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Il flusso di ricordi di Juliette si infrange su quel gracchiare fastidioso eppure è dolce cullarsi nella memoria di quel giorno in cui in un locale superaffollato incontrò Romeo, il suo Romeo, quasi volessero diventare una coppia letteraria a furor di nomen omen.
La passione al primo sguardo, la complicità, l'amore. Il nido in cui viverlo circondati dall'affetto delle proprie famiglie, ristretta e disfunzionale quella di lui, tradizionalista e incline al conformismo quella di lei.
E poi Adam, il loro primo figlio, con il nome del primo uomo mai apparso sulla faccia della Terra.
Pillole di felicità che fanno dimenticare tutto eppure c'è qualcosa che non va.
Adam non sta bene. E' malato, non riesce a camminare, tiene la testa reclinata, vomita un po'troppo spesso forse ha un gonfiore o forse no è l'ansia da genitore. Accertamenti clinici. La terribile scoperta.
Adam ha un tumore al cervello che fortunatamente può essere operato ma deve essere affidato alle cure del miglior chirurgo di Francia.
La guerra è dichiarata è la storia delle prove a cui è sottoposto il loro amore. La lotta per la sopravvivenza del piccolo Adam si trasforma in un percorso formativo del loro rapporto e del loro "fare famiglia" con tutte le piccole e grandi increspature che il destino può mettere di traverso davanti a loro.
Lo stile della Donzelli è meno trasversale rispetto al precedente La reine des pommes ma rimane comunque in una posizione laterale, oserei dire tangenziale , rispetto ai generi cinematografici tradizionalmente conosciuti.
Non è un classico film sulla malattia e sul male, è un inno alla gioia di vivere e all'esorcizzazione del dolore condotto sul filo dei contrasti.
Parlando di una vicenda ampiamente autobiografica la Donzelli e il suo compagno ( allora anche di vita) Elkaim ci raccontano della difficoltà della vita di coppia e delle geometrie variabili dei sentimenti .
La loro coppia muore, rinasce e forse muore di nuovo, definitivamente. Ma Adam c'è.
Lo stile registico in cui il sonoro è tuttuno con la parte visiva è come al solito debordante di suggestioni e di digressioni dallo spartito, un piccolo manuale di Nouvelle Vague, insomma.
Anche più che nell'esordio, vedendo questo film si pensa a Truffaut, quelle dissolvenze ricordano molto da vicino i capitoli di mezzo della saga di Antoine Doinel ( Baci rubati e Non drammatizziamo...è solo questione di corna, uno sfregio assoluto al bel titolo originale Domicile conjugal) .
La guerra è dichiarata pur parlando di vicende strettamente personali crea una sorta di cortocircuito con la realtà facendosi travolgere da una contagiosa voglia di vivere capace di vincere qualsiasi malattia.
E quelle scene con la famigliola (vera, perchè il bambino che si vede è il figlio della Donzelli e di Elkaim) in riva al mare con le onde rabbiose che lambiscono il bagnasciuga sono decisamente un bel brano di cinema.
Come tutto il film che è ottimo per disintossicarsi dalle brutture quotidiane.
Terapeutico.
( VOTO 8 + / 10 )
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