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La guerra

Creato il 10 dicembre 2012 da Cultura Salentina
La guerra

Battaglia di Anghiari: Paul Rubens copia della parte centrale del dipinto (da Wikipedia)

Il 30 luglio 1932 da Gaputh (Potsdam), Albert Einstein scrive a Sigmund Freud una lunga ed articolata lettera che ha per oggetto la guerra, ricevendone un’ampia ma, in un certo senso, desolante risposta. Il fisico, impressionato dai guai che la società può apportare a se stessa con l’uso di armi sempre più sofisticate, chiede lumi allo psicologo, che lo istruisca sugli istinti che conducono l’uomo all’autodistruzione.

La domanda è formulata in modo esaustivo e contiene già al suo interno, la desolante risposta. Ciononostante i due grandi dialogano, annaspano, si arrovellano, nella ricerca di una soluzione esauriente, di una speranza di pace che liberi l’uomo da questo flagello, ma che mi par di capire, alla luce di un’attenta lettura dei loro scritti ed un’accorta analisi storiografica del percorso umano, sia espressione fondamentale della natura stessa di tutta l’umanità. Eros e Thanatos, la pulsione della vita e la pulsione della morte in un gioco infinito, in un alternarsi senza fine di scontri, compromessi, sottomissioni, trattati, conferenze, dibattiti, firme, propositi che poi sfociano inevitabilmente, sconsolatamente, nell’eterno conflitto che regola le sorti dell’umanità, della vita stessa in tutta la sua complessa varietà oserei dire. Guardiamoci intorno. Riguadagniamo per un attimo la nostra più intima essenza.

Passiamoci le dita sulle radici dei canini, tocchiamoci il coccige con quel brandello di coda, guardiamo i nostri occhi puntati in avanti come quelli di tutti gli altri animali predatori. E’ quella che chiamiamo ferocia che ci consente di sopravvivere, è lo scontro, la crudeltà mista e condita dalla “pietas”, dall’amore, dalla compassione, dalla misericordia. Fuori dagli schemi classici, fuori da ogni vuota retorica, non siamo noi che aggrediamo ogni giorno, fin dal primo respiro, i diritti degli altri uomini, piante, animali, cercando di assoggettarli ai nostri voleri  e  alle nostre esigenze? Salvo poi a dirci pacifisti, ad innalzare inutili vessilli arcobaleno che gridano una verità scontata ma senza riscontro pratico, senza nessuna possibilità di soluzione. Ci hanno provato in molti ma la verità è una sola come fece dire Platone a Trasimaco nel primo libro della “Repubblica”: La verità è del più forte”.

Quando l’uomo era vestito da scimmia lottava contro i suoi simili brandendo improvvisati bastoni, la prima espressione pratica di quegli organi accessori che la funzione del dito opponibile gli consentiva ormai di costruire, in una corsa verso il dominio assoluto ed incontrastato della terra. La forza dell’idea si sostituiva alla forza bruta ma senza abbandonare il primitivo disegno che è: “dominare per non essere dominati”. Gli studiosi di ecologia, gli esperti di evoluzionismo, gli specialisti della vita, sanno che la comparsa dell’uomo è relativamente recentissima nella storia del pianeta, recente e dirompente perché porta con sé distruzione e morte ma anche qualcosa di molto più allarmante, la coscienza di sé, la coscienza di dover morire ed il dolore insito in questa scoperta.

Così nascono le religioni, nascono dal desiderio d’immortalità, dal rifiuto che tutto finisca col cessare del respiro, antiche credenze, dalla reincarnazione al giudizio universale, dalla trasmigrazione delle anime alla loro punizione eterna. E nascono i nuovo potenti, ai capi tribù si sostituiscono gli stregoni, ai guaritori i sacerdoti. I gestori delle anime, i tutori della vita eterna diventano i nuovi capi, le religioni i nuovi eserciti. E partoriscono le crociate, le lunghe guerre di religione, le conversioni forzate, l’assoggettamento al proprio credo, le lotte intestine tra cattolici ed ortodossi, tra Sciiti e Sunniti, tra laici e credenti. Ma la verità è più complessa e impaurisce e sgomenta come  ci suggerisce Egdar Lee Masters in questa sua breve lirica tratta dall’Antologia di Spoon River:

Quando vi sarete arricchiti l’anima

il più possibile,

con i libri, la riflessione, il dolore, la conoscenza degli uomini,

la capacità d’interpretare sguardi, silenzi,

le pause nei grandi mutamenti,

il genio della divinazione e della profezia;

sicché vi parrà a volte di tenere il mondo

nel cavo della mano;

allora, se per l’affollarsi di tanti poteri

entro il cerchio della vostra anima,

l’anima prende fuoco,

e nell’incendio dell’anima

il male del mondo è illuminato e reso intelligibile -

siate grati se in quell’ora di visione suprema

la vita non v’inganna. 


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