La grande sanatoria (per la serie, l'assalto alla diligenza non c'è stato ..)
Creato il 23 dicembre 2014 da Funicelli
Sergio Rizzo sul corriere, a proposito della sanatoria per Sisal
Incalzato dai grillini al Senato, Matteo Renzi tuonò: «Adesso basta con
le marchette in Parlamento!». Sentendosi rinfacciare sulla «Stampa» da
uno del suo partito, il presidente della commissione Bilancio della
Camera Francesco Boccia: «Veramente il primo a fare le marchette è stato
il governo. Al Senato ha presentato novanta emendamenti...». Alcuni del
quali con nome e cognome.
Per esempio, quello sui giochi messo a punto dagli uffici delle Finanze, che ha un destinatario preciso:
la Sisal, società concessionaria presieduta dall’ex ministro delle
Finanze ed ex commissario dell’Alitalia Augusto Fantozzi, controllata
dalla holding lussemburghese Gaming invest. L’obiettivo è rianimare il
Superenalotto, ormai da tempo in caduta verticale. La ragione è che si
vince troppo poco in rapporto con altri giochi d’azzardo. Per metterci
una pezza non resta che consentire di aumentare la percentuale di
vincita con, testuale, «l’adozione di ogni misura utile di sostegno
della offerta di gioco». Interventi che però potrebbero anche avere
ripercussioni sul gettito erariale: in un senso positivo, ma come pure
nel senso opposto. Che fare, allora? Siccome nessuno ha la palla di
vetro, ecco che nell’emendamento salta fuori una innovazione
formidabile, tenuto conto dell’inflessibilità con cui i guardiani dei
nostri conti dispensano il prezioso bollino. Qui, infatti, il problema
della copertura non solo non viene preso in considerazione, ma si
precisa che considerati «obiettivi e ineliminabili margini di
aleatorietà» delle scelte che saranno fatte, «i provvedimenti adottati
ai sensi del presente comma non comportano responsabilità erariale
quanto ai loro effetti finanziari». Un capolavoro.
In quell’emendamento, in realtà, c’è anche una specie di sanatoria per le migliaia di negozi di scommesse privi di
concessione statale ai quali verrebbe offerta «una opportunità di
redenzione nella direzione del circuito ufficiale e legale di raccolta
di scommesse». In che modo? Pagando una certa somma entro la fine di
gennaio 2015 come tassa di ingresso nel sistema alla luce del sole. La
questione ha almeno una decina d’anni e non è mai stata risolta: nasce
da una serie di ricorsi presentati a Bruxelles da soggetti che si
ritenevano discriminati, e per questo hanno ritenuto di poter operare
anche senza aver ottenuto (ma neppure chiesto) la prevista
autorizzazione. Parliamo di un fenomeno che negli anni ha raggiunto
proporzioni enormi, se si pensa che il volume delle scommesse raccolte
da costoro è dell’ordine di 2 miliardi e mezzo l’anno contro i 3,7
miliardi dei negozi regolari: semplicemente astronomica l’evasione
fiscale connessa a questo sistema parallelo. La relazione tecnica
quantifica lo stima in circa 7 mila punti, a fronte dei 7.400 legali,
distribuiti sull’intero territorio nazionale. Anche se «dagli
accertamenti condotti dalla guardia di Finanza emerge che la rete degli
operatori non autorizzati è principalmente localizzata nelle grandi aree
urbane e nelle zone meridionali, dove la raccolta media è di gran lunga
più alta». Accertamenti che peraltro hanno innescato una forma di
intimidazione senza precedenti nei confronti dei dirigenti dell’Agenzia
dei Monopoli e dei finanzieri incaricati dei controlli e del recupero
delle imposte non pagate presso questi negozi non autorizzati, che si
sono visti recapitare almeno 160 cause e atti di diffida individuali.
Tutto questo avviene sullo sfondo di un passaggio cruciale. È quello
del rinnovo delle concessioni in scadenza sia per i giochi numerici
cosiddetti «a quota fissa» che per il lotto. E qui gli
emendamenti del governo contengono un’altra sorpresa. Non per la durata
delle concessioni, fissata in nove anni, né per la base d’asta stabilita
in 700 milioni di euro, e neppure per il livello degli aggi o per gli
altri obblighi imposti agli eventuali partecipanti. Ma per la
composizione della commissione di gara: che dovrà essere «composta di
cinque membri di cui almeno il presidente e due componenti scelti tra
persone di alta qualificazione professionale (e i due rimanenti?, ndr ),
inclusi magistrati o avvocati dello Stato in pensione». Ricordiamo male
o il governo aveva deciso di vietare l’affidamento di incarichi
pubblici ai pensionati statali? Verissimo. Salvo poi concedere, com’è
stata concessa, una deroga per i componenti delle commissioni. La
ragione? Che si fa fatica a convincere i dipendenti pubblici a farne
parte, causa la modestia dei compensi. Allora, porte aperte ai
pensionati...
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