La lega ladrona: il partito diverso, si è rivelato uguale agli altri. Lo si intuiva benissimo dalla rapacità con cui si era accomodata a Roma, dalle manovre sotterranee con le banche, dalle voci mai smentite e mai approfondite dei 70 miliardi con cui Berlusconi si sarebbe comprato i notabili del partito, il simbolo e la famiglia Bossi. Ma di questo non si parlava molto, subito affondava in quel limbo carsico con cui la politica fa svanire i propri peccati. Anzi alla Lega si perdonava troppo in virtù di una “diversità” più supposta che reale: se ne assolveva la xenofobia, l’appiattimento sul Cavaliere, soprattutto in fatto di giustizia, le operazioni anali con la bandiera, il becero secessionismo ricattatorio, la mancanza di prospettive politiche che andassero oltre gli slogan, il familismo del gruppo dirigente, culminato con l’ascesa al seggio regionale del Trota, il cui più intelligente apporto politico al partito pare siano stati dei gavettoni alla candeggina lanciati contro un iscritto a Rifondazione.
E non sono mancati gli ammiccamenti da parte di una sinistra di apparato che in essa vedeva costole e costolette d’antan, gli innamoramenti di intellettuali come Cacciari e nel complesso una certa aria di corrività anche di fronte alle prese di posizione più scandalose o alla più assurda beceraggine. Ora si scopre che anche la Lega e la famiglia Bossi si pappavano i soldi dei rimborsi elettorali, che il tesoriere del partito era tale e quale a Lusi. Ma tutto questo viene fuori come da un sifone nel momento in cui i leghisti non solo sembrano essersi separati da Berlusconi, ma anche da quell’arco di appoggio al governo che certo non può essere chiamato arco costituzionale, visto che l’intenzione è quella di far carne di porco della carta fondamentale della Repubblica, ma diciamo arco della casta.
Dopo vent’anni di mal riposta considerazione per la capacità di “tenere il territorio”, dopo secoli di ammirato timore nei confronti di un movimento che sembrava forte e in crescita, dopo un’intera era geologica in cui i vecchi partiti parevano affascinati da una vigoria propagandistica che essi non sapevano emulare, ecco che proprio ora arriva il richiamo della foresta: “siete esattamente come noi”. Era una scoperta che si poteva fare molto tempo fa ai tempi della Credieuronord che, a parte ogni altro pasticcio, era quella che copriva le truffe della quote latte e gli investimenti in Croazia. Ma allora la Lega vigorosa e sguaiata era un alleato indispensabile del potere berlusconiano e un comodo babau per una opposizione in perenne crisi di idee. La sua pericolosa “diversità” raccoglieva a favore del cavaliere l’opinione più rozza e più radicalmente superflua o egoistica e dava un argomento plausibile a un centro sinistra in difficoltà.
Ora, con in campo almeno tre diverse idee di grande centro di rito napo-montiano, la sua diversità enfatizzata e per certi versi inventata, non è più un utile gioco e anzi rischia di dare un bel po’ di fastidio. Così si scopre che è uguale nel peggio a tutti gli altri, che anch’essa si è fatta casta e razza ladrona, che è radicata nella caverna di Alì Babà. La verità in Italia è difficoltosa e soprattutto si disvela davvero quando c’è una menzogna più importante da raccontare.