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La generosità nella narrativa

Da Marcofre

A pagina 110 de “Il mestiere dello scrittore” di John Gardner si parla della generosità nella narrativa. Prima di spiegare nel dettaglio, dico la mia.

Quando si scrive guidati da una qualche ambizione, è impossibile e ridicolo centellinare le proprie risorse. Al contrario, devi lavorare duro, al massimo livello, senza risparmiarti.

Lo scrivo perché a volte l’esordiente ha timore di bruciarsi tutte le migliori cartucce (si dice ancora così?). Per questo motivo crede che sia un mezzo astuto quello di risparmiarsi per il prossimo capolavoro.
Che non arriverà mai.

Chi ama la parola, ci butta l’anima sempre, non importa quale sarà il destino di ciò che scrive. Non sarà mai pubblicato? Lo sarà tra 50 anni?
Non importa.

Sarà pubblicato ma non scalerà le classifiche?
Non importa.

Se scrivi seriamente significa che lo fai per restare anche quando te ne sarai andato. E siccome tu vuoi lasciare un buon ricordo di te (almeno come autore), devi dare il massimo, senza paura e condizionamenti.
Gardner quando parla di generosità si riferisce a qualcosa di leggermente differente.

L’esordiente crede che la potenza dell’intreccio stia nell’occultamento di informazioni importanti su un protagonista della sua storia.

No, questo modo di fare narrativa a casa mia si chiama “nascondino”; ignoro quali nomi abbia altrove.

Il lettore non è mai una persona da abbindolare “per il suo stesso bene”; se non altro perché è colui che… parlerà bene o male di te in giro. E se avrà l’impressione di essere turlupinato in qualche modo, stai certo che la faccenda non passerà sotto silenzio.

L’amore per la parola conduce naturalmente al rispetto del lettore. Qui Gardner scrive qualcosa su cui meditare:

 La narrativa che manca di generosità è innanzitutto una narrativa in cui lo scrittore non è disposto ad accettare il lettore come un partner della sua stessa forza.

Riscrivo l’ultima parte:

il lettore come un partner della sua stessa forza.

È un brutto colpo per l’ego di tanti esordienti che credono di giocare con chi legge, trattandolo con sufficienza o arroganza.
Gardner svela che non c’è un essere che scende dall’Olimpo e lascia al popolo bue le sue opere immortali. Certo, spesso il popolo fa di tutto per essere trattato come un quadrupede poco intelligente.

Non importa. Lo scrittore non scende da nessun Olimpo, e se anche il popolo è bue, lo deve trattare come fosse suo pari. Perché è un suo pari; magari con la memoria corta, amante della sciatteria. Ma un suo pari.


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