Magazine Psicologia
Quante volte vi sarà capitato di arrabbiarvi con qualcuno in maniera spropositata o di riversare su chi non c’entrava niente la vostra aggressività, o magari di avere una paura esagerata di una situazione oppure bere più del dovuto per dimenticare una vissuto troppo doloroso o fumarsi una sigaretta dopo l’altra per smaltire lo stress! Questi sono tutti esempi di una cattiva gestione delle emozioni. Sappiate però che alla base del benessere psicofisico c’è un equilibrio emozionale. Riuscire a riconoscere le emozioni e imparare a gestirle fa la differenza tra una vita piena di tensioni e una ricca, degna di essere vissuta. Le emozioni non sono volontarie e di conseguenza non possiamo ne crearle ne eliminarle, ma possiamo gestirle attraverso il nostro comportamento che, a differenza delle emozioni, può essere controllato. Quando le gestiamo in maniera equilibrata sono fonte di salute e vita, quando invece vengono a lungo bloccate o espresse in maniera spropositata possono essere distruttive.Dobbiamo sviluppare la nostra INTELLIGENZA EMOTIVA ovvero l’abilità di essere consapevoli dei propri sentimenti e di saperli esprimere senza farsi prendere la mano e che ci consente di comprendere i nostri bisogni profondi e di soddisfarli. L’intelligenza emotiva comprende tre abilità:
1) CONSAPEVOLEZZA EMOTIVALa prima abilità dell’intelligenza emotiva è la consapevolezza emotiva che implica la capacità di riconoscere come ci sentiamo, di dare il giusto nome alle emozioni. A volte usiamo termini che non sempre sono appropriati per definire le nostre emozioni. Questo è significativo innanzitutto di quanto la persona non si sia occupata per lungo tempo della propria vita emotiva, e poi di quanto sia difficile spiegare esaustivamente con termini corretti quello che si prova. Senza la capacità di riconoscere come ci sentiamo, di accettare quello che proviamo, e di comprendere i motivi per cui proviamo certe emozioni, non possiamo gestire le nostre emozioni. La consapevolezza emotiva richiede la capacità di accettare ciò che proviamo. L’accettazione è, appunto, la capacità di accettare che a volte fanno parte di noi emozioni che non ci piace riconoscere come appartenenti alla nostra persona. Pensiamo all’invidia: Chi di voi ammetterebbe di aver provato l’invidia? Non è possibile non provare emozioni e non è neanche utile scacciarne alcune dalla nostra vita cosciente perché non solo proviamo sia emozioni positive che negative, ma tutte queste emozioni, comprese quelle di natura sgradevole, sono utili e servono all’uomo. Pensiamo all’invidia: a cosa serve? Nelle sue modalità più genuine, quando non invade eccessivamente la nostra vita, l’invidia serve all’uomo perché attraverso tale emozione cerchiamo di assomigliare a quella persona che ha raggiunto degli obiettivi che giudichiamo come desiderabili per noi. Dunque l’invidia spinge al miglioramento. E la rabbia a cosa serve? Ci permette di manifestare i nostri diritti, di farci rispettare, di difenderci dalle offese che riceviamo. Anche la paura è importantissima perchè ci preserva dai pericoli.Talvolta, però, le persone preferiscono credere di avere un disturbo fisico (mal di testa, gastrite) piuttosto che ammettere che c’è qualcosa che non va nella loro vita poiché ammettere che c’è qualcosa che non va nella loro vita significa cominciare a doversene fare carico. Da qui anche la grande difficoltà di accettazione. Dopo l’accettazione c’è la comprensione: c’è una certa difficoltà a comprendere i fattori che si legano a un disagio. Come vi accorgete che qualcosa si sta muovendo in voi? Quando proviamo un’emozione il nostro corpo si attiva, si accende. L’emozione è un’esperienza complessa fatta di tantissime componenti: la prima è quella psicofisiologica. In ogni tipo di emozione c’è una partecipazione del corpo attraverso il sistema nervoso centrale, quello periferico e infine il sistema endocrino. Mente e corpo sono reciprocamente intrecciati, per questo il benessere mentale è fondamentale per quello corporeo. Ad un pensiero positivo corrisponde un’emozione dello stesso tipo che a sua volta provoca uno stato d’animo positivo e di conseguenza le cellule, gli organi e il sistema di difesa corporea ne sono influenzati. Lo stesso meccanismo avviene quando i pensieri e le emozioni sono negative: stress, tensioni, malessere psicologico provocano un indebolimento progressivo del sistema di difesa, esponendo l’organismo a malattie.In generale ci sono alcuni indici corporei che si attivano: la frequenza cardiaca, la respirazione, la temperatura periferica, la motilità gastro-intestinale, che può rallentare o addirittura diventare più veloce. Ognuno di noi ha una zona più vulnerabile del corpo con la quale esprime maggiormente le emozioni, qualcuno attraverso la temperatura, altri attraverso la muscolatura, oppure attraverso sindromi dolorose come la cefalea o alcuni disturbi gastrointestinali tra i quali colite e gastrite che hanno una componente psicologica elevatissima. Se non diamo la possibilità alle nostre emozioni di accedere alla nostra coscienza consapevolmente, in qualche modo esse trovano una via di scarico secondaria e molte volte la trovano nel corpo.Quando il corpo ci manda dei segnali non sono mai erronei, è una macchina talmente perfetta che i segnali che ci invia devono essere presi in considerazione perché hanno sempre un significato preciso. Le modificazioni fisiologiche hanno un senso e un’importanza fondamentale ma, quand’è che non servono più all’uomo? Quando sono esagerate, in tal caso diventano disfunzionali. Oltre alla componente psicofisiologica c’è anche quella cognitiva. Quando proviamo un’emozione non solo il nostro corpo si accende, ma produciamo anche pensieri che in alcuni casi hanno l’effetto di influenzare positivamente o molto negativamente ciò che stiamo provando. Ci sono alcune teorie che danno un primato assoluto al ruolo giocato dai pensieri nelle emozioni. Il tipo di emozione provata non dipende dall’evento vissuto ma dalla rappresentazione interna che ciascuno di noi crea nella propria mente di quell’evento, ecco perché la reazione all’evento è soggettiva. Se il corpo non inganna mai, la mente si. Le spiegazioni che ci diamo di ciò che ci accade non è mai una reale, ma è piuttosto la nostra spiegazione dell’esperienza, soggettiva ed arbitraria. Il nostro modo di pensare è appreso nel corso della vita, della nostra storia personale. Ognuno di noi porta dentro di se un insieme di schemi cognitivi, di idee, di convinzioni che ha costruito, radicato e consolidato nel corso del tempo e molti di questi schemi cognitivi influiscono tantissimo sul tipo di emozioni che proviamo.
2) CONTROLLO DELLE EMOZIONIDopo aver imparato a riconoscere le nostre emozioni possiamo cercare di controllarle. Quando un’emozione ci assale prima o poi bisognerà farci i conti, non possiamo far finta di niente. Quando l’emozione è piacevole non ci facciamo molti problemi a lasciarsi trasportare anche se durerà poco, perché le emozioni sono intense ma, se vissute, si dissolvono rapidamente. Ci sono invece emozioni che se ignorate e represse o, al contrario, espresse senza freno, possono fare male, a se stessi e agli altri. L’emozione che in genere è più difficile controllare è sicuramente la rabbia. La rabbia, la paura, l'ansia richiedono un metodo che permetta di far fronte al loro insorgere. Il metodo parte dal presupposto che un'emozione va scaricata, sempre e comunque, ma i modi di scaricarla sono tre: diretto, indiretto e sublimato.
L’irritazione scaricata direttamente si traduce in un attacco, fisico o verbale, nei confronti di chi ha causato l'irritazione; se, invece, la scarica è indiretta, l'aggressione sarà rivolta verso terzi, come quando un lavoratore frustrato urla a casa con i figli. La sublimazione è la trasformazione dell'emozione in "forza lavoro" che può essere scaricata in tantissimi modi diversi: correndo, urlando, prendendo a pugni un cuscino, camminando all'aria aperta, parlando con un amico, ballando e così viaImparare a costruire un buon rapporto con le proprie emozioni, cioè dare loro dignità di esistenza e modalità di espressione, ci eviterà i danni dei due possibili estremi, da una parte la repressione, e dall'altra l'espressione incontrollata! Possiamo trasformare emozioni spiacevoli in emozioni piacevoli dopo averle riconosciute. E’ fondamentale scegliere il momento giusto, mai quando l'emozione è forte. Dobbiamo innanzitutto riconoscere che la sensazione che stiamo provando è un'emozione e non altro, ad es. stanchezza, poi dargli un nome, ad es. "rabbia". Cerchiamo di capire in quale parte del corpo la sentiamo. Facciamo diminuire l'intensità dell'emozione facendo passare del tempo: raccontando a qualcuno come stiamo, cantando, scrivendo, disegnando, facendo una corsa… Solo quando l'emozione che proviamo è meno intensa e si avvicina alla tranquillità, possiamo farla diventare piacevole.
3)EMPATIAL’empatia è la terza abilità importantissima a livello interpersonale dell’intelligenza emotiva. Per poter educare alle emozioni non possiamo essere privi di empatia, cioè privi della capacità di riconoscere come l’altro si sente. Ma per poter essere empatici dobbiamo prima essere consapevoli della nostra vita emotiva. Come faccio ad entrare in sintonia con il mondo emotivo di una persona se non so fare questa cosa con le mie emozioni? Così come per consapevolezza emotiva intendiamo la capacità di dare il giusto nome alle nostre emozioni, l’empatia è la capacità di dare il giusto nome alle emozioni dell’altro.Il rapporto di ognuno di noi con le sue emozioni finisce con lo svilupparsi casualmente, prendendo esempio dalle persone più vicine, o da risposte automatiche agli eventi. L’intelligenza emotiva è appresa e come tale può essere educata, migliorata in qualsiasi momento della nostra vita, a qualsiasi età e soprattutto va insegnata! E’ ovvio che se non possiamo farlo con la nostra vita emotiva, non possiamo pensare di educare dal punto di vista emotivo un’altra persona.
Dott.ssa Rita Manzo
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