La vita di Leon Powe Jr. è sempre stata in rimonta. Marzo 2002, Arco Arena, Sacramento, quarto quarto delle California Division I Championship Finals 2002 tra gli Oakland Tech Bulldogs e gli LA Westchester Comets.
I Bulldogs sono sotto, e il loro centro titolare -nonché miglior giocatore della squadra e quarto prospetto liceale della nazione- siede in panchina con problemi di falli. Coach Hodari McGavock, vedendo la sua squadra inseguire di dieci punti, rischia e mette il suo miglior giocatore in campo. Leon -il quale ha guidato i Bulldogs sino alle finali statali con un record di 28-3 recitando 28 punti e 14 rimbalzi a sera- entra e favorisce un parziale di 11-0 che riporta Oakland sopra di un punto.
Eppure “The Greater Man upstairs know when it’s [the] time. Right now isn’t the time“. I piani dell’Altissimo non contemplavano che Leon Powe trionfasse; i Bulldogs vengono sconfitti 80 a 75 nonostante i 23 punti, di cui 12 nell’ultimo periodo, di Leon Powe. L’aspro della sconfitta è un sapore abitudinario nella vita di Leon: quattro giorni prima della partita difronte ai 10000 dell’Arco Arena, sua madre, Connie Landry, fu trovata morta in un motel di Oak City; aveva quarant’anni quando la cardiopatia l’ha esentata dalla vita.
Leon Powe è di Oakland, la turpe e sordida San Francisco; città che ha visto diventare uomini Bill Russell, Paul Silas, Gary Payton, Brian Shaw, Jason Kidd, e che ha visto molte più anime dannate non farcela, fuorviati dalle sue vie deprecabili.
Leon Powe Sr. abbandonò abominevolmente la famiglia mentre suo figlio maggiore doveva ancora spegnere la terza candelina, poiché seppe della venuta di un’altra bocca da sfamare: Tim, futuro fratello di Leon Powe Jr.
La madre di Leon, avendo due figli a carico ed essendo l’unica fonte di reditto famigliare, s’industriava nel fare la venditrice ambulante di capi d’abbigliamento; inoltre lavorava in parcheggi e come badante, finanche da segretaria supplente per l’autunno 1991 presso un ospedale. Questi lavori, coniugati a un modesto aiuto pecuniario dalla nonna materna di Leon e a sussidi dello Stato, permettevano a Conny Landry di mantenere un tetto sopra la testa e sfamare i figli.
Con tutta probabilità Leon non avrà mai sentito di Tommaso da Kempis, il quale descrive con mestizia la rassegnazione alla lotta davanti alle avversità: “Per me è veramente necessario saper soffrire, giacché in questo mondo accadono tante avversità. Invero, comunque io abbia disposto per la mia tranquillità, la mia vita non può essere esente dalla lotta e dal dolore”.
Connie e famiglia abitavano in un dignitoso bilocale nella parte settetrionale di Oakland. Correva un’anonima giornata dell’anno 1991, la madre si spaccava la schiena lavorando e Leon era a scuola; la nonna, di cui il compito era tenere d’occhio il piccolo Tim -che allora aveva cinque anni- si distrasse un attimo e il fuoco divorò il palazzo. Tim scaturì l’incendio mentre giocava con dei fiammiferi. L’odissea ebbe inizio. Rimasti senza casa e con pochi dollari nella latta dei biscotti, dapprima si trasferirono dalla nonna materna, in seguito da una lontana zia, la quale però poco dopo venne portata in ospizio. Attanagliati da un nomadismo contigente, vagarono per rifugi in Oakland e Richmond, esplorarono infime camere d’albergo e appartamenti cenciosi. Si stimano venti trasferimenti in sette anni: “We lived all over the place,” dice il maggiore dei Powe, “All over Oakland — East, West, and North Oakland. We lived in Berkeley and even Vacaville”. Proprio Vacaville ospitava il carcere psichiatrico dove era recluso Richard James Landry, nuovo marito di Connie.
A Leon e Tim si aggiunse nel 1992 Richard, fratellastro dei due con i quali condivideva la madre. Seguito sconsideratamente da Jessica, Michael, Tatiana e Christine; tutti erano stati partoriti da Connie con la connivenza di diversi uomini. “I can remember talking to my mother one day, telling her not to have any more kids because she might have to quit her job and we wouldn’t have any more money” dice il primogenito di sette, Leon. Quando si boccheggia nella povertà è facile sconfinare nell’illegalità: nell’aprile 1994 la madre di Leon venne arrestata successivamente ad aver rubato alimenti per 200 dollari circa, cinque mesi dopo fu il turno della circonvenzione allo Stato: ricevette approssimativamente 8000 dollari dal welfare, senza averne i diritti; infatti non comunicò di recepire remunerazione grazie a lavori aggiuntivi. La pena ammontava a novanta giorni di galera e l’integrale restituzione del denaro concessole, ma la punizione venne sospesa e dovette adempire a lavori socilamente utili. Nel 1996 ulteriori problemi legali con lo Stato.
Dato che la madre doveva lavorare e i soldi erano di mera sussistenza, impensabile venissero spesi in una baby-sitter, Leon doveva calarsi nei panni della balia cambiando pannolini e nutrendo i fratelli: “My mother couldn’t afford a babysitter so I had to stay home and take care of my brothers and sisters”, ricorda, “I had to do this so my mom could go to the flea market and sell stuff”. Ciò comportava l’assenza di Leon da scuola, a volte per giorni, altre per settimane; saltò addirittura completamente la quinta elementare. Gli assistenti sociali, non giudicando la madre abile di curare dei bambini, s’appropiarono di Leon e Tim nel 1998.
In prima media Leon era alto 1 e 83, riservato e maturo. Sebbene la stazza fosse ideale, Leon preferiva buttare due palloni a canestro in maniera disimpegnata e uscire con il suo amico d’infanzia Shamare Freeman. A causa dei repentini spostamenti di Powe, i due vissero le rispettive adolescenze lontani.
Freeman iniziò ad alternare il taccheggio con il furto d’auto e lo spaccio di droga.
Durante l’estate del 1998 Leon s’imbattè su un campo da basket, gioco che lo aveva ammorbato sin dalla scomparsa nella vita quotidiana di Freeman, con Bernard Ward, fratellasto del deviante amico d’infanzia.”It had been a while since I had seen him, but I asked him what was happening and if he could work me out”, viaggia con le parole Powe Jr. Leon desiderava un’analisi e una critica come giocatore che solo il competente e smaliziato Ward avrebbe potuto dispendiare. Infatti il fratello dell’amico era una di quelle anime dannate che non ce l’hanno fatta. Due decadi prima BW era annoverato fra le migliori point guard cittatine, portò i suoi centosettantotto centimentri di talento vibrante a Oakland Tech HS, ricevette borse di studio da parte di UNLV e altre università di Division I, ma non avendo i voti necessari per iscriversi a un’università, frequentò il junior college di Contra Costa. Giocò brevemente per Cal State e Hayward fino a quando fu pizzicato da un poliziotto in borghese mentre vendeva cocaina nell’autunno targato 1990. Un anno più tardi la professione atavica tornò a galla. Il suo talento era circoscritto in un area imposta da un giudice: libertà vigilata. Ward non s’attenne ai limiti e non entrò in un corso di ribilitazione come deliberato; ad agosto del 1992 la corte senteziò ottantacinque giorni dietro le sbarre per riflettere sulla sua esistenza che stava scivolando insesorabilmente lontana. Scontata la sofferenza, provò con UNLV, che lo aveva voluto in una vita precedente, da walk-on, senza borsa di studio. Si ruppe la caviglia allenandosi. Finito. Aveva sbagliato a tutti gli incroci di quel complesso sistema stradale che è la vita. Finito.
“Leon was persistent. What really turned me on to Leon was that he was bothering me. He was calling me on the phone, wanting me to work him out. Since he knew that I hooped back in the day, he knew I knew the game”, “I told him to go up to Santa Fe Middle School in our old neighborhood, run seven laps, and then shoot jump shots until the sun went down”. Il ragazzo obbedì. Mentre Leon e Ward stringevano un’amicizia benevola, Freeman si cimentava in rapine e aggressioni con conseguente tempo libero forzato. Leon stava offrendo a Bernard Ward ciò che non era stato concessogli in precedenza: una seconda opportunità. Bernard non avrebbe mai più permesso che la miseria traviasse il talento: “When my little brother got into trouble with the law, I decided to take Leon under my wing and lead him on the right track. I tried to show Leon how to use basketball as a way to change his life”. “Bernard has been like a brother to me. I haven’t had a father figure in my life, so he’s been there for me over the years showing me things, the things I need to do to become a man”.
Ward allenava ogni giorno Leon, tuttavia la comunità cestistica di Oakland non si era resa conto del talento vagabondo. Poi un torneo cittadino accadde: “I scored 44 points in each game, after I scored 44 the first game, all of these high-school coaches came and seen me play, and they then wanted me to come to their schools”. Tra le scuole interessate comparivano Oakland Bishop O’Dowd e Concord De La Salle, ma Leon scelse il liceo del quartiere in cui viveva allora: Oakland Tech.
Powe concluse l’annata da freshman con 15 punti e 9 rimbalzi di media. L’aforisma tramite il quale Tech HS amava rappresentarsi era “No books, no ball”. Alla luce di un miserabile 1.9 nel GPA (grade point average, misuramento del rendimento scolastico da 1 a 4), Leon non pareva rispecchiarsi nel motto del suo liceo. Cosciente del battito di ciglia che separava il suo amico dall’alfabetismo, Ward lo affidò alle cure di Jermaine Hill, altra anima dannata e altra dose di talento disperso sui marciapiedi. I due uomini allevavano il ragazzo in campo e sui libri. Verso la fine dell’anno da freshman a Leon venne accostato da Ward Jonas Zuckerman, insegnante della figliastra di Ward e maestro elementare dello stesso Leon. Come Bernard aveva osservato il gioco di Leon anni prima, Zuckerman analizzò la situazione accademica del giovane: “Part of Leon’s academic problems stemmed from that fact that he was in and out of school based on his family situation”. Inizialmente i progressi stentavano a mostrarsi, ma poi Zuckerman accettò una proposta di insegnare inglese nello stesso liceo del seguìto e il 1.9 fu migliorato in 3.2. Gli assistenti sociali, in quell’anno, trasferirono Leon, Tim e i loro fratelli in case adottive donando un senso di stabilità che era venuto meno durante tutta l’infanzia.
Il mondo iniziò ad annotare sul taccuino di Leon Powe quando nell’estate da sophmore partecipò a un camp in New Jersey, ridicolizzando i coetanei conquistò il paragone con Elton Brand. Nella primavera del 2002, reduce dalla vessante sconfitta contro gli Westchester Comets per il titolo statale, Leon prese parte a un torneo in Houston. Cacciando un rimbalzo sentì uno strappo vicino al ginocchio ma strenuamente ci giocò sopra. Giunto a casa si lasciò esaminare e venne a sapere che il lineamento crociato anteriore del ginocchio era lacerato. Si operò nei giorni seguenti e saltò gran parte dell’inizio della stagione successiva: l’ultima. La voglia di rivincita lo spinse ad allenarsi massicciamente, la paura di soccombere lo sosteneva nelle gravose sedute di corsa, nuoto e sollevamento pesi per favorire la riabilitazione.
Leon preferì andare alla University of California at Berkeley. Trascorse tre anni da Golden Bear, nel suo primo fu nominato PAC-10 freshman of the year, guidando la conference in rimbalzi. L’anno da sophmore lo vide in panchina a causa di un altro infortunio al ginocchio. Tornò migliorato nel suo anno da junior e trascinò Cal U al torneo NCAA grazie a una stagione da 20.5 punti e 10.1 carambole catturate di media.
I Denver Nuggets chiamarono con la quarantanovesima scelta assoluta al Draft 2006 Leon Powe, per poi scambiarlo ai Celtics. In seguito ad una summer league eccezionale fu firmato per tre anni.
Giugno 2008, Boston Garden, gara 2 delle finali NBA. Leon disputa 15 minuti di gioco mandando a referto 21 punti e garantendo la vittoria ai C’s per 108 a 102. Sette anni dopo il fallimento della Arco Arena e la morte della madre Leon annusa il quintetto e manda a referto 30 punti, 11 rimbalzi e 5 stoppate contro i Memphis Grizzlies.
Un altro infortunio capitò, eppure Leon affrettò la riabilitazione e tornò a giocare i Playoffs 2009 contro i Chicago Bulls, durante gara 2, furono il menisco e il legamento crociato anteriore a cedere. Nella offseason i Cleveland Cavaliers gli offrirono un contratto di due anni che accettò. Venne rilasciato il 24 febbraio 2011 per creare spazio nel roster e il 5 marzo s’accordò con Memphis per un contratto sino a fine stagione.
Partendo in svantaggio il vagabondo ha trovato casa: il successo.
Filed under: Breakdown