9 OTTOBRE – Si è assistito negli ultimi giorni a un fenomeno straordinario e, da un certo punto di vista, significativo: l’esplosione di polemiche, notizie, commenti, relativi all’ipotesi definita come “donne-cardinali”. E’ un fatto che deriva da un articolo pubblicato su El Pais, un articolo che, strumentalizzato come troppo spesso accade, ha portato a continui e ingiustificati rimandi ad un’ipotesi di includere le donne nelle gerarchie vaticane.
E’ bene tentare di ricostruire cosa sia avvenuto, per portare l’opinione pubblica a parlare di un’eventualità di questo tipo, un’eventualità che sarebbe non soltanto straordinaria, ma soprattutto rivoluzionaria. Sarebbe, questo, un cambiamento religioso, storico e antropologico.
L’intera questione è partita da un articolo di Juan Arias, in cui veniva affermato che Papa Francesco starebbe pensando di proporre una modifica al diritto canonico per permettere alle donne di accedere alla carica di cardinale. Riprendendo le parole del teologo gesuita americano Keeman pubblicate in facebook, Juan Arias ha attribuito questo pensiero a Papa Francesco, senza avere alcuna prova o dichiarazione in questo senso. Dopo questo ipotetico annuncio, una concatenazione di commenti si è innescata e ha visto coinvolti numerosi esponenti della cultura e del mondo giornalistico. E’ partita, in sostanza, una politica femminista fondata su un ipotetico pensiero di Papa Francesco. La storica Scaraffia, editorialista su Il Messaggero e su L’Osservatore Romano, rifacendosi alle parole dell’antropologa inglese Mary Douglas, ha manifestato tutta la sua approvazione per questa idea, un’ipotesi, dice, che già da tempo è nell’aria. “Costituirebbe un atto di cambiamento forte, significativo, di quelli che ormai siamo abituati ad aspettarci da Papa Francesco. E non stupirebbe poi molto, in fondo, dopo avere ascoltato le frasi impegnative che ha pronunciato recentemente il Papa sul ruolo delle donne nella Chiesa”, ha affermato Scaraffia.
“Frasi impegnative che ha pronunciato recentemente il Papa sul ruolo delle donne nella Chiesa”, dice l’editorialista. Ma qual è la verità? Ci sono le basi per questo cambiamento? Non sembra proprio. E’ sufficiente prendere in esame la storia della “questione-donne” nella Chiesa partendo da Giovanni Paolo II fino a Papa Francesco. La questione, infatti, è più remota di quanto si pensi, malgrado i tentativi di farla apparire come la novità del pontificato di Francesco (il quale, è bene ricordare, non ha mai nemmeno accennato a questa faccenda). Già nell’aula del Sinodo dei vescovi dedicato all’Africa, nel 1994, in presenza di Giovanni Paolo II, fu avanzata l’ipotesi, dal vescovo gesuita del Congo Kombo, che disse: “chiedo che le donne possano accedere ai posti più alti delle gerarchie della Chiesa, che possano essere nominate cardinali”. Poco tempo prima, ci fu la prima ordinazione anglicana di donne prete nella Chiesa di Westminster. A tale fatto, Giovanni Paolo II rispose con una breve ma densa lettera apostolica, “Ordinatio Sacerdotalis”, in cui ribadiva con forza l’impossibilità di sacerdozio femminile nella Chiesa Cattolica. Il Codice di Diritto Canonico, infatti, è molto esplicito sull’argomento: “ad essere promossi cardinali – si legge nel primo paragrafo del canone 351 – vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice uomini che siano costituiti almeno nell’ordine del presbiterato, in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari; coloro che già non siano vescovi, devono ricevere la consacrazione episcopale”. Questa posizione, oltre che legalmente stabilita, è anche teologicamente fondante e sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI non hanno ammesso cambiamenti. Certamente, entrambi i pontefici hanno evidenziato il ruolo importante della donna nella Chiesa, soprattutto per i compiti di assistenza, ma non hanno mai parlato di cambiamenti in questo senso.Qual è, allora, la posizione di Papa Francesco? L’ha ribadita lui stesso in un’intervista per La Civiltà Cattolica, dicendo che “è necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa” ma aggiungendo di temere la soluzione del “machismo in gonnella””. Come si legge, nessuna dichiarazione di cambiamenti particolari, nessun cenno a cariche cardinalizie per le donne. Stupisce anzi il fatto, parecchio amaro, che ci sia stata una leggerezza inaccettabile nel parlare di una questione così delicata, da un punto di vista teologico e spirituale, per la Chiesa e la comunità cattolica. E’ ancora più grave il fatto, inoltre, che si possa anche soltanto supporre che un cambiamento come quello, malamente, ipotizzato (quel pensiero attribuito, non si capisce secondo quali criteri, a Papa Francesco) avvenga in modo così semplice e, si potrebbe dire, banale, come se da un momento all’altro fosse possibile modificare uno statuto teologico che richiede attenzione e studi approfonditi: questa presunzione e manipolazione di un’informazione, che poi non è nemmeno un’informazione fattuale, sembra dimostrare la poca preparazione o la voluta macchinazione di coloro che hanno continuato questo inutile dibattito.
Enrico Cipriani
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