Eppure la memoria non dovrebbe essere univoca ed esclusiva.
C’è anche tanto altro da ricordare che rischia di cadere nel totale oblio.Nelle nostre comunità anche piccole vi sono grandi depositi di altre memorie con cui confrontarsi. Memorie di uomini,di immagini,di monumenti,di libri,di case che non esistono più, tutto un insieme di situazioni che oggi tendono ad evolvere,spesso,in maniera abnorme e distruttiva, memorie di uomini e di donne sconosciuti che si trasformano in storia, diari,romanzi, albums, racconti autobiografici. i beni dell’arte e della cultura. Ma per apatia e indifferenza non abbiamo fatto uso giusto della memoria e siamo diventati sempre più gente senza memoria, quindi priva di coscienza, complice di tante speculazioni, artefice dell’oblio.
Memoria non significa solamente ricordare, non dimenticare, non rimuovere, non obliare. Significa rispettare la vita passata, nutrirla, ravvivarla, conoscere quel che è accaduto anche nei nostri microcosmi, la vita dei nostri antenati, le loro virtù e gli errori, le loro gesta.
Chi non ha più pietas e non vuole ricordare, come a me è capitato, potrebbe dirci di lasciare in pace i morti, nel loro silenzioso eterno riposo. Di solito i vivi ,specialmente i benestanti, non vogliono sentirsi ricordare i morti ai quali debbono il proprio presente benessere.
Liborio Romano, è stato un personaggio controverso e discusso: si va dagli insulti ottocenteschi di camorrista e traditore, ai neoborbonismi odierni del tipo boia delle Due Sicilie. Bersaglio indubbiamente di violenti sentimenti contrapposti. Una memoria la sua, che continua a dividere nonostante la sua azione politica sia stata italianamente unitaria: ancor oggi vi si esercitano acidamente gettonati moralisti i quali insistono, con anacronistica petulanza, intorno alla qualità del metodo adoperato nella drammatica emergenza di cui fu arbitro, indipendentemente dalla grandezza del bene pubblico che ne derivò.
Come a molti è noto, sono fra i salentini che si stanno attivando per riscattare dall’oblio l’uomo di Patù di cui mi sento orgoglioso conterraneo. Nel mio recente libro Momenti e figure del Risorgimento Salentino ho inteso spezzare l’indecente vulgata sabauda dei soliti noti ( che i nostri avi onorarono da subito intitoladogli vie e piazze dei nostri paesi) con una specie di brindisi unitario esteso anche a Romano, perché credo che spetti anche a lui di diritto il titolo di padre della patria. Fu lui, nel bene e nel male, che nel settembre 1860 compì, senza colpo ferire, i destini dell’Unità Nazionale. Non certo per ambizione di un ministero.
E’ opportuno che agli storici si uniscano anche gli avvocati, della cui categoria Romano fu uno dei massimi esponenti, in una congiunta azione di riscatto. Magari proponendo una pubblica sottoscrizione per un busto in suo onore. L’Ordine degli avvocati cui ho dedicato il paragrafo Liborio Romano il nostro padre della patria, col suo presidente Luigi Rella, sarebbe il più titolato a farla. Non è più tollerabile che una delle maggiori illustrazioni di questa provincia continui ad essere percepito come un volgare opportunista, in una società che dell’opportunismo ha fatto la sua filosofia di vita. Serve perciò che ciascuno di noi si impegni a far sì che gli si tolgano di dosso 150 anni di DAMNATIO MEMORIAE e gli si restituisca, alla vigilia del compleanno della grande patria, una reputazione ingiustamente sconciata dall’odio di parte.
Magari
PALINGENESI
Resteremo in pochi.
Raccatteremo le pietre
E ricominceremo.
Saremo nuovi.
Non saremo noi.
Saremo altri, e punto
Per punto riedificheremo
Il guasto che ora imputiamo a voi.