La joie de vivre - Emile Zola
E’ il dodicesimo libro del ciclo dei Rougon Macquart e oppone il personaggio di Pauline, positivo e amante della vita, a quello di Lazare, dominato dalla paura della morte e dal pessimismo.
Pauline, rimasta senza genitori a 10 anni, viene accolta dagli zii Chanteau nella loro casa di Bonneville.
La piccola orfanella porta con se un’eredità di cinquecentomila franchi, in titoli, che la zia promette di custodire fino alla sua maggiore età.
L’infanzia di Pauline trascorre serena in questo villaggio della Normandia tra i giochi con il cugino Lazare e le lunghe passeggiate sulla spiaggia.
Caratterizzata da un rapporto malsano con i soldi, la zia Chanteau educa Pauline come se fosse sua figlia.
Quando Lazare, improvvisamente preso da una forte passione per la chimica, decide d’investire in un’azienda di bonifica delle alghe marine, la zia convince Pauline ad utilizzare una parte della sua eredità per finanziare l’impresa.
Da quel momento i soldi di Pauline saranno l’ossessione della zia che vi attingerà in ogni occasione per finanziare gli investimenti azzardati di Lazare.
In seguito ai vari fallimenti delle iniziative del figlio e all’impoverimento di Pauline, la zia accusa la giovane nipote di portare sfortuna, di essere avara, ingrata ed egoista.
Divorata dalla malattia e ormai in punto di morte, la zia Chanteau arriverà ad accusare Pauline di averla avvelenata.
Prima della sua morte, la zia aveva acconsentito al matrimonio tra Lazare e Pauline che con il passare del tempo provavano un profondo affetto l’uno per l’altro.
Pur essendo molto innamorata di suo cugino, Pauline rinuncia al matrimonio e convince Lazare a sposare Louise, figlia di un ricco banchiere.
Pauline sacrifica la sua felicità a favore di quella del cugino che, costantemente in preda a crisi di pessimismo e nichilismo, sembra non essere capace di trovare serenità.
Il matrimonio di Lazare si rivela un fallimento anche a causa dell’apatia e dell’ossessione della morte del giovane.
Dopo una sofferta gravidanza Louise metterà al mondo un bambino in fin di vita che si salverà solamente grazie all’intervento di Pauline che passa delle ore a praticare la respirazione bocca a bocca al neonato.
La morte aleggia sull’intero romanzo e segna tristemente la vita di questa famiglia tormentata dalla tristezza.
L’ombra della grande falciatrice è onnipresente nelle pagine del libro: nella malattia che fa soffrire terribilmente lo zio Chanteau, nella prematura scomparsa della zia, nella perenne paura di Lazare e nel suicidio finale di Veronique (la cameriera).
Numerosi sono i riferimenti allegorici che richiamano significati profondi.
Il mare, per esempio, con la sua forza divoratrice che si scaglia contro le casette del villaggio rappresenta la fragilità della condizione umana.
Solamente l’ottimismo, la bontà e la speranza di Pauline rappresentano una luce in questo scenario angosciante.
L’altruismo e la gioa di vivere di Pauline squarciano il pessimismo e la tristezza che domina l’opera e lanciano un messaggio positivo.
E’ possibile che Zola abbia messo alcuni riferimenti personali nel personaggio di Lazare: le paure del giovane sono quelle dello scrittore che aveva da poco perso la madre e pensava spesso alla morte in quel periodo.