Mercoledì 02 Gennaio 2013 19:37 Scritto da Gwenhwyfar
Mi è capitato molte volte di camminare per quel sentiero montano e spaventarmi invano di un fruscio causato da un animale, un volo d'uccello o semplicemente dal fuggi fuggi di insetti.Quel giorno passeggiavo tranquillamente per il solito viottolo sassoso interrotto qua e là da cespugli disordinati d'erbetta secca. Il mio passo era misurato e regolare come se i miei piedi sapessero già dove portarmi, la strada era sempre la stessa da molti anni ormai.
Si, perchè la mia meta era il boschetto vicino al cimitero, di lì passavo per salutare mia nonna e poi proseguivo; a seconda elle stagioni andando in cerca di funghi, bacche, erbe medicinali o castagne.
Il mio respiro era tranquillo, mentre le mie narici assorbivano ogni odore famigliare, facendone fare un'analisi dettagliata alla memoria, che ne etichettava ognuno con un'immagine conosciuta o con un ricordo.
Ogni tanto incappavo in qualche ragnatela che si andava a confondere con i capelli, allora mi pettinavo con le dita, lasciandone cadere il proprietario in terra, gli chiedevo timidamente scusa per aver interrotto la sua caccia e rovinato una meravigliosa opera tessile e proseguivo attenta.
Mentre i miei passi si facevano incerti, per via della pendenza e della tortuosità del viottolo, sentì un sussurro.
Provai a proseguire convincendomi che non era altro che lo scherzo della mia fervida fantasia e cominciai anche ad avere dei dubbi, pensai che dopo tutto mi ero sbagliata, tra il rumore dei rametti secchi infranti al mio passaggio e i ciottoli che ruzzolavano, non potevo aver sentito nulla di strano.
A un certo punto le mie gambe si bloccarono, lo sguardo fece una brusca rotazione verso destra, dove con la coda dell'occhio avevo intravisto un'ombra.
La mia bocca rimase aperta per alcuni istanti, avrò avuto un'espressione ebete, ma quel piccoletto era lì.
Un ometto, no! Strabuzzai gli occhi, era una donnina, piccola dalla carnagione scura, dei capelli lunghissimi color delle castagne arrosto e con un sorriso bellissimo.
Sentivo che non mi avrebbe fatto nulla, ho sempre avuto un sistema infallibile per conoscere le persone ed era quello di fissarli negli occhi e scoprire con i miei, quanto potevo fidarmi di loro.
Questa creatura aveva gli occhi dolcissimi di una mamma, le pupille di un color nocciola chiarissimo vibravano lievemente come prese da una paura trattenuta a stento.
Aspettai prima di parlare, rimanendo immobile provai a sorriderle dolcemente in segno di tranquillità.
Saremo state una di fronte all'altra per qualche secondo, ma mi sembrò un'ora, poi lei mi chiamò per nome.
Come faceva a sapere come mi chiamavo?
Presi coraggio e le feci le domande più stupide che potevo fare balbettando: " Come...sai...il ...mio ...nome?Tu...chi...sei? ".
Lo sguardo della creatura si addolcì ancora di più e rispose: " L'ho sempre saputo perchè sono la tua fata."
Devono essermi usciti dalla testa un sacco di punti esclamativi e di domanda, ma ero veramente stranita.
Non vivo mica nelle favole? Non sono una principessa di un mondo incantato!
Ho sempre letto favole e leggende, ma fino a quel momento non ci avevo creduto veramente.
Quando si cresce la parte fatalista di noi sparisce per lasciare il posto a verità e sofferenze, quindi non riuscivo ad ammettere quella presenza appartenente al Piccolo Popolo.
Mi spiegò che lei era nata nel mio stesso giorno e dunque il bosco aveva deciso di legarci indissolubilmente.
Insomma se io soffrivo anche lei soffriva e viceversa, non potevo fare una scelta che desse del danno a lei e al mio corpo. Il mio dono, una sensibilità particolare: sarei stata capace di capire la natura e soffrire per le ingiustizie apportate dai miei simili agli esseri viventi, in particolare gli alberi.
Sentivo la loro linfa scorrere, e le loro urla quando una malattia li colpiva.
Lei era lì da sempre per istruirmi e usare bene queste mie capacità.
Ne sarei stata all'altezza? Avrei capito il bosco e le sue creature?
..............Drinnnnnnnnn!!!!........Drinnnnnnnnnn!!!!.....
Un terribile suono metallico, il braccio che lentamente usciva da sotto le coperte e accoppava quell'infernale aggeggio rimpino.... era mattina e dovevo svegliarmi........