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La lettera scarlatta (Hawthorne)

Creato il 18 dicembre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Il libro era da anni in mio possesso, ma, complice la lettura di una riduzione inglese ai tempi del liceo, fino a qualche settimana fa, avevo quasi dimenticato che la versione integrale italiana era ancora in attesa sugli scaffali. Inevitabile che, al termine de La lettera scarlatta, pubblicato da Nathaniel Hawthorne nel 1850, finissi per chiedermi come potessi aver rimandato tanto a lungo la lettura. Un lieve rimprovero che, però, ha tardato ad arrivare, perché, dopo le prime pagine, stavo per rinunciare a proseguire; la storia vera e propria, infatti, è preceduta da un lungo antefatto sul motivo della sua ricostruzione che, come spesso accade nella letteratura ottocentesca, risiede nella scoperta di un documento che testimonia una vicenda sulla base del quale il narratore ricostruisce le vicende dei singoli personaggi, le loro emozioni e tutto quanto il documento nudo e crudo non dice (una trentina d'anni prima, in Italia, Manzoni aveva adottato lo stesso procedimento come genesi de I promessi sposi).
La lettera scarlatta (Hawthorne)
Superato lo scoglio della prolissa introduzione, però, veniamo calati nel New England, in pieno XVII secolo. In una comunità di intransigenti puritani, la giovane Hester Prynne, che ha dato alla luce una bambina di cui non vuol rivelare il padre, viene condannata a mostrarsi per tutta la vita agli occhi di tutti i concittadini con l'eterno segno della propria vergogna ricamato sul petto in forma di una 'A' scarlatta. Proprio nel momento in cui Hester viene scarcerata e la sua colpa viene proclamata sul patibolo della piazza, arriva in città il vecchio e deforme marito di lei, da tempo creduto morto, che, scoperta la verità sulla paternità, è deciso a consumare una lenta ma terribile vendetta.
Dato che non trovo né corretto né piacevole per i lettori che si svelino troppi particolari (che, per un testo tanto breve significherebbe praticamente svelare l'intera trama e il finale), non voglio dire altro sulla trama, che, in ogni caso, gode di una fama che la precede.
Il romanzo di Hawthorne contiene un'interessante riflessione sul carattere bigotto e falso della società puritana, di cui porta alla luce tabù e contraddizioni. Fra le righe del suo testo, nella scelta delle parole e nella prospettiva adottata per descrivere Hester, i suoi sentimenti e, in parte, Pearl, sua figlia, emerge una critica totale nei confronti dell'ipocrisia di chi, facendosi vessillo della morale, commette le ingiurie e le infrazioni più gravi della carità cristiana. Tutto ciò è particolarmente evidente nel momento in cui l'autore suggerisce che la 'A' marchiata sulle vesti della donna, dato il carattere misericordioso che ella dimostra verso i sofferenti, non indichi più la colpa originaria, quanto la connotazione di 'angelo'. Ma, più in generale, anche attraverso il conflitto interiore del reverendo Dimmesdale, La lettera scarlatta mette alla berlina il bisogno dell'uomo di sentirsi sempre giustificato e approvato dalla società, al punto di distruggere se stesso e barricarsi dietro apparenze che l'orgoglio e l'ambizione impediscono di frantumare.

La lettera scarlatta (Hawthorne)

Un fotogramma tratto dal film con Demi Moore e Gary Oldman
diretto da Roland Joffé nel 1995

«Gli svelerò il tuo segreto, così potrà vederti quale sei veramente. Non so quel che avverrò, ma io devo pagare il debito che ho con lui, poiché sono stata io la sua rovina. La reputazione di quell'uomo, la sua condizione sociale, forse anche la sua vita sono nelle tue mani. Ma io, che da questa lettera scarlatta ho appreso verità così dure che si sono impresse nel mio cuore e me l'hanno bruciato, non vedo davvero in questa vita vantaggi tali che valga la pena di chiederti pietà per lui. Fanne tu quel che vuoi. Per lui, per te, per me non c'è scampo possibile. E non ne vedo neppure per la mia piccola Pearl. Siamo tutti in un labirinto senza uscita...»
C.M.

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