di Pierfrancesco Diliberto
con Pif, Cristiana Capotondi, Claudio Gioè
Italia, 2013
genere, commedia
durata, 90'
La storia è narrata dal punto di vista di Arturo, un bambino
nato e cresciuto a Palermo, inevitabilmente, sotto il segno di cosa nostra. Una
successione di eventi difficile, che prosegue sotto l'omertà, o peggio sotto il
non vedere oneroso degli abitanti. L'unico che ne prende atto è proprio il
protagonista, e lo fa abbastanza precocemente.
Pierfrancesco Diliberto, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Pif, costruisce una linea contenutamente comica su una delle parentesi più gravi e dolorose della prima repubblica, e lo fa attraverso uno sguardo disincantato sia dell'Arturo bambino che dell'Arturo cresciuto, legato ancora all'amore con Flora, sua compagna di scuola; un amore che non a caso si sviluppa pari passo con la presa di coscienza della cittadinanza intera, che avrà il suo culmine nei purtroppo celebri attentati Falcone - Borsellino.
Le lapidi dei caduti nella guerra infinita alla mafia, testimoniate dalla vita che ritorna metaforicamente nel figlio di Arturo, sono ferite dolorose e ancora sanguinanti a Palermo, ma allo stesso tempo sono memoria ed energica presa di coscienza, è davvero una strana esperienza, con un argomento del genere, poter ridere per subito dopo commuoversi (facendo i dovuti paragoni, la miscela di sensazioni ricorda La vita è bella). Mi si perdoni in anticipo, ma vorrei concludere con una riflessione alquanto amara: era il primo giorno di uscita di questo film, una commedia veramente ben fatta e che ha tutti gli elementi per appartenere di diritto al buon cinema italiano, in sala eravamo 5; c'era la fila per fare i biglietti di Sole a catinelle. Il buon cinema italiano è come la mafia di Pif: c'è, ma la gente fa finta di niente.



