Le imprese che vengono colte in flagrante “con paghe totalmente inaccettabili moralmente, devono essere denunciate pubblicamente e inserite in una black list di dominio pubblico”. Lo dice il presidente dei Giovani Liberali Radicali, Giovanni Poloni, proponendo una lista nera dei padroni che ai lavoratori versano “salari cinesi” (termine, quest’ultimo, usato anche da ambienti sindacali).
Ora: a me non piacciono i paragoni che denigrano paesi che si trovano dall’altra parte del globo e che dispongono di un’economia molto diversa dalla nostra (e per di più in crescita), ma se di Cina vogliamo proprio parlare, ebbene ci sarebbero tre questioni sancite dalla legge cinese che in Svizzera non esistono (ancora) e che mi sembrano alquanto significative: 1) il salario minimo legale; 2) i contratti collettivi di lavoro ampiamente diffusi e vincolanti; 3) il divieto di licenziamento per quei lavoratori dal cui salario dipende il sostentamento di un nucleo famigliare con persone a carico. Se vogliamo davvero fare un paragone con la Cina, quindi, ricordiamoci di questi tre diritti!
Ben venga, insomma, la “black list” proposta da Giovanni Poloni, ma sia chiaro che da sola servirà a ben poco e che i problemi non si risolvono giocando semplicemente sull’immagine: qui non si tratta di paghe “moralmente” inaccettabili, bensì di sfruttamento materiale e di persone che non arrivano a fine mese! Gli imprenditori che sottopagano i propri dipendenti non sono furbacchioni a cui tirare le orecchie, sono dei delinquenti che, per i loro meschini interessi e profitti, minano la stabilità sociale del Paese e ne impediscono l’uscita dalla crisi.
Per questo occorre introdurre per legge, e subito, i salari minimi generalizzati a Fr. 4’000.- mensili lordi per un’occupazione a tempi pieno di 40 ore settimanali. Poi altro che “black list” per chi non li rispetta! Il padronato in Svizzera è fin troppo coccolato: sgravi fiscali per anni, privatizzazione di ampia parte dei servizi pubblici, una legge del lavoro fra le più permissive e – appunto – “liberali” del mondo e diritti sindacali estremamente modesti. E’ ora di invertire la rotta!
Sono d’accordo i giovani liberali-radicali di battersi con i comunisti per istituire sia la black list sia delle leggi chiare come quelle elencate sopra? Da parte nostra ci sarà la massima apertura al dialogo per ottenere tali diritti sociali, altrimenti si rischia solo di fare del bla-bla. Il che sarà anche un bell’esercizio di dialettica, ma la crisi impone scelte immediate, tangibili e molto materialiste, non solo morali.