« Un movimento di emancipazione contro "l'austerità" e la gestione repressiva della crisi dovrebbe mirare a rompere, coscientemente, il legame esistente fra produzione di ricchezza e produzione di valore. Si tratta di rifiutare in modo offensivo la questione della "sostenibilità finanziaria". »
Di chi è la responsabilità della crisi finanziaria ed economica che sta tenendo il mondo con il fiato sospeso, oramai dal 2008? Si tratta degli "avidi banchieri" oppure si tratta dello "Stato drogato dal debito"? Secondo Ernst Lohoff e Norbert Trenkle, filosofi ed economisti tedeschi del gruppo "Krisis", nessuna di queste due risposte è soddisfacente. La causa della crisi, secondo loro, è molto più profonda. Essi analizzano l'enorme bolla dei mercati finanziari, nel corso degli ultimi tre decenni, in quanto conseguenza della crisi strutturale fondamentale del modo di produzione capitalista, la cui origine risale agli anni 1970. La terza rivoluzione industriale, avvenuta allora, ha causato un'estromissione accelerata della forza lavoro, dal processo di produzione, che ha così minato le basi di qualsiasi valorizzazione del capitale in seno alla "economia reale". La crisi strutturale della valorizzazione del capitale non ha potuto quindi più essere rimandata se non facendo un massiccio ricorso all'anticipo - ad una scommessa - del valore futuro, che ha preso la forma del credito e della speculazione. Oggi, l'accumulazione del "capitale fittizio" ha raggiunto il suo limite, perché il debito precedente accumulato non può più essere "onorato".
Il concetto del "capitale fittizio" - questa è la tesi dei due autori - è fondamentale per poter comprendere il processo della crisi attuale. Dopo un breve riassunto storico dell'evoluzione dell'economia nella seconda metà del ventesimo secolo, Ernst Lohoff e Norbert Trenkle passano ad esporre, nella seconda parte dell'opera, le basi teoriche per comprendere questo tipo di capitale (che propongono di chiamare "merci di tipo 2") e del suo ruolo nel processo di accumulazione capitalista. Nella terza parte, viene analizzata l'evoluzione della funzione di capitale fittizio dentro lo sviluppo del modo di produzione capitalista. Se il suo ruolo rimaneva subordinato all'economia cosiddetta reale, ai tempi della rivoluzione industriale, nell'epoca del fordismo esso assume un'importanza sempre più crescente, come elemento di innsesco e punto di partenza dell'accumulazione. Ma mentre, allora, questo suo "anticipo" poteva ancora essere onorato per mezzo della produzione di un valore reale (materiale e sensibile), questo, oggi, nell'epoca della terza rivoluzione industriale, non può più avvenire. Il capitale fittizio si è trasformato, a sua volta, esso stesso, in motore dell'accumulazione; cosa che non può funzionare se non per mezzo di un anticipo sempre maggiore, rispetto al futuro.
Dopo la crisi del 2008, il crollo catastrofico del sistema capitalistico mondiale non può essere più impedito se non per mezzo in un intervento massiccio da parte dello Stato e delle banche centrali, come mai prima nella storia si era visto. Se nel presente si devono subire le conseguenze di questa crisi, sotto forma di debito pubblico e di "politiche di austerità" imposte alla società, questo non è perché abbiamo vissuto "al di sopra dei nostri mezzi", e quindi bisogna "tirare la cinghia". Ma, al contrario, affermano Lohoff e Trenkle, la società vive largamente al di sotto delle possibilità che sono state create dalle nuove potenzialità della produttività; solo che, queste potenzialità, si trasformano, sempre più, in forze distruttive del sistema capitalistico.
La società - questa è la tesi conclusiva - è oramai troppo ricca, per il capitalismo.
L'analisi originale della crisi, qui sviluppata, si fonda su una lettura della teoria marxiana che si oppone, in numerosi punti, al marxismo tradizionale e a quella che è l'attuale "rinascita di Marx". Qui, Marx è assai meno il teorico della lotta di classe quanto, piuttosto, colui che sviluppa la critica radicale di una società che si fonda sulla produzione di merci, e che si scontra con le proprie contraddizione interne. Gli autori si collegano a questo pensiero, lo sviluppano, e lo fanno in maniera dettagliata e documentata.
Ne risulta un'analisi della crisi che si oppone a tutto ciò che attualmente viene scambiato nel mercato delle idee.
Ernst Lohoff et Norbert Trenkle (Krisis)
LA GRANDE DÉVALORISATION
Pourquoi la spéculation et la dette de l’État ne sont pas les causes de la crise
Essai traduit de l’allemand par Gérard Briche
En librairie le 22 mai 2014
320 pages - 23,00 €
Post-éditions