Del presidente dell’Istituto per la memoria nazionale polacca, Lukasz Kaminski, una bella citazione che prelevo da un articolo del New York Times: “In order to defend ourselves in the future against other totalitarian regimes, we have to understand how they worked in the past, like a vaccine” (per difenderci in futuro da altri regimi totalitari, noi dobbiamo capire come hanno potuto funzionare in passato, come un vaccino). I regimi totalitari a cui allude Kaminski sono evidentemente quelli comunisti dell’ex blocco orientale. E la necessità di comprendere il loro funzionamento si basa sulla riscoperta di un’opera di prevenzione tanto più utile quanto più, apparentemente, il tempo di quei regimi sembra definitivamente passato.
Un vaccino di questo tipo sarebbe però utilissimo anche da noi. Soprattutto in Italia e soprattutto a Bolzano. Negli ultimi vent’anni, infatti, l’atteggiamento pubblico nei confronti del periodo fascista e delle persone che mostravano di non disdegnarne alcuni tratti caratteristici è diventato progressivamente sempre più blando e accondiscendente. Quando non addirittura insensibile al ricordo delle devastazioni patite per colpa di una dittatura definita dallo storico Emilio Gentile un “metodo di conquista e gestione monopolistica del potere da parte di un partito unico, al fine di trasformare radicalmente la natura umana attraverso lo Stato e la politica, e tramite l’imposizione di una concezione integralistica del mondo”. Chi volesse comprendere genesi e fenomenologia di una simile degenerazione legga il libro “Viva Mussolini. La guerra della memoria nell’Italia di Berlusconi, Bossi e Fini” (Garzanti) di Aram Mattioli, che ricostruisce in dettaglio la crisi d’identità nazionale evidenziata dalla “crisi dell’antifascismo” e dal parallelo consolidarsi di un’egemonia culturale di destra ipocritamente spacciata come malleveria per la libertà d’espressione (qualsiasi tipo d’espressione, anche l’apologia del fascismo).
In questo quadro desolante non è dunque troppo strano che, anche nella nostra provincia, si trovino persone sufficientemente ingenue o corrive da prestarsi – sbandierando una malintesa libertà di pensiero – a favorire le operazioni di marketing di un’organizzazione dichiaratamente fascista come Casapound Italia, in perenne ricerca di visibilità e ascolto.
Quando Voltaire, citato spesso a sproposito in casi del genere, diceva di essere disposto a dare la vita affinché ognuno potesse esprimere il proprio pensiero, sicuramente non intendeva il pensiero di chi, storicamente, proprio dall’offesa e dalla soppressione del libero pensiero ha ricavato la propria giustificazione politica. Certi nostri liberali o libertari locali, da questo punto di vista, dimostrano di non avere capito la pur elementare lezione.
Corriere dell’Alto Adige, 22 febbraio 2012, pubblicato con il titolo La nostra storia può essere un vaccino