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La macchina del tempo

Creato il 10 febbraio 2014 da Lundici @lundici_it
la macchina del tempo

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“…qualcuno pensava che la faccia belloccia di Rutelli avesse la meglio sull’immagine svenduta di Berlusconi… il centrosinistra ha perso le elezioni tanto tempo fa e più che le elezioni ha perso il senso per cui esiste. Chi sbaglia paga … sperando che siano cinque anni di grande opposizione”.

Sono alcune delle parole di una lettera scritta ai miei genitori dopo le elezioni del 13 maggio 2001. Il 2001!

Se non fosse che i 13 anni li vedo tutti guardandomi allo specchio e ripercorrendo la mia vita mi domanderei se non fossi dentro un film tipo: “Ritorno al passato passando dal futuro 3” .

Io non sono più la ragazza di quelle parole. Ho 36 anni, 36 anni in questo 2014. Sono parte di una generazione protetta e istruita a dovere, e poi presa a schiaffi. Siamo come quelle macchine costruite con le migliori tecnologie e testate contro un muro.

Questo è accaduto alla mia generazione. Svegliarsi nel bel mezzo di un sogno per raccogliere gli avanzi.

Non ho più quella calma che una volta mettevo nella scrittura. Non ho più quel leggero ottimismo dato, forse, dalla giovane età. Indubbiamente oggi sono molto arrabbiata.

Non starò qui a sottolineare come le parole che scrivevo nel 2001 potrebbero essere adattate ad oggi. Credo sia visibile a molti, tranne a quelli che diranno: “ma va è diverso oggi … oggi Berlusconi è finito (talmente finito che tiene in piedi il centrodestra) e non c’è nessun belloccio (ok, Renzi non sarà belloccio come Rutelli ma ci prova)…ecc. ecc. ecc.”

Il termine politica (dal greco “πόλις”, polis, che significa città), viene utilizzato in riferimento all’attività e alle modalità di governo, o anche, nel lessico politico, alla cosiddetta attività di opposizione (fonte Wikipedia).

Che strana definizione, forse non è adattabile alla nostra realtà.

Nella nostra realtà si è rispolverata una parolina magica, la ripetono tutti, politici, giornali (con un’unica eccezione), servi mediatici. La parolina è ANTIPOLITICA.

Se sospiri amareggiato per faccende confuse, sei uno che abbraccia l’antipolitica. E non va per niente bene. Se ti fai delle domande e sei critico, sei uno che inneggia alla guerra civile. È pericolosa l’antipolitica per chi fa politica da 50 anni. Fa tremare le poltrone. Le poltrone che vacillano in bilico tra l’onnipotenza e la tensione.

Così con poche parole si liquida tutto: malessere, ingiustizia, rabbia, incertezza. Tutto, per non affrontare niente.

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Perché questa è la verità: la politica, nella sua accezione pura, in Italia non esiste. Si è estinta o forse non è mai esistita (visto che alcune caratteristiche che possiede risalgono all’Unità d’Italia).

Decenni di intoccabili, mascherati da nemici, si sono cullati, accordati, pubblicizzati a vicenda, nel susseguirsi di mosse da Risiko, cambiando alleati a giorni alterni, come le targhe nei periodi di alta presenza di particelle inquinanti.

Ai nostri eletti piace la nebbia, e non poco, se non c’è loro la creano, per confondere, camuffare, ribaltare, resistere.

Hanno invaso le banche, le tv, i giornali. Hanno diseducato all’opposizione. Loro stessi non sanno cos’è. Alcuni di loro hanno pensato che fosse solo “opposizione giudiziaria”, altri hanno risposto mettendosi delle magliette sessiste.

E noi intanto? Noi bene o male siamo cresciuti. E ogni giorno ci alziamo e andiamo avanti. Siamo impiegati con i budget sul collo, puntati come una pistola, siamo stagisti a 33 anni per 300 euro, siamo donne desiderose di diventare mamme ma terrorizzate dal futuro, siamo menti eccelse senza centri di ricerca, siamo quelli “dell’ape dopo l’ufficio” per sentirci vivi, siamo quelli dei film impegnati del sabato sera per sentirci ancora diversi, siamo stanchi e frustrati, ci puoi trovare in metropolitana con i nostri smartphone a condividere vita e pensieri su Facebook, perché “lì” a volte ci sentiamo liberi di essere.

Quella ragazza che scriveva “… sperando che siano cinque anni di grande opposizione” mi fa tenerezza, se la penso mi commuovo. Potessi, tornerei indietro a quel 2001 per raccontarle com’è andata.

Oggi, qualcosa si muove, qualcuno si sveglia, qualcuno non si piega, ci prova, rischia.

Oggi anche io sono pronta a rischiare di nuovo.


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