di Eleonora Mosti
C’era una volta mamma e papà, che si sentivano ritratti nel modello famiglia “mulino bianco” e assicurati da uno Stato che, pur tra una “caduta” di governo e l’altra, aveva però ben salda una ragione costituzionale: “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio…, che è dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli…, che protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù… e che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”
C’erano una volta la cicogna e il cavolo, simboli di conoscenza sull’argomento più difficile del mondo, da utilizzare in caso di necessità, quando un bimbo/a con aria disinteressata, ma pronto a non fare sconti sulle spiegazioni, chiedeva ai propri genitori “Come nascono i bambini?”…
C’era una volta il romanzo più letto ed interpretato nella letteratura: “Piccole donne” (1868) e “Piccoli uomini” (1871), uscito poco dopo per dare forza alla distinzione di genere come naturalmente si era portati a declinare in quei tempi, uomini e donne, maschi e femmine, a completamento della storia.
C’era una volta… no purtroppo dobbiamo meglio dire…, correva l’anno 2013, quando usciva una Circolare, a cura del Dipartimento Servizi educativi e scolastici del Comune, la quale avviava il 20 febbraio il «Piano di aggiornamento per l’anno scolastico 2013-2014 per le educatrici dei Nidi e le insegnanti delle Scuole dell’infanzia di Roma Capitale».
Di cosa si trattava? Si basava su un progetto di 22 ore di aggiornamento che aveva come tema l’identità e la differenza di genere e si rivolgeva a 7mila insegnanti e addetti di nidi e asili romani che dovevano essere formati.
L’obiettivo principale, così fieramente esposto, doveva essere la lotta al femminicidio, all’omofobia e al bullismo, ma nella realtà, però, si celava e cela ben altro e cioè il sostenere l’ideologia gender.
Nel progetto educativo tuttora vigente, come per esempio accade a Trieste con il “Gioco del rispetto”, si vuole sostenere la parità uomo-donna, la pluralità di modelli familiari e dei ruoli sessuali, e ancora leggiamo “favorire le insegnanti/educatrici nella lettura dei processi di identificazione degli stereotipi e dei pregiudizi di genere; sollecitare riflessioni sul peso dei modelli culturali, familiari e sociali; sostenere il personale nella messa a punto di pratiche educative che favoriscano una serena scoperta delle identità in bambine e bambini attraverso lo scambio, la conoscenza reciproca e la sperimentazione delle differenze; si vuole favorire la formazione di personalità libere e per la decostruzione degli stereotipi” (come per esempio essere madre o padre).
Basterebbe questo per allarmare l’intera opinione pubblica, ma strano a dirsi tutto è passato sotto silenzio e se non fosse stato per alcuni genitori, già allertati dalla stampa di altri Paesi europei come Francia e Germania, in Italia sarebbero andati avanti come in un certo senso hanno fatto. Ma da quali esigenze nasce questa rivoluzione culturale che a suon di progetti è entrata nella scuola? Ecco la risposta: voler distruggere la famiglia attraverso l’indottrinamento di una sessualità deviata con tanto di corsi di formazione per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. (Cosa prevede un corso gender? Es. Ecco le azioni e i temi nella fascia dai 4 ai 6 anni: masturbazione – il mio corpo appartiene a me – la consapevolezza dei propri diritti sessuali ecc.)
Questi corsi, organizzati dall’Unar e dal Miur, sono rivolti ai direttori generali degli UsR (Uffici scolastici regionali) con tanto di Fascicoli “Educare alla diversità”, tutto a cura delle associazioni LGBT, patrocinati dall’Unar e dal Ministero delle Pari Opportunità per l’insegnamento dell’ideologia gender a partire dalla scuola primaria.
Come se non bastasse ora abbiamo anche il disegno di legge Cirinnà su matrimonio e adozioni di coppie omosessuali e il disegno di legge Fedeli che, nonostante l’apparenza di doverosa tutela delle “pari opportunità”, mirano anch’essi ad introdurre, organicamente nelle scuole, l’educazione sessuale sempre secondo la gender theory.
“Sono in atto dei poteri molto forti, presenti e attivi nella politica, nell’economia e nella società, che stanno imponendo, in modo violento anche se apparentemente democratico, un’etica nuova e una nuova visione dell’uomo e della donna, di procreazione e di famiglia. Si può parlare di un “blocco storico” che non tollera opposizione. La libertà di espressione e di coscienza è seriamente messa in pericolo. Due sono i principali teatri d’azione di questo blocco storico. Il primo è l’educazione e la scuola…” (S.E. Mons. Crepaldi).
Quanto dobbiamo ancora aspettare per dire no ad una cultura che non parla di favole ma di stravolgimento etico, psicologico, sociale in nome di una ideologia che non ci appartiene perché per noi italiani la famiglia naturale è il nostro Made in Italy?
Da sempre siamo stati considerati noi italiani un popolo “arretrato” in fatto di educazione e stili di vita, da sempre, l’avere un’identità cristiana riconosciuta, ha ostacolato certa modernità che altri stati europei e oltre erano fieri di ostentare. Ma qual è il prezzo che stiamo pagando oggi, dopo aver rinnegato le nostre radici cristiane? Dove sono stati sommersi quei principi che i nostri padri costituenti hanno adottato per ricostruire la nostra Italia? Come siamo arrivati a dover difendere i nostri figli da simili progetti scolastici?
Stiamo attenti a non farci “colonizzare dalle ideologie”, come direbbe Papa Francesco, “è quello che stanno tentando di fare nella nostra Italia e altrove, la globalizzazione non è sferica ma poliedrica, ogni faccia (popolo) deve mantenere senza timore la propria identità” e non perderla in nome di una finta comunione e/o uguaglianza.
Per Sabato 20 giugno 2015 è stata organizzata dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”, di cui è portavoce Massimo Gandolfini , una Manifestazione in P.zza S. Giovanni alle ore 15.30 per riparlare della bellezza della famiglia colpita ed estromessa anche dal suo ruolo costituzionale.
Saranno presenti molte sigle del mondo cattolico e non, per dare l’idea che è ora di tornare al buon senso e al di là del proprio credo religioso, è urgente riaffermare certi principi semplicemente umani e di sano rispetto della persona.
Popolari Liberi e Forti si unirà idealmente alle tante altre sigle aderenti che vorranno dire:
“Ora basta, difendiamo la famiglia, difendiamo la scuola da strumentalizzazioni e pressioni ideologiche e come dice lo slogan – Giù le mani dai bambini!”.
Dobbiamo essere presenti e manifestare per dire a questa classe politica che non si possono affossare cultura, radici, tradizioni e credo di un popolo, anche se è evidente che stiamo raccogliendo i frutti dopo una brutta semina fatta durante gli ultimi 40/50 anni.
È ora di potare per una nuova bella e sana fioritura, per tornare ad essere un Bel Paese, per qualcuno, forse sognando, come nelle favole.