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I meno sbadati magari si ricorderanno di quanti dibattiti anni or sono sono stati officiati sul tema della guerra giusta. Per i meno dotati di memoria sarà comunque facile rinfrescare i propri ricordi grazie alla rete, gigantesco archivio che tutto conserva del bene e del male prodotto dalla mente degli umani.
Erano i tempi della guerra in Iraq e delle manifestazioni per la pace senza se e senza ma, con lo sventolio incessante, interminabile e alla fine quasi ossessivo, di migliaia e migliaia di bandiere arcobaleno, divenute un vero e proprio simbolo di appartenenza al circolo dei "migliori", ovvero quelli che si sentono essere per moralità e dignità al di sopra della media.
Non sono ancora nemmeno terminati i conflitti per cui quelle manifestazioni oceaniche e tutte quelle dotte discussioni furono poste in essere, che arriva un'altra guerra "giusta", ma senza che nessuno abbia stavolta niente da ridire. Sembra invece che la guerra contro la Libia di Gheddafi, perché ormai è guerra dichiarata, checchè ne dica il ministro Frattini, abbia raccolto una sorta di unanimità di consensi difficile da spiegare se non con una serie di coincidenze che hanno falsato il naturale corso delle cose.
A trarre in inganno i cosiddetti pacifisti, quelli ammantati dalle bandiere arcobaleno quando farlo ha per loro un qualche vantaggio, è stata la posizione di vicinanza del governo Berlusconi e dell'Italia in genere, con il regime di Gheddafi, stabilita attraverso una serie di rapporti economici e partecipazioni finanziarie libiche in banche, industrie e varie attività commerciali.
Questi rapporti in essere avevano fatto sì che il governo abbia avuto nelle fasi iniziali della rivolta libica un atteggiamento di attesa, in contrasto con l'interventismo manifestato da altri paesi, come la Francia del napoleonico Sarkozy, che si era subito dichiarato pronto ad intervenire militarmente per abbattere il dittatore.
Ma il filosofo salumiere (o salumiere filosofo?) Pierluigi Bersani, non aveva calcolato che l'esigenza di mantenere i contratti delle estrazioni petrolifere libiche concesse all' Eni avrebbe costretto il governo a seguire le mosse di quelli che saranno pure alleati, ma in questo caso sono soprattutto dei concorrenti per l'approvvigiamento energetico.
Questa è l'unica vera ragione che ha spinto il governo italiano a mettere in moto l'apparato militare (finalmente all'altezza della situazione, dopo decenni nei quali le forze armate nazionali hanno versato in condizioni pietose).
Perché dovrebbe essere ben chiaro a tutti che le bandierine che Obama, Sarkozy, Cameron e il nuovo arrivato Zapatero, si proprio Zapatero, la speranza della sinistra democratica laica e pacifista, non sono quelle dei rispettivi stati, ma quelle delle grandi compagnie petrolifere nazionali, Exon, Total, BP, Repsol.
Probabilmente lo hanno capito solo ora, a cose ormai precipitate, come sempre gli succede. Adesso infatti pretendono dal governo una linea di prudenza e di rispetto delle risoluzioni di non si sa quale attività dell'Onu.
Che i nostri alfieri della sinistra siano un pò fessacchiotti se n'erano accorti da tempo tanti italiani, ma una manifestazioni cosi palese era difficile da prevedere.
A questo punto bisogna vedere se anche i media che da sempre polemizzano su scelte di politica energetica per loro incomprensibili riusciranno ad andare oltre il loro naso e comprenderanno perché, ad esempio, si è scelto di affidarsi alle risorse energetiche russe, invece che a quelle del medio oriente, e perché si è scelto di finanziare e partecipare al più costoso gasdotto "Southstream" invece che al più economico "Nabucco", specialmente oggi, che anche la Germania (unica potenza europea a non partecipare alla guerra libica, chissà perché) decide di affiancarsi nella realizzazione del primo.
Difficile però che i nostri eroi possano abbandonare la loro usuale retorica sull'intervento umanitario, volto ad evitare lo sterminio dei civili e l'instaurazione di un regime democratico, anche se dovrebbe essere ben chiaro a tutti che in Libia non ci sono folle di rivoltosi e che lo scontro è tra fazioni tribali che porteranno o alla sostituzione del vecchio rais con uno nuovo, oppure alla divisione della Libia in due Stati, uno controllato da Gheddafi e un altro dai suoi avversari, la cui natura è tutt'altro che chiara.
Ma il grande pericolo per l'Italia rimane l'ondata di profughi che, satato il controllo libico, continuano ad arrivare dal Nord Africa. Decine e decine di migliaia di individui che nessuno sa dove sistemare, che cominciano già a fare danni. L'unica certezza che si può avere è che non sarà il filosofo salumiere (o salumiere filosofo?) a trovare la soluzione del problema.
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