Anna Lombroso per il Simplicissimus
Malauguratamente la mia parrucchiera è una donna intelligente, determinata, brillante. La vorrei ministro: ha attraversato molte tempeste con indomito coraggio, lo stesso col quale affronta i capricci tricologici di molte squinzie. Così quando vado da lei, ci converso con piacere e mi perdo il doveroso – si direbbe – monitoraggio della stampa pettegola che ormai da anni sconfina nei territori dei personaggi pubblici e della politica. E mi sono persa il rèportage pruriginoso e maliziosa del trattamento che riserva a un cono gelato la ministra Madia.
Ne ho notizia da frequentatrici di social network sdegnate per l’ennesimo affronto alle donne, meritevoli di ben altro rispetto, oltraggiate dal settimanale “Chi”. Non so se ve lo ricordate, ma Chi e il suo direttore hanno avuto più riconoscimenti e legittimazioni di Porta a Porta, pubblicando album di famiglia bipartisan di premier, compresi i più sobri e severi, memorie e esclusive di first lady, pose inedite del grullo di Palazzo Chigi nelle vesti di Fonzie quando voleva parlare a tutti, perfino ai sindacati e addirittura agli operai, almeno quelli non in ferie obbligatorie.
E non so se ve lo ricordate altrettanto maliziosi e pruriginosi servizi erano stati dedicati all’igienista dentale, ai suoi improbabili abbellimenti plastici, non molto diversi da altre “inchieste” insinuanti e allusive su altre ministre, più note per la loro partecipazione a cene eleganti, che per le loro prestazioni governative, e non poi tanto differenti dalla puntigliosa ricostruzione delle performance di veline e ninfette domiciliate in un famoso condominio esclusivo condotte da autorevoli quotidiani.
E non so se ve lo ricordate ma la Madia è quella che alla sua prima elezione alla Camera da capolista, fortemente voluta da Veltroni, rivendicò la sua ignoranza ed incompetenza come una virtù, una cifra del cambiamento. Quella che vorrebbe dai giornalisti, quelle carogne, che le pongono domande imbarazzanti sulle sue riforme i segnali di un cambiamento che riqualifichi la professione più antica del mondo dopo quell’altra. Quella che le rare volte nelle quali si è abbandonata a indiscrezioni sui prossimi annunci di venturi provvedimenti iniqui e avventuristi, si è limitata a balbettare lezioncine generiche imparate a memoria e spiattellate come fosse un pappagallino. Quella che si presta a qualsiasi nefandezza, in nome della moderna religione della mobilità, della futuristica teocrazia del privato, come da dispense del professor Ichino, che avrà ripetuto sgranando gli occhi con il suo augusto fidanzatino d’un tempo.
E non so se ve lo ricordate, ma mentre l’ex premier riduceva in merce i corpi di prosperose ragazze, meditava di fare lo stesso anche con i nostri ancorché maschili, sfatti, stanchi, manomettendo leggi e conquiste a tutela del lavoro e dei suoi diritti. Ma allora, benché distratti, benché sonnolenti, si riuscì a limitare i danni. Mentre invece il successo di quella indegna guerra contro i lavoratori, donne e uomini, i disoccupati, donne e uomini, i pensionati, donne e uomini, i precari, donne e uomini, i cittadini, donne e uomini, lo si deve a Monti e alla sua marionetta Fornero, una donna appunto, a Renzi e alle sue marionette, Madia, Boschi, Giannini, Guidi, donne appunto, non tutte egualmente avvenenti, ma tutte ben disposte, da brave killer, all’esecuzione di garanzie, diritti, leggi conquistate i anni di lotte di uomini e di donne. Donne di un’altra tempra, che, di fronte alla riprovazione femminile esercitata sul web e forse un domani con l’astensione dall’avida lettura di Chi sotto il casco, avrebbero osservato icastiche proprio come un intelligente amico di Facebook: l’unica cosa che mi indigna in tutta questa faccenda è che la Madia sia ministro. E credo non ci sia altro da aggiungere.