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La figura del 'Che'.

Creato il 30 luglio 2012 da Webnewsman @lenews1
La figura del 'Che'.

Chi esporta le rivoluzioni esporta un sentimento e una buona dose di follia, al contrario chi esporta la democrazia emana violenza. Questo e non solo, è uno degli aspetti che emergono dall'analisi di una delle figure che più ha lasciato il segno nel mondo tra gli anni '50 e '60. Ernesto Guevara però non è stato soltanto un rivoluzionario o un guerrigliero, ma un uomo capace di condensare ogni aspetto della sua attività al miglioramento delle condizioni di vita nei paesi più poveri e sfruttati del mondo. Aveva un occhio lungimirante, lo stesso orizzonte di Pasolini e la medesima onestà intellettuale che lo connotava quale personalità di spirito critico eccezionale. Pagò anche per questo, per essere andato contro il sistema sovietico e le alleanze di Castro e pagò con la morte la sua obiettività, la sincerità, l'idealismo, la sete di conoscenza. Finì solo come un Cristo sulla croce, la sua intraprendenza e l'irrequietezza di un medico che credeva nelle facoltà umane, nel risveglio di una coscienza libera, propugnatore di valori che voleva restituire alla storia sudamericana.
Nel dire e fare questo Che Guevara, uomo di cultura, dovette scontrarsi con un retroterra culturale che si allontanava di gran lunga dalle sue mira. Peccò di ingenuità nel suo ideale romantico, si trovò di fronte una popolazione tenuta in scacco e in miseria dalla democrazia mascherata di Barrientos, dove i contadini affamati e in cerca di soldi lo tradirono ripetutamente, complice anche il mancato appoggio del Partito Comunista Boliviano: una serie di promesse non mantenute. Questo e altro nei due film di Steven Soderbergh 'Che – L'argentino'e'Che – Guerriglia'(entrambi del 2008) che riprendono abbastanza fedelmente le annotazioni diaristiche dei trascorsi rivoluzionari prima e durante la formazione dei quadri nella Sierra Maestra del Movimento 26luglio, la figura forte di Camilo Cienfuegos, l'astio e il problema dello straniero che Che Guevara vivrà inizialmente come un complesso e che sarà in grado di superare (ma in Bolivia gli sarà fatale), l'episodio di Santa Clara, l'arrivo all'Havana, la lettera d'addio, la nuova guerriglia e la caduta finale. Straordinaria l'interpretazione di Benicio del Toro, soprattutto a livello fisico, e gradevole il modo in cui il regista abbia deviato da quello che poteva delinearsi come uno schema agiografico, preferendo un personaggio più introspettivo. Compiere un'operazione del genere è quanto meno pericoloso per la riuscita di un film che si prefigge di restituire la storia di un uomo come Ernesto Che Guevara. Non si può ovvero prescindere da una serie di fatti precedenti alla campagna boliviana: se lontanamente si percepisce il distacco e la freddezza di Fidel – che durante le riprese appare sporadicamente – non si parla mai del difficile e contestato rapporto con l'URSS. Difficile realizzare come il contesto storico coevo non abbia influenzato il Che nei suoi rapporti internazionali, ne risulterebbe una gravissima defezione che difatti non riesce a spiegare i motivi che lo portarono ad abbandonare Cuba. È un tassello di importanza fondamentale se si vuole capire l'operato politico e morale del personaggio, ed entrare nelle dinamiche della Guerra Fredda che hanno successivamente condizionato la sua uccisione e la sua resurrezione.
La parte finale riguardo l'esecuzione viene trattata in maniera molto superficiale, come se il regista abbandonasse una verità storica già pronunciata. Da un lato non si può che asserirvi, ma sarebbe stato più efficace spiegare e dare forma a tutto quel dibattito tra Barrientos e le autorità degli Stati Uniti d'America, illuminando le zone oscure di una politica speculativa e violenta nel continente latino, offrendo il panorama agghiacciante delle dittature imposte, dei soprusi e dei massacri, per rendere ancora più evidente cosa e contro chi Ernesto Guevara combatteva.
Il Che arriva ad un tipo di socialismo che taglia i ponti con le imposizioni imperialiste dei sovietici, è e sarà per sempre un rivoluzionario. Non si tratta d'una questione di destra o di sinistra, per capire una figura del genere non servono categorie e schemi di partito o mediazioni d'ogni sorta.
Magliette e bandiere a parte, ciò che veramente rimane e quanto espresso in questa recente opera cinematografica sono l'umiltà e la coerenza, la sincerità, il coraggio, l'ingenuità, la follia di un uomo che credeva nei suoi ideali, nei valori di giustizia sociale, nell'uguaglianza, combattendo non solo con il cuore ma anche con la forza, la forza di riconquistare la libertà rubata,il diritto alla vita. 

È doveroso citare uno dei suoi aforismi che più riconducono alla totalità del suo pensiero e che in qualche modo, potrebbero valere anche in una società occidentale contemporanea avvezza alla sedentarietà intellettuale:La vera rivoluzione deve cominciare dentro di noi. Questo non è propriamente un invito, bensì un atto d'amore verso se stessi. Necessitiamo di una rivoluzione individuale e infine collettiva, una scintilla di solidarietà negli abissi del quotidiano vivere.

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