Una volta, ricordo Tangentopoli tanto per fare un esempio, un politico toccato da uno scandalo spariva dalla circolazione. Qualcuno si suicidava, alcuni venivano suicidati, altri scappavano all’estero, quasi tutti non si facevano più vedere, se non per la vergogna, per ragioni di opportunità. Assistere a Fiorito che fa ospitate su ospitate in televisione, oltre a far montare ulteriormente la rabbia nel cittadino defraudato, fa capire in quali tempi viviamo, tempi in cui i mezzi di comunicazione di massa, in primis la televisione, certificano l’esistenza e scandiscono i ritmi della vita di ogni personaggio pubblico.
Nel caso specifico la televisione si sta sostituendo alla giustizia. L’operazione che Fiorito sta portando avanti non è soltanto dettata dalla sua vanità (che pure sembra sconfinata) ma anche e soprattutto dalla necessità di difendere se stesso dalle accuse. Normalmente ciò dovrebbe avvenire davanti al potere giudiziario ma, nella nostra civiltà, è molto più importante farlo davanti al potere mediatico. Perché anche qualora la giustizia desse un verdetto di colpevolezza nei confronti del reo, nulla varrebbe se la televisione e i suoi utenti giudicassero lo stesso non colpevole.
Fiorito sta cercando non soltanto la solidarietà degli Italiani, almeno di quelli incollati alla tv, ma la loro assoluzione morale, facendo passare il concetto che se una cosa la fanno tutti è di fatto legalizzata. Fiorito non andrà in galera, questo mi pare certo. Ma riuscirà forse ad uscire da questa squallida vicenda immacolato perché sarà riuscito, grazie alla televisione, a lavare le sue colpe davanti ad una giuria di Italiani che lo giudicheranno dal tavolo della cucina tra due spaghetti e una scaloppina.
Luca Craia