Divenendo crisalide, il bruco ha praticamente completato la sua trasformazione in lepidottero. Tuttavia, ha ancora una prova da superare per diventare una vera farfalla: deve riuscire a rompere il bozzolo nel quale è avvenuta la trasformazione per potersene liberare e prendere il volo.
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Al contrario del bruco, che ha tessuto il suo bozzolo a poco poco, in maniera graduale, la futura farfalla non può liberarsene allo stesso modo, lasciandolo gradualmente. Dovrà raccogliere abbastanza forza nelle ali da riuscire a rompere questa costrizione fatta di seta in un unico tentativo. E’ grazie a questa prova e alla potenza che richiede di accumulare nelle giovanili ali che la farfalla sviluppa la muscolatura in grado di farla volare in seguito. Colui che trascura questo aspetto così importante e che, illudendosi di aiutare una farfalla a nascere, ne rompe il bozzolo, vedrà nascere un lepidottero totalmente incapace di volare, poiché non gli avrà dato modo di utilizzare la resistenza della sua prigione di seta per costruire la forza necessaria a distaccarsi da questo peso e lanciarsi in seguito nel cielo . Un aiuto non accorto può quindi rivelarsi nocivo e perfino mortale.
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Ecco una bella metafora che è possibile applicare a diverse situazioni.
Che lezione possiamo trarne?
Ad esempio, che nella vita alcune prove sono indispensabili alla crescita.
Tali prove permettono di sviluppare in sé la forza necessaria a passare allo stadio successivo.
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Quando cerchiamo di risolvere una prova al posto di altri, dall’esterno, eliminando l’ostacolo piuttosto che cercando una soluzione reale al problema, non facciamo altro che alimentarlo. Non si tratta dunque della soluzione adatta, ma di una soluzione inefficace che determina un risultato opposto a quello previsto: invece di aiutare e liberare l’altro, il nostro comportamento non accorto può impedirne lo sviluppo, atrofizzarlo e persino ucciderlo.
L’idea di questa allegoria può sembrarci scontata. Eppure, se ci guardiamo intorno, vediamo quante sono le situazioni, a tutti i livelli, in cui ci accaniamo a rompere i bozzoli al posto degli altri, determinando in tal modo un persistere dei problemi che invece pretenderemmo di risolvere.
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Alla luce della metafora della farfalla, si intuisce che alcuni cambiamenti, alcune forme di aiuto possono venire solo dall’interno. Perciò, quando dall’esterno forniamo ciò che a una persona manca (o che semplicemente non ha avuto ancora il tempo di svilupparsi ) piuttosto che aiutare quest’ultima a ottenere ciò di cui ha bisogno con i suoi mezzi, la rendiamo dipendente e accresciamo la sua debolezza. Fornendo dall’esterno ciò che serve al ricevente, viene impedito lo sforzo di cercare in se stesso ciò che lo rafforzerebbero e lo condurrebbe a eccellere continuamente.
Ciò non significa, tuttavia, che dobbiamo rinunciare a voler assistere o soccorrere gli altri ( conclusione un po’ semplicistica ) , ma significa che il nostro aiuto deve sostenere quello sforzo, permettendo all’altro di accedere alle sue risorse interne, e non deve rendere questo sforzo superfluo, sostituendolo con la facilità e la dipendenza esterna.
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La metafora della farfalla ci porta anche a interrogarsi sulla sofferenza. ciò che ci spinge a distruggere bozzolo al posto del lepidottero non è proprio il nostro desiderio di diminuire le sue sofferenze, di liberarlo più rapidamente?
In termini più generali l’aiuto che vogliamo offrire agli altri non ha spesso come obiettivo quello di impedire loro di soffrire, di rendere la loro vita più semplice?
Ma ogni sofferenza è necessariamente negativa? …
Dove si colloca il confine tra il dolore dello sforzo, accettato e ricercato nello sport, ad esempio, e la soglia oltre la quale una sofferenza è ritenuta inaccettabile?
Probabilmente non vi è una risposta sistematica a questa domanda. La cosa certa, invece, è che l’opzione “zero sofferenza” non è né possibile né auspicabile. La sofferenza è come tutte le cose: ve ne sono di positive e di negative, di necessarie ed inutili, di indispensabili e di inaccettabili.
Ciò che differenzia è il senso che racchiudono o no agli occhi di chi le subisce o il senso che non riusciamo a leggere in esse.
La sofferenza della futura farfalla ha un senso perché nasce dallo sforzo che le permetterà di volare: è il prezzo della sua liberazione, è non soltanto utile, ma indispensabile.
(O. Clerc)