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Ho alcuni amici che vivono in quella gabbia. Buoni amici, bravi ragazzi, e ciò significa che la linea di demarcazione non è tracciata tra il bene e il male, è soltanto la porta di quella gabbia, un diaframma, un cancello tra l'interno e l'esterno. La gabbia e la giungla, appunto. Loro non ne usciranno. Hanno paura della giungla. Ciò non significa che amino la gabbia, anzi ne odiano alcuni tratti, ma non possono vivere senza quegli aspetti che provocano assuefazione. Continuano a fare domande sulla vita all'esterno, vorrebbero dare un'occhiata alla vegetazione rigogliosa, la fauna variopinta. Ammirano quelli che hanno avuto il coraggio di uscire (senza accorgersi che non c'è proprio nulla da ammirare, né alcuna sorta di coraggio). Sono incuriositi, ma vorranno sempre sapere come ci si guadagna da vivere lì fuori, come fare per assicurarsi un reddito fisso, sicurezza, un futuro garantito. Vogliono costruirsi un'immagine della giungla basata sul paradigma della gabbia. E questo è un paradosso. Guadagnarsi da vivere...selvaggina e frutta? Un reddito fisso...un posto a tempo indeterminato nel settore della caccia? Sicurezza nella giungla? Ma dai! Ci sono belve, serpenti, ragni da questa parte del cancello. E' come se noi, parlando della gabbia, ponessimo domande sulla libertà, l'autonomia, il tempo libero, l'indipendenza. Non le faremo, ovviamente, ed ecco perché loro a loro volta non dovrebbero porre quei quesiti. Non perché siano dei tabù o perché non vogliamo rispondere. Siamo abituati a essere curiosi, a mettere in discussione qualunque cosa, perché dovrebbe darci fastidio rispondere alle loro domande? Il fatto è che non ci sono risposte, si tratta semplicemente di domande mal poste. E' come chiedere se bisogna usare il diesel o la benzina per guidare una mela cotogna. O quanto spesso va annaffiato il capitolo di un manuale di filosofia. O se è più appropriato l'utilizzo del sale o della salsa di soia per imparare a suonare la chitarra. Personalmente sono uscito da quella gabbia perché non davo l'importanza che danno loro al salario fisso, alla sicurezza del lavoro e alla pensione. Perché ero pronto a rinunciare (almeno temporaneamente) a quei benefit per ottenere la libertà immediata, l'indipendenza, la possibilità di gestire il mio tempo. Perché non sono mai stato molto bravo a concentrarmi sul futuro, a pianificare la mia vita con anticipo. Anzi, devo ammettere che in quel campo sono proprio una frana. Ciò che riesco a vedere con chiarezza è il presente. Il passato è un'immagine ingiallita, addolcita, un po' malinconica e leggermente sfocata. Il futuro è una foto molto, molto mossa.Forse alla fine si tratta proprio di questo: la gabbia è il domani, mentre la giungla è l'oggi, ed è proprio lì che io vivo. Forse sarò qui anche domani, lo spero, ma si tratterà semplicemente di un altro oggi. Alla fine le situazioni con cui abbiamo a che fare sono sempre le stesse, possiamo solo affrontarle da angolazioni diverse. La gabbia è quel posto dove tutto ciò che si fa oggi lo si fa preoccupandosi del domani. Nella giungla invece ti occupi dell'oggi. Ogni giorno, anche domani.
Foto di una foglia-lenzuolo, Luang Prabang, Laos
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