Ne hanno già scritto in tanti, per cui non mi dilungo: a me l'intervento di ieri sera di Roberto Saviano è piaciuto non solo per le cose che ha detto, per la passione e la rabbia e il pianto in gola con cui le ha dette - ché si capiva benissimo che ce l'aveva, il tremaginocchia, e se la sentiva la gola pesante e tremolante - ma per il ritmo con cui le ha dette e per le pause che non ha mai fatto. Perché dopo il primo applauso seguito alla citazione del nome di Giovanni Falcone, Saviano ha interrotto il suo discorso per pochissimi secondi, anche dopo gli stacchi video e la lettura della Finocchiaro, e ha fatto in modo che di applausi maledetti e libera coscienza ne arrivasse solo un altro, dopo dieci minuti di monologo durato mezz'ora, perché a me la cosa che sta più sulle palle della tv di oggi non è il Grande fratello o Vespa o X Factor, ma gli applausi continui e invadenti che accompagnano ogni programma, anche i pochi che meritano attenzione, applausi che tutti i conduttori attirano come unica forma di interpuntazione, come mezzo per prendere tempo, per attirare consenso, adulazione, finta ammirazione e naturalmente per creare solo e unicamente rumore. Saviano, invece, ieri sera è stato bravissimo a circondarsi di silenzio, a crearlo e ottenerlo senza neanche chiederlo. Parlava del peso che hanno le parole quando sono usate per fare del male e del silenzio che sotto lo strepito dei titoli di giornale avvolgeva Falcone. Non poteva quindi cercare un baccano contrario ma equivalente: poteva solo rimandare agli spettatori quel silenzio e impedire che fosse spezzato da un applauso fasullo. Alla fine gliele hanno battute le mani, e pure a lungo, ma era per ringraziarlo, non per adularlo.
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Ne hanno già scritto in tanti, per cui non mi dilungo: a me l'intervento di ieri sera di Roberto Saviano è piaciuto non solo per le cose che ha detto, per la passione e la rabbia e il pianto in gola con cui le ha dette - ché si capiva benissimo che ce l'aveva, il tremaginocchia, e se la sentiva la gola pesante e tremolante - ma per il ritmo con cui le ha dette e per le pause che non ha mai fatto. Perché dopo il primo applauso seguito alla citazione del nome di Giovanni Falcone, Saviano ha interrotto il suo discorso per pochissimi secondi, anche dopo gli stacchi video e la lettura della Finocchiaro, e ha fatto in modo che di applausi maledetti e libera coscienza ne arrivasse solo un altro, dopo dieci minuti di monologo durato mezz'ora, perché a me la cosa che sta più sulle palle della tv di oggi non è il Grande fratello o Vespa o X Factor, ma gli applausi continui e invadenti che accompagnano ogni programma, anche i pochi che meritano attenzione, applausi che tutti i conduttori attirano come unica forma di interpuntazione, come mezzo per prendere tempo, per attirare consenso, adulazione, finta ammirazione e naturalmente per creare solo e unicamente rumore. Saviano, invece, ieri sera è stato bravissimo a circondarsi di silenzio, a crearlo e ottenerlo senza neanche chiederlo. Parlava del peso che hanno le parole quando sono usate per fare del male e del silenzio che sotto lo strepito dei titoli di giornale avvolgeva Falcone. Non poteva quindi cercare un baccano contrario ma equivalente: poteva solo rimandare agli spettatori quel silenzio e impedire che fosse spezzato da un applauso fasullo. Alla fine gliele hanno battute le mani, e pure a lungo, ma era per ringraziarlo, non per adularlo.
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