I mutui, l’affitto e le rate costituiscono una grande difficoltà per i precari.
Nel quadro di una crisi economica dilagante i bisogni e le esigenze dei singoli e dei gruppi emergono in tutta la loro forza e se da una parte c’è il problema disoccupazione che costringe l’uomo ad una vita dura, dall’altro, chi lavora, molto spesso è precario, non ha un contratto di lavoro a tempo determinato e ciò comporta delle conseguenze.
Un precario ha difficoltà a progettare il proprio futuro, non ha accesso al credito, a meno che non abbia delle garanzie, ma anche per chi non compra casa la vita è dura con l’affitto da pagare.
Perchè precario, da concetto che designa colui che lavora a tempo, si è esteso a ricomprendere chi lavora con dei bassi salari, chi vive nell’incertezza lavorativa a 360 gradi.
In Italia un giovane, in media, impiega 3 anni per trovare una piena occupazione, cosa voglia significare questo sotto un profilo emotivo e sotto un profilo pensionistico è di tutta evidenza.
A denunciare la condizione di profondo disagio dei precari intervengono duramente quei sindacati, gli stessi che nel 1997 non fronteggiarono bene il Ministro Treu quando propose per la prima volta l’introduzione del lavoro interinale.
Dedurre che la questione è stata sottovalutata è giocoforza dedurlo dal dilagante fenomeno del lavoro interinale, uno degli assi portanti del lavoro precario; e ora?
Lungi dal trovare colpevoli morali di questa decennale e triste vicenda, l’auspicio è che il Governo Monti affronti anche questo tema.