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La fuga dall'universita'

Creato il 06 febbraio 2013 da Bagaidecomm @BagaideComm
LA FUGA DALL'UNIVERSITA'Non si può certo dire che l’università italiana sia morta. Ma non si può nemmeno sostenere che stia attraversando un momento positivo. I dati forniti dal Consiglio Universitario Nazionale sono impietosi. Negli ultimi dieci anni si è registrato un calo delle immatricolazione del 17% (58000 studenti in meno). Il numero dei professori è sceso, a partire dal 2006, del 22%. Sempre dal 2006 sono spariti 1195 corsi di laurea e nella classifica OCSE relativa al numero dei laureati siamo al 34mo posto (su 36!). Nessuno nega che la componente studentesca abbia le sue responsabilità. Se la percentuale dei fuoricorso al 33% non è allarmante (i motivi per cui uno studente è fuori corso sono i più disparati), il fatto che il 17% degli iscritti non sostenga esami fa rabbrividire. Ma ovviamente, per quanto noi studenti possiamo migliorare, chi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità è una classe politica che, come per altre situazioni, non è stata in grado di capire l’esistenza e trovare la soluzione per questi problemi.L’attuale Ministro dell’Istruzione ha poche colpe. E’ vero, Francesco Profumo, ha passato un anno e mezzo a farfugliare di tablet e informatica nelle scuole, ma oggettivamente aveva le mani legate per via delle politiche economiche del governo di cui faceva parte (si attendono ancora spiegazioni in merito alla scelta di affidare ad Enrico Bondi, noto risanatore di aziende decotte e non di bilanci dello Stato, la cura della famosissima spendin review). Chi ha provato in tutti i modi, e grazie all’intervento ripetuto del TAR del Lazio non è riuscita, a sfasciare l’università italiana è stata la signora Maria Stella Gelmini (probabilmente ha ancora il dente avvelenato contro quel “sistema” che metteva in evidenza le sue lacune). La riforma della scuola che porta il suo nome – sarà un caso ma tutti i provvedimenti legislativi più disastrosi portano il nome di noti statisti: Legge Gelmini, Legge Calderoli, Legge Bossi-Fini, Legge Fini-Giovanardi – ha, tra le altre, due evidenti storture: assegnare un peso enorme ai CdA nelle Università (manco stessimo parlando di multinazionali petrolifere) e far scomparire il concetto di meritocrazia. Infatti, un altro dei dati terrificanti, che va a sommarsi a quelli di cui sopra, riguarda i tagli pesanti al fondo per finanziare le borse di studio: 3 anni fa coprivano l’84% degli studenti aventi diritto, oggi il 75%. Ora, se la crisi economica che colpisce i vari settori della nostra società per forza di cose è destinata a passare (in caso contrario secoli e secoli di teorie economiche si rivelerebbero del tutto sprecati), la crisi mostrata da queste cifre sarà destinata ad emergere tra 10 o 20 anni. Se le università si svuotano, vi sarà un problema nella costituzione delle future classi dirigenti.Se l’istruzione diventerà un lusso e non un diritto, il futuro apparirà ancora più grigio di quanto già non sia. Perché la carenza di cultura porta ad una solo risultato: la carenza di speranza. 
Carlo Battistessa

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