La grande bellezza
Io Paolo Sorrentino lo amo, ma
proprio a prescindere. La sua fantasia onirica ed il suo modo di scrivere le storie corrisponde esattamente alla mia visione del mondo e della realtà circostante. Sì lo so, per molti è
ridondante, modaiolo, troppo manieristico anche a volte.Ma a me piace, lo trovo stimolante e molto vicino a me.
L’ho già detto che la Sorrentino mi piace? E mi piace dai tempi de L’amico di famiglia e anche nonostante blasonati critici gli vomitino addosso che lui non è più lo stesso, che si è
perso, che è tutto un bluff. Ecco, magari io la computer grafica la odio a prescindere e gli aironi… ma vabbè.
Peccato veniale.
Insomma, sono andata al cinema a vedere La grande bellezza tutta contenta insieme all'Amoremio, ci aspettavamo una grande storia e non siamo rimasti delusi né dalla sceneggiatura, né
dagli attori. Mi è piaciuta pure la Ferilli, per dire. Ma non voglio perdermi in recensioni cinematografiche che non ho la competenza di fare, posso dire solo quel che provo io a pelle e quindi
il mio giudizio per gli altri vale zero.
E allora?
Allora niente, nel nostro essere abituati al salotto di casa, alla tv a pagamento allo scar... ehm, ad affittare dvd, uno si dimentica una cosa essenziale: al cinema non sei solo con i
tuoi amici ed i tuoi cari. O meglio, al cinema ti può capitare accanto un villano orribile e rovinarti due ore di relax.
Entriamo in sala e già capiamo che aria tira: ai
nostri posti ci sono sedute due ragazze poco più che ventenni con i piedi appoggiati sul sedile davanti.
"Ehm, scusa. Il posto è mio" Dico ad una sventolando il biglietto.
Lei mi guarda come fossi una blatta, inizia a masticare furiosamente la gomma e sposta lo sguardo in avanti. Interviene allora l’Amoremio, da vero cavaliere servente:”Ragazzina, facciamo che ti
sposti o chiamo la sicurezza del cinema?” Lei ci guarda come se fossimo due masse di cacca equina, prende per mano la sua amica e sempre masticando come se non ci fosse un domani si
allontanano.
“Se mi viene una figlia così la mando in un collegio di suore”
“Aehm, potresti fare peggio.”
Cominciamo bene.
Parte la pubblicità pre-film e mi rendo conto che la
mia vicina è una ragazza che avrebbe urgente bisogno di scambiare quattro chiacchiere con Marco Bianchi. Ma anche con una estetista. Ma non è questo il
punto. E’ che chiacchiera, chiacchiera con la sua vicina che non riesco a vedere come se fosse al bar.
Smetterà, mi dico. Appena inizia il film smetterà.
E invece no.
Nonostante gomitate, colpi di tosse, illazioni più o meno velate da parte mia. Niente.
Ha chiacchierato sempre.
Blablablabla.
Senza soluzione di continuità.
Sempre.
E sullo struggente finale, con una Roma assonnata che si sveglia piano piano, appena compaiono i titoli di coda ha esclamato: “Non ci ho capito un caxxo.”
“Strano!” m’è venuto da ribattere a voce un po’ troppo alta.
S’è fatta rossa, m’ha guardato in faccia e per un attimo ho pensato che mi saltasse addosso come un (grosso) gatto. Invece no, ha raccolto le sue
cose e se n’è andata di corsa.
Non chiedetemi che cosa ci facesse questo circo ad
un film considerato abbastanza impegnato, non lo so proprio. Magari la canzone della Carrà li avrà tratti in inganno, magari c’era Verdone e loro han creduto che fosse un film sui
coatti, cosa alla fine anche parzialmente vera alla fin fine.
Io il film me lo sono goduto lo stesso alla fine, ma mi chiedo: vai al cinema solo per cambiare aria? Non ti puoi andare a bere una birra, invece? devi dire iocisonostato?
Ma soprattutto, l’educazione è morta?