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La lunga marcia dei palestinesi verso l'indipendenza giunge alla tappa decisiva
Creato il 20 settembre 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlogQuesta settimana l'Assemblea generale dell'ONU avrà addosso gli occhi di tutto il mondo, perchè sarà chiamata ad esprimersi su una proposta che potrebbe segnare il cambio di rotta di decenni di negoziati di pace fra israeliani e palestinesi: il riconoscimento ufficiale e definitivo dello stato palestinese.
Oltre 120 nazioni di Medio Oriente, Africa, Asia e America Latina hanno già dato la loro adesione all'iniziativa, ma a pesare su un percorso storico che parte da lontano, segnato da anni di scontri sanguinosi, c'è il veto degli Stati Uniti non disposti a tradire le aspettative del "fratello minore" israeliano. Atteggiamento che ha indotto molti paesi europei, Italia inclusa, a tenere un profilo basso ed ambiguo.
I negoziati di pace imposti e guidati dagli stessi Stati Uniti, che vanno avanti ormai da decenni, non hanno mai prodotto risultati veramente apprezzabili. Con l'unica conseguenza pratica di incoraggiare Israele a ghettizzare il popolo palestinese, confiscandone le terre e soffocandone i sogni di indipendenza. L'occasione odierna, pertanto, potrebbe essere l'unica in grado di risolvere una volta per tutte il conflitto che infiamma il Medio Oriente e mina la stabilità dell'intero pianeta.
Una considerazione supportata dal dato che perfino la maggioranza della popolazione di ambedue le parti è d'accordo su un punto: il modo più efficace, l'ultima possibilità per raggiungere la pace è la creazione di due stati. E ciò a dispetto dei numerosi e reciproci episodi di violenza: dall'occupazione israeliana dei territori in Cisgiordania e dal blocco umanitario di Gaza, alle ritorsioni indiscriminate di Hamas.
Tuttavia, l'ostacolo più grande a questo processo è proprio l'atteggiamento ostruzionistico di Israele, che di abbandonare i territori occupati non ha alcuna intenzione nonostante i ripetuti appelli di ONU, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, pronti da tempo a sostenere uno stato indipendente palestinese. Anche lo stesso Obama ha chiesto a Israele di mettere fine all'espansione e di tornare ai confini del 1967, rinnovando gli accordi sugli scambi di terra. Ma il premier Netanyahu ha reagito furiosamente, bloccando sul nascere ogni possibilità di trattativa.
Tanto che alla vigilia di questa decisione epocale, che potrebbe determinare il passaggio da uno sterile processo di pace a un cammino di reale progresso e cooperazione, l'amministrazione americana si è premurata di definire l'iniziativa palestinese come "unilaterale e pericolosa", riguadagnando così la benevolenza dell'alleato israeliano.
Al di là dei posizionamenti tattici, il riconoscimento globale della Palestina isolerebbe gli estremisti e incoraggierebbe il crescente movimento trasversale nonviolento israelo-palestinese, altro fenomeno sorto sulla scia del vento di rinnovamento democratico che sta soffiando in quell'area del mondo. Inoltre, avrebbe l'importante effetto di salvare l'iter dei negoziati sugli insediamenti, consentendo ai palestinesi di accedere con piena dignità a tutte le istituzioni internazionali dove potrebbe finalmente gridare il proprio messaggio di libertà senza più doverlo delegare ad altri.
Il mondo ha oggi l'opportunità di redimersi dai propri colpevoli silenzi, e di affermare senza tentennamenti di non essere più disposto ad accettare l'impunità di chi con intransigenza prevarica gli altrui diritti e le altrui aspirazioni. Troppo a lungo Israele ha messo a repentaglio la speranza della nascita dello stato palestinese; troppo a lungo gli Stati Uniti sono stati cinici e accondiscendenti; troppo a lungo l'Europa ha preferito nascondere i propri interessi materiali dietro la parvenza di neutralità. La speranza, dunque, è che le democrazie occidentali si mettano dalla parte giusta della storia e sostengano la dichiarazione della Palestina per la libertà e l'indipendenza, attraverso un forte sostegno morale e con il necessario aiuto economico.
Certo, la nascita di uno stato palestinese autonomo e sovrano non risolverà immediatamente il lungo conflitto alle spalle, ma il riconoscimento dell'ONU aprirà le porte alla pace e a un rinnovato equilibrio internazionale. In tutta la Palestina, intere generazioni che non hanno mai conosciuto la libertà si stanno preparando a riprendersi il proprio futuro. Sono giovani che vanno sostenuti, proprio come è avvenuto per quelli tunisini ed egiziani, libici e siriani.
A livello globale, come emerge da un sondaggio pubblicato dalla Bbc, i sostenitori della richiesta palestinese di riconoscimento all'ONU sono più numerosi di quanti vi si oppongono. Ben il 49% degli interpellati si dice favorevole all'iniziativa, contro il 21% che ha espresso invece parere contrario. Chiaramente, i più entusiasti sono in generale i popoli arabi (spicca il 90% dei consensi fra gli egiziani), seguiti dai cinesi.
I paesi in cui l'opposizione è più forte sono invece gli Stati Uniti (45% di contrari), il Brasile e l'India. Nei tre paesi dell'Unione Europea dove è stato effettuato il sondaggio, i pareri favorevoli hanno avuto la meglio su quelli contrari: Francia 54%, Germania e Regno Unito entrambi 53%. Singolare il dato della Russia, dove il 37% della popolazione si è detto favorevole al riconoscimento a fronte di un 50% che ha preferito non rispondere o suggerire al proprio governo di astenersi dal prendere posizione.
Sul piano istituzionale, oltre alla manifesta contrarietà di USA e Israele e alle accennate titubanze dell'Unione Europea, bisogna registrare la ferma posizione della Turchia, decisa ad appoggiare le istanze palestinesi e a cavalcare l'onda delle rivoluzioni che stanno scuotendo il mondo arabo, per gudadagnarsi definitivamente un ruolo di primo piano nello scenario geopolitico della regione.
A parere degli analisti, il duro arroccamento di Israele in attesa del voto dell'ONU, stemperato solo nelle ultime ore, finirà involontariamente per giocare in favore del riconoscimento delle istanze palestinesi compattando i due terzi dell'Assemblea generale e isolando il veto degli Stati Uniti.
Staremo a vedere. Intanto, ripercorriamo le tappe della lunga marcia verso lo stato palestinese:
- 1947: l'assemblea generale ONU, con la contrarietà dei paesi arabi, adotta la risoluzione 181 che divide la Palestina (allora sotto mandato britannico) e crea due stati, uno ebraico e uno arabo, dando a Gerusalemme uno status internazionale;
- 1948: nasce lo stato di Israele;
- 1964: si tiene il primo congresso nazionale palestinese che porta alla nascita dell'Olp (organizzazione per la liberazione della Palestina), approvando un testo che rivendica il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e condanna la creazione di Israele;
- 1974: l'Olp accetta l'idea di una autorità nazionale su "tutto il territorio liberato della Palestina". L'ONU riconosce il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e all'indipendenza e riconosce all'Olp lo status di osservatore;
- 1982: la Lega Araba adotta un piano che riconosce implicitamente Israele e prevede la creazione di uno stato palestinese e il ritiro israeliano dai territori occupati nel 1967 (Striscia di Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est);
- 1987/1993: prima intifada (rivolta delle pietre). Vengono uccisi almeno 1.600 palestinesi e 84 israeliani;
- 1988: proclamazione ad Algeri dello "Stato palestinese indipendente", in base alle risoluzioni 242 e 338 dell'ONU che chiedono il ritiro israeliano dai territori e l'avvio di negoziati;
- 1991: conferenza di pace interaraba a Madrid. Per la prima volta ci sono sia gli israeliani che i palestinesi;
- 1993: dopo 6 mesi di negoziati segreti a Oslo, Israele e Olp si riconoscono a vicenda e firmano una dichiarazione di principio su un'autonomia palestinese transitoria di 5 anni. Stretta di mano storica fra il premier Israeliano Yitzhak Rabin e il capo dell'Olp Yasser Arafat;
- 1994: Arafat forma a Gaza l'Autorità nazionale palestinese (Anp), di cui sarà eletto presidente nel 1996. Israele si ritira dal 70% della Striscia di Gaza e dall'enclave di Gerico. Arafat, Rabin e Shimon Peres ottengono il premio Nobel per la pace;
- 1995: accordo a Washington sull'autonomia palestinese estesa alla Cisgiordania. In novembre, Rabin viene assassinato da un estremista ebreo;
- 1998: a Wye Plantation (Maryland, Usa), accordo provvisorio tra Arafat e premier israeliano Benyamin Netanyahu sul ritiro israeliano dal 13% della Cisgiordania;
- 2000: fallisce vertice di Camp David patrocinato da Bill Clinton. Arafat e il nuovo premier israeliano Ehud Barak non trovano accordo sul rientro dei profughi palestinesi e sullo status di Gerusalemme. In settembre scoppia la seconda intifada (6.000 vittime, di cui 5.000 palestinesi);
- 2002: la Lega Araba chiede ritiro di Israele dai territori palestinesi entro i confini del 1967 e soluzione del problema rifugiati, in cambio di completa normalizzazione dei rapporti fra stato ebraico e paesi arabi. Il Consiglio di sicurezza ONU parla per la prima volta, nella risoluzione 1397, di stato palestinese. Il presidente americano George W. Bush evoca la soluzione dei "due stati per due popoli", uno accanto all'altro;
- 2003: nasce la "road map" del quartetto USA, ONU, Russia, Ue che prevede la fine della violenza palestinese e della colonizzazione ebraica, con la creazione di uno stato palestinese entro il 2005;
- 2005: Il premier israeliano Sharon decide di smantellare le colonie nella Striscia di Gaza dopo 38 anni di occupazione. Abu Mazen vince le elezioni presidenziali dell'Anp;
- 2006: l'organizzazione radicale Hamas vince le elezioni legislative. Abu Mazen non accetta esito voto e indice elezioni anticipate;
- 2007: Hamas occupa con le armi la Striscia di Gaza. Ad Annapolis (USA) incontro fra Abu Mazen e premier israeliano Ehud Olmert, ma i negoziati per la pace si arenano nel 2008;
- 2008/2009: Israele attacca Hamas nella Striscia di Gaza con l'operazione militare "piombo fuso" (1.400 palestinesi uccisi);
- 2009: il premier Netanyahu accetta per la prima volta l'idea di uno stato palestinese, ma con limiti severissimi;
- 2010: in ottobre, a Sirte (Libia), si riuniscono i paesi arabi favorevoli alla proposta di Abu Mazen di chiedere all'ONU uno stato di Palestina nei confini del 1967;
- 2011: in giugno Abu Mazen annuncia per settembre la richiesta all'ONU di adesione dello stato di Palestina.
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