
  • deve collocarsi in un clima che la fertilizzi e in un entourage che ci sproni o accompagni nel processo di acquisizione. Quindi i detrattori e un ambiente ostile non sono d'aiuto ( ma va'?)

Io non credo che si possa indurre una rivoluzione in se stessi apprendendo empiricamente a controllare la mente o le emozioni, autolimitandosi, gestendo le tentazioni. I trucchetti con i quali ci addomestichiamo alla lunga si rivelano per quello che sono, cioè escamotage che vanno benissimo per educare un animale domestico. Cioè, in un gatto si riesce ad attivare l'abitudine a mangiare facendogli sentire un richiamo (es. il rumore delle crocchette nella confezione): ma in un essere umano, il cambiamento deve sempre innescato da una motivazione interiore, un bisogno personale, che si deve riconoscere e che sta giustamente al centro dello schema di cui sopra.

Lo penso davvero, perchè a me è accaduto. Circa un anno e mezzo fa, ho avvertito che mi mancava la sensazione del vincere metodicamente una sfida. Quel tipo di soddisfazione che si avverte quando si ottiene un risultato sudato per il quale - buona buona zitta zitta nel buio della tua stanzetta - hai lavorato per lungo tempo: ottenere una promozione, laurearsi dopo 5 anni di studio regolare, accumulare un gruzzoletto risparmiando come formiche. Tutte cose che a me non accadevano da un po'.

Allora ho iniziato a correre. Per pura fortuna mi sono imbattuta in alcune letture stimolanti, avevo tempo, ho detto "ci provo e osservo i risultati". Dopo un po' mi sentivo in forma, ero felice, mi sono sentita in gamba, evviva, ce l'ho fatta. Avevo soddisfatto un bisogno profondo (sentirmi "brava, forte e determinata" e non "tonica, scattante e veloce"!), organizzandomi per accogliere l'abitudine in modo soft: allenamenti brevi per non stravolgermi la routine, in orario mattutino per non espormi al giudizio altrui, vestiti pronti sulla sedia per non rimandare.

Un'altra cosa che ho notato delle abitudini è la loro struttura a grappolo: stabilita con successo un'abitudine -specialmente se percepita come un grande traguardo: mai avrei detto che avrei corso 10 km!- ci si sente in grado di fare qualsiasi cosa. E' lì, che si deve cogliere l'attimo e assecondare la propria tendenza: un "accumulatore" impara a correre 42 km e s'iscrive alla Maratona di New York mentre un "diversificatore" si dedica a un'altra conquista, come diventare vegetariano o imparare il cinese. In ogni caso, le abitudini non vengono mai da sole: una volta individuata quella che Duhigg chiama "abitudine chiave" spesso si innesca un circolo virtuoso per cui le altre vengono di conseguenza. Io, ad esempio, ho smesso di fumare. Se mi chiedeste come, la risposta è VI GIURO CHE NON LO SO, ma SO PER CERTO che senza la corsa non avrei avuto la motivazione e la self-confidence per interrompere in modo incrementale alcuni riti (la sigaretta in auto/dopo cena/dopo pranzo/durante l'attesa etc.).

Da allora, ho introdotto altre piccole abitudini anche senza ricorrere al meccanismo perverso della sfida: se mi avessero detto 5 anni fa che mi sarei pulita il viso ogni giorno con la Clarisonic, che avrei preso il magnesio e bevuto acqua&limone appena sveglia, che avrei usato il filo interdentale 2 volte al giorno, che avrei bevuto le tisane senza lo zucchero, che mi sarei portata il pranzo al lavoro, mi sarei fatta risate grassissime.

A proposito di grasso, l'unico risultato che non sono MAI riuscita a ottenere nella mia vita è stato raggiungere il mio peso forma. Ora, non voglio frignare su quanto mi faccio schifo affinchè mi si dica che non è vero e che sono bellissima: non voglio autodenigrarmi ma è vero che, pur essendo normopeso, se perdessi 5 o 6 kg starei molto meglio. Eppure, anche se si tratta di un risultato alla mia portata, non riesco a raggiungerlo. Ho fatto e faccio piccoli passi in quella direzione: sto seguendo la Bikini Body Guide, non compro cibo spazzatura, ma io mi conosco e so che non sto prendendo il toro per le corna. Il clima e l'entourage sono assolutamente favorevoli (voi-sapete-chi è un salutista e sarebbe ben lieto di seguirmi) quindi sono giunta alla conclusione che il problema stia al centro del diagramma, cioè non ho ancora individuato il vero bisogno in grado di innescare il loop. Se avete in mente idee o esperienze su come approcciare la questione, per favore ditemelo perchè in 33 anni non l'ho capito.

Siccome settembre is the new gennaio, ecco i miei buoni propositi per l'anno a venire:

  • Abitudini che sto cercando di perdere: dire parolacce e volgarità, controllare frequentemente i social (spesso sul lavoro e talvolta, mi vergogno tantissimo, anche ai semafori).
  • Abitudini che sto cercando di prendere: mangiare spesso i legumi, leggere qualche pagina tutti i giorni, guardare un film o una mostra ogni settimana, fotografare le cose belle per ripensarci.

Ditemi le vostre, per favore, sono curiosa (l'abitudine di farmi i cazzi fatti miei, quella no, figuriamoci).


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