In vista della nuova assemblea le società maggiori affidarono l’onere di preparare un progetto di riforma del campionato a Vittorio Pozzo. Proprio quel Vittorio Pozzo, caro Frankie: giornalista tra i più acclamati, grande conoscitore di calcio europeo, già commissario unico della nazionale ai giochi olimpici del ’12 e futuro commissario unico della nazionale italiana campiona di tutto negli anni ’30. Si giunse così all’assemblea del luglio 1921 con l’intenzione ufficiale di scongiurare la scissione, anche se – allo stato delle cose – si presentava invece come inevitabile. Il progetto Pozzo, che prevedeva un torneo a 24 squadre diviso in due gironi con finale tra le vincitrici dei rispettivi gironi, nell’assemblea tenutasi tra il 23 e il 24 luglio con 113 voti contrari e 65 favorevoli venne respinto. Perchè se era vero che tutti condividevano la parte del progetto che assicurava la speditezza della competizione, il dissenso – insanabile per come si erano messe le cose – nasceva attorno ai criteri di ammissione, rivoluzionari per l’epoca, che sembravano favorire i grandi club, criteri che prevedevano il valore tecnico del momento, l’anzianità e la saldezza finanziaria. Insomma, caro Frankie, un bel salto nel futuro.
Come effetto immediato della bocciatura del progetto Pozzo, i rappresentanti delle maggiori società lasciarono l’assemblea e si unirono in una Confederazione Calcistica Italiana (C.C.I.), gettando le basi per la disputa di un altro campionato concorrente a quello tradizionale: come dice Cerretti, lo scisma era così pienamente attuato.
Il quotidiano La Stampa così nel numero del 26 luglio chiosava la lunga cronaca di quella drammatica due giorni:
“Ora la parola di pace, al di sopra di tutte le sterili ed incresciose questioni politico-finanziarie alimentate dai dirigenti con un unanimità impeccabile, forse la parola di pace potrà venire dagli uomini di sport dell’una e dell’altra parte, dai giocatori che sono al di sopra di ogni competizione…di gabinetto ed ai quali soltanto dobbiamo riconoscere il merito altissimo di aver imposto all’attenzione d’Europa il nostro sistema di gioco.”
Dunque durante la stagione 1921/22 si giocarono due campionati paralleli, anche se solo la F.I.G.C. era legittimata, secondo lo statuto internazionale, ad organizzare quello – diciamo così – ufficiale, poiché la F.I.F.A. riconosceva una sola federazione per ogni affiliata. Da una parte si disputò il campionato della F.I.G.C., giocato da 46 squadre – quasi tutte espressione di piccoli centri del Piemonte e della Toscana – che per la modestia tecnica di tali squadre non ebbe il successo di pubblico sperato e che terminò con la vittoria della Novese, che solo alla terza partita riuscì a battere in finale la Sampierdarenese.
Ben diverso lo spessore tecnico del campionato degli scissionisti, quello organizzato dalla C.C.I, al quale parteciparono oltre a tutti gli squadroni metropolitani e le grandi provinciali del nord anche le migliori formazioni del centro-sud. Il torneo venne giocato al nord tra 24 squadre divise in due gironi (secondo il progetto studiato da Pozzo) e al centro-sud da 36 squadre divise in gironi regionali; al termine era prevista la finale nazionale disputata in andata e ritorno che vide la vittoria della Pro Vercelli sulla Fortitudo Roma (3-0 ; 5-2)
Fu, quello del 1921/22, l’ultimo scudetto vinto dalle Bianche Casacche della Pro Vercelli e, più in generale, il canto del cigno della provincia: ormai il calcio italiano andava dritto dritto verso le metropoli, là dove c’era più denaro, insomma.