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La famiglia Scarselli. Una famiglia anarchica temuta dalle dittature

Creato il 19 dicembre 2012 da Cirano2

La famiglia Scarselli. Una famiglia anarchica temuta dalle dittatureI colori della memoria  
di Antonio Orlando 
Se ogni famiglia oltre ad avere un proprio “lessico familiare”, abbina alla propria memoria anche “un colore”, come sostiene la scrittrice spagnola Care Santos, allora la memoria della famiglia Scarselli non può che avere i colori dell’iride. Un arcobaleno di colori che vanno dal nero cupo del fascismo, al rosso-nero dell’anarchia passando per il rosso vivo del comunismo fino a sfumare nel verde-oro brasiliano, non senza essere attraversata dai vividi colori toscani per approdare alle sgargianti colorazioni  della Calabria tirrenica, avendo come sfondo l’azzurro intenso  del mare di Paola.La  splendida ricostruzione delle tormentate vicende umane e politiche di questa grande famiglia che fa Angelo Pagliaro, ci  restituisce un affresco brillante, un altro tassello di quello che, nella prefazione Pietro Ferrua chiama  il lavoro di cesello del “ mosaico della libertà”.Tassello dopo tassello, grazie alle fatiche di storici dilettanti, ma appassionati e competenti, la vera storia, quella che quasi con disprezzo viene chiamata “storia locale” o anche “micro-storia”, piano piano si va ricomponendo, ridisegnando così il quadro d’insieme dell’età contemporanea. Per gli Scarselli, i Bottino e tutti gli altri anarchici ed antifascisti, il ‘900 non è stato il secolo breve, tutt’altro! E’ stato, al contrario, lungo e tormentato poiché è stato il secolo delle dittature ideologiche che hanno impugnato le parole libertà ed uguaglianza come una clava da abbattere sulla testa del proletariato, dei poveri, degli emarginati, degli  esclusi e dei ribelli. La storia della famiglia Scarselli, una famiglia toscana il cui destino s’incrocia con quello di una famiglia calabrese – i Bottino – è la storia di quelli che si opposero subito al fascismo dilagante in maniera istintiva, per una sorta di intuizione che nasceva non da dotte e colte analisi politiche, ma dal bisogno di difendersi, di difendere la propria libertà. Lo scontro con il fascismo, con la protervia di chi si sente protetto dal mantello del Potere, con l’arroganza di chi sa di godere dell’immunità del denaro e dell’impunità della Legge, poteva esser causato anche da circostanze del tutto occasionali. Un qualsiasi pretesto, magari futile, poteva accendere a tal punto gli animi da sfociare in uno scontro armato senza esclusioni colpi.  E’ accaduto nei paesi della Calabria degli anni ’20 (Palmi, Seminara, Cittanova, Casignana, Catanzaro, Vibo Valentia,  etc.) è accaduto nei comuni della Toscana e di ogni altra regione d’Italia. Una volta innescato il conflitto, dopo i morti  e  i feriti, le vere cause non interessavano più a nessuno e gli animi della gente semplice, degli umili lavoratori erano così esacerbati che solo la vendetta avrebbe potuto placarli. L’antifascismo popolare pagherà a carissimo  prezzo la sua netta opposizione, armata e politica, alle squadracce mussoliniane, ma non per questo si arrenderà. Gli Scarseli ne sono un esempio.  Se uno di loro – Ferruccio – muore sulle barricate nel corso degli scontri con i fascisti, gli altri si danno alla macchia e costituiscono una banda armata – la banda dello Zoppo  -  che compie azioni di guerriglia sul territorio. Catturati, torturati, processati, condannati, incarcerati non penseranno altro che alla  fuga. L’evasione dal carcere di Volterra, considerato all’epoca di massima sicurezza, di Oscar Scarselli – “lo zoppo”- così come la fuga dal treno di Tito mentre viene spostato in un altro penitenziario, meritano di essere ricordate, al pari della fuga in motoscafo da Lipari di Rosselli, Lussu e Fausto Nitti, come le più eclatanti e meglio riuscite beffe consumate ai danni del regime fascista. Si può dire che tutti gli Scarselli, comprese le due sorelle Ida ed Ines Leda,  approdano all’anarchismo in maniera quasi naturale così com’è naturale e scontato per i due fratelli – Tito  ed Oscar -  perseguitati recarsi in Russia perché quella è la patria del Socialismo. La delusione sarà cocente ed è tutta racchiusa in quelle due righe che Tito dalla Crimea indirizza al cognato Giacomo Bottino che, insistentemente, gli chiede notizie sul comunismo.“Per rispondere a questa domanda – scrive Tito  - bisognerebbe che io non mi trovassi qua e tu non fossi dove ti trovi. Queste due risposte evasive vogliono significare tutto e sintetizzano la vita in tutti i rapporti che si vive qua. Facciamo e diciamo quel che si puole  e mai quel che si vuole”Lo Stalinismo viene così inchiodato alla sua essenza totalitaria e disumana, mentre, al contempo, viene dipinta a tinte fosche, quanto realistiche, la condizione degli anarchici italiani, invisi ai fascisti e ancor di più ai comunisti. Gli antifascisti italiani in U.R.S.S., compresi quei comunisti dissidenti, non solo non troveranno accoglienza, ma non avranno pace, verranno perseguitati, rinchiusi nei gulag, uccisi a causa di quello smisurato desiderio di libertà del quale erano portatori. La vita degli Scarselli sembra avere come caratteristica principale la peregrinazione continua da un posto all’altro, forse alla ricerca  di un po’ di serenità.  Così Ida  ed  il marito Giacomo  Bottino, - conosciuto in casa di Malatesta a Roma nel lontano 1921, con i figli Scintilla, Germinal e Spartaco, nel gennaio del 1947, partono per il Brasile. Saranno anni di grande impegno, di attivismo, di fervore culturale nonostante l’instabilità politica del  “Gigante” sudamericano. Saranno anche anni di una ritrovata tranquillità, di attesa e di speranza di riuscire a ricomporre, sia pure in terra straniera, almeno una parte della famiglia. La fine della guerra ha riacceso per Ida e Leda Ines la speranza di veder tornare dalla Unione Sovietica il fratello Oscar, l’attesa, come traspare dalle lettere,  diventa ogni giorno più spasmodica, ma tutto viene vanificata dall’ottusa burocrazia russa e dalla rancorosa inerzia dei dirigenti del P.C.I. Durante  la dittatura di Getulio Vargas  e dopo il colpo di Stato di  Castelo Branco, nel 1964, e  le sanguinarie repressioni del Generale Mèdici, Giacomo Bottino non cessa la sua attività di militante, di giornalista e  di operatore culturale. Non saranno i militari a  porre fine alla sua vita,  ma – quasi un segno del destino – uno scontro  nel corso di un  banale litigio. Come all’inizio per gli Scarselli.Il volume è completato da un’ampia selezione di lettere – trasposte anche in originale -  che i  familiari si sono scambiati tra il 1929 ed il 1947 ed  è impreziosito da numerose fotografie, inedite ed originali, donate dai figli di Giacomo Bottino all’Autore. La famiglia Scarselli era già nella leggenda, ora grazie allo studio, appassionato e meticoloso, di Angelo, entra finalmente a pieno titolo nella Storia.    

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