Nel mondo della politica non mancano esponenti di partiti che si affannano a ribadire il loro essere cattolici e la loro fedeltà alla Chiesa.
A volte capita che membri del Parlamento siano autori di proposte di legge che di certo non riscuotono le simpatie delle gerarchie ecclesiastiche.
È il caso – come scrive Tommaso Scandroglio sulla Nuova Bussola Quotidiana – di politici come Andrea Marcucci del Partito Democratico e di Linda Lanzillotta di Scelta Civica “rei” di aver presentato un disegno di legge sulle unioni civili anche per le coppie omosessuali. Nel mirino cade anche il neosegretario del Pd Matteo Renzi che si è detto favorevole ad una “civil partenership” anche per le coppie dello stesso sesso con la possibilità di adottare il figlio del partner: il sindaco di Firenze è “colpevole”, per Scandroglio, anche per essersi espresso a favore della fecondazione assistita.
Non si salvano neanche Angelino Alfano, Sandro Bondi e Luigi Bobba, ex presidente di Acli (Associazione cristiane dei lavoratori italiani). Critiche addirittura sono espresse per lo statista vittima delle Brigate Rosse Aldo Moro definito da Scandroglio «padre nobile di queste uscite scanzonate» per essersi espresso in questi termini sulle unioni civili nel lontano 1946: «Pur essendo molto caro ai democristiani il concetto del vincolo sacramentale nella famiglia, questo non impedisce di raffigurare anche una famiglia, comunque costituita, come una società che, presentando determinati caratteri di stabilità e di funzionalità umana, possa inserirsi nella vita sociale. Mettendo da parte il vincolo sacramentale, si può raffigurare la famiglia nella sua struttura come una società complessa non soltanto di interessi e di affetti, ma soprattutto dotata di una propria consistenza che trascende i vincoli che possono solo temporaneamente tenere unite due persone». Per Scandroglio questo andrebbe a significare che «non esiste solo la famiglia fondata sul matrimonio, ma anche altre famiglie di fatto».
Scandroglio ricorda prima di tutto che «i cattolici hanno il dovere di obbedire alle indicazioni vincolanti della Chiesa sui temi di morale e fede (“tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria”, Codice di Diritto Canonico, Can. 750)» e quindi cattolico è solo «colui che crede nelle cose a cui la Chiesa propone di credere e tenta con tutto se stesso di metterle in pratica». Inoltre riporta il Codice di Diritto Canonico (Can. 751) secondo cui «vien detta eresia, l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa». Alla luce di ciò Scandroglio si domanda: «I politici di cui sopra (Moro compreso, ndr) sono dunque cattolici o eretici?».
Riguardo l’impegno dei cattolici in politica è fondamentale leggere la “Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”: documento della Congregazione per la dottrina della fede del 24 novembre 2002.
In questa nota pur sottolineando che «non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete — e meno ancora soluzioni uniche — per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno» si ribadisce che «quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il “preciso obbligo di opporsi” ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana» e quindi «per essi, come per ogni cattolico, vige l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto». Per tale motivo un politico cattolico non potrebbe mai votare, ad esempio, a favore di una legge che legalizzi l’aborto.
L’aborto – in ogni caso – è legge dello Stato italiano dal lontano 1981 e non è il solo tema su cui – secondo la Congregazione – i cattolici debbano attenersi alle indicazioni della Chiesa: «In questo contesto, è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti».
Questo non riguarda solo quelle «leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale» ma «devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio». Per questo motivo «non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale». Insomma i cattolici non potrebbero mai votare per leggi a favore delle unioni civili o del matrimonio per le coppie dello stesso sesso.
La Congregazione dedica la sua attenzione anche ai cosiddetti “cattolici adulti”: «È avvenuto in recenti circostanze che anche all’interno di alcune associazioni o organizzazioni di ispirazione cattolica, siano emersi orientamenti a sostegno di forze e movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie all’insegnamento morale e sociale della Chiesa. Tali scelte e condivisioni, essendo in contraddizione con principi basilari della coscienza cristiana, non sono compatibili con l’appartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche».
In sostanza un politico cattolico deve osservare le indicazioni della Chiesa cattolica e perciò Scandroglio ha ragione: i politici che si definiscono cattolici sono tali o devono essere considerati quasi come “eretici”?
Se i politici non possono sempre definirsi cattolici il dubbio è uno: il cattolicesimo è compatibile con la democrazia e le leggi dello Stato?
Sebbene la Congregazione affermi che «non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete», il Catechismo della Chiesa Cattolica prevede espressamente che «il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo». Insomma ogni cattolico dovrebbe non obbedire alle leggi dello Stato qualora – a sua discrezione – siano norme contrarie ai precetti religiosi.
Se – come visto – non c’è nessuna apertura su temi come aborto, eutanasia ed unioni civili (come ribadito anche dal Pontificio Consiglio per la Famiglia), secondo la Chiesa Cattolica uno Stato democratico dovrebbe arrogare a sé quei compiti propri di uno Stato etico (ossia una dittatura) e quindi – secondo il Catechismo – le autorità civili dovrebbero «impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici».
La parte in cui la Chiesa Cattolica esprime tutta la sua incompatibilità con uno Stato democratico viene espressa soprattutto sul tema dell’omosessualità dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
Nel 1992 la Congregazione, presieduta dall’allora cardinale Ratzinger, interviene con il documento “Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali”: un testo in cui l’omosessualità è considerata un «disordine morale», un problema in alcune questioni come «l’assunzione di insegnanti, la necessità di case da parte di autentiche famiglie (e le, ndr) legittime preoccupazioni dei proprietari di case nel selezionare potenziali affittuari» ed in cui c’è la visione di un’omosessualità che sta «minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone» perché «i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio». Considerato «che non vi è un diritto all’omosessualità» gli omosessuali «possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato». Inoltre «vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare». Insomma via libera alla discriminazione in barba ai principi della nostra Costituzione.
La Congregazione aspetta undici anni prima di ritornare nel 2003 (sempre presieduta dal cardinale Ratzinger) sull’argomento con il testo “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali“: un documento che intende «illuminare l’attività degli uomini politici cattolici, per i quali si indicano le linee di condotta coerenti con la coscienza cristiana quando essi sono posti di fronte a progetti di legge concernenti questo problema» ed in cui l’omosessualità viene definita come un «fenomeno morale e sociale inquietante».
Secondo la Congregazione sarebbero utili alcuni «interventi discreti e prudenti» come ad esempio «smascherare l’uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso».
Chiusura netta per quanto riguarda la legalizzazione delle unioni omosessuali: «A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi, bisogna ricordare che la tolleranza del male è qualcosa di molto diverso dall’approvazione o dalla legalizzazione del male».
Tommaso Scandroglio lo ricordava all’inizio del suo articolo: «La Repubblica italiana è uno Stato democratico, la Chiesa no. Per volere di Cristo Santa Romana Chiesa non è un’istituzione democratica: i membri della sua gerarchia, al di là delle modalità di elezione, sono scelti – cioè chiamati – direttamente da Dio, non dai fedeli». Scandroglio ha ragione ma un dubbio resta alla luce del Magistero e del Catechismo della Chiesa cattolica: un politico veramente cattolico è un politico democratico e la dottrina cattolica è compatibile con la democrazia? Santa Romana Chiesa può trovare posto in una moderna democrazia o il suo posto naturale è la dittatura? Mistero della fede.
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